In questa terza e ultima parte dell’approfondimento legato al mondo delle turbo-macchine tratterò la turbina Pelton. Andremo ad analizzare il funzionamento e le principali differenze con le turbine idrauliche Kaplan e Francis. La turbina Pelton fu inventata nel 1879 e, successivamente, brevettata nel 1880 da Lester Allan Pelton: Carpentiere e inventore Americano, considerato tutt’oggi uno dei padri fondatori dell’energia idro-elettrica. La turbina Pelton è “particolare” in quanto, a differenza della Kaplan e Francis, ha la parte captatrice del fluido (zona di incisione fluido-macchina, in cui si ha il trasferimento dell’energia) non più a forma di pala, bensì a “doppio-cucchiaio“.
Inoltre, la turbina Pelton lavora trasformando l‘energia potenziale del fluido (dal bacino a monte della turbina) in energia cinetica senza variazioni di pressione. Utilizza ugelli opportunamente progettati e disposti attorno alla turbina stessa. Per queste ragioni è definita la turbina “ad azione” con rendimento più elevato.
Diamo un po di definizioni utili per la comprensione.
L’impiego di tale turbina riguarda alti valori di caduta: Ht > 400 m. Il valore di portata con cui lavora è abbastanza basso, all’incirca inferiori a 50 m³/s, generalmente utilizzata per bacini idroelettrici alpini (alta quota). La turbina Pelton è definita “lenta” per via del basso valore di numero di giri caratteristico (Nc) : Nc < 60/70 giri.
Non è una turbina idraulica con distributore ad ammissione totale di fluido sulla girante, in quanto, a differenza della Francis, non è completamente investita dal fluido.
La potenza di una turbina idraulica è data:
P[kw]= (ρ*η*g*H*Qv)/1000
La ruota della girante è collegata ad un palettamento molto particolare a forma di cucchiaio, o meglio dire doppio-cucchiaio. Nell’immagine a destra si può vedere la particolare geometria interna della singola pala.
La forma a doppio-cucchiaio è in grado, contemporaneamente, di:
L’acqua scorre all’interno di un canale dal bacino a monte della turbina; successivamente viene deviato in uno (fig.1) o più getti (ugelli). L’acqua scorre fino al distributore e mediante il dispositivo energetico (ugello) si converte l’energia potenziale e di pressione del fluido in energia cinetica, andando così ad incrementare la velocità di uscita dal getto.
Si ricorre alla spina e al suo sviluppo mediante un attuatore elettro-meccanico per differenziare le condizioni di esercizio della turbina in funzione della portata di fluido.
Allo stesso modo si utilizza un tegolo deviatore per mantenere costante il valore di incisione del fluido sul palettamento della turbina nelle varie condizioni di portata.
Una volta avvenuta la fase di trasferimento di energia dal fluido al palettamento, al fine di vincere l’inerzia alla rotazione della girante della turbina e mettere in moto la stessa, il fluido viene scaricato in bacini di raccolta.
Man mano che il fluido procede lungo il canale principale, il diametro si riduce per tener conto delle perdite distribuite di fluido e mantenere costante la velocità di percorrenza nell’intero sistema. Il fluido, successivamente, verrà deviato in 4 getti (fig.2) andando ad incidere il palettamento nella direzione in grado di garantire massimo rendimento in funzione della portata volumetrica registrata all’uscita di ogni getto (regolazione per laminazione di spina e tegolo).
Ogni getto può essere regolato per laminazione indipendentemente dagli altri e ciò garantisce, inoltre, che il rendimento del singolo ugello sia svincolato da una caduta di rendimento degli ugelli precedenti o successivi ad esso. Il sistema garantisce facilità nella regolazione.
La portata elaborata da macchine pluri-getto è pari a:
V[m³/s]= (π*d^2*v*z)/4
Con v = velocità di ingresso e z = numero di ugelli a disposizione.
Nelle turbine pluri-getto l’alimentazione del singolo getto può essere interrotta. Si va a ridurre proporzionalmente la portata erogata dalla turbina, senza sensibili cadute di rendimento. Questo processo è definito parzializzazione della portata.
Combinando gli effetti di parzializzazione e regolazione si possono ottenere molteplici campi d’esercizio della turbina in funzione della potenza erogata. Sull’asse delle ascisse c’è la potenza in MegaWatt (10^6 W) e su quello delle ordinate, il rendimento percentuale complessivo della turbina.
Si nota i campi di variabilità in funzione del numero di getti alimentati.
Altro diagramma, altra storia.
Si mette in relazione la (portata volumetrica effettiva)/ (portata nominale) con le condizioni di carico nominali. Le due curve si riferiscono al rendimento e alla potenza.
L’approfondimento sulle turbo-macchine è terminato, potete trovare le prime due parti cliccando sui nomi delle turbine idrauliche trattate:
• Turbina Kaplan
• Turbina Francis