Nell’analisi aerodinamica dei veicoli, alla base di questa mia nuova rubrica, risulta fondamentale soffermare l’attenzione su un elemento di base: Il profilo alare. Cercheremo di capire come mai quest’elemento risulti essere l’accorgimento aerodinamico più semplice ed efficiente. Viviamo in un mondo pieno di profili alari: Dalle pale eoliche alle ali di un velivolo, spoiler e alettoni di un autoveicolo, palettamenti rotorici e statorici delle turbo macchine o delle macchine volumetriche, sezioni trasversali del paraurti anteriore e interi corpi vettura sono realizzati in modo tale da ricreare gli stessi vantaggi di un profilo alare.
Il vantaggio principale a livello aerodinamico, come ben noto, riguarda l’alta capacità di produrre forze aerodinamiche di elevata consistenza, migliorare handling e stabilità senza appesantire il veicolo e aumentare la resistenza. La semplicità sta nel fatto che il tutto può essere ottenuto semplicemente con una progettazione attenta e accurata a livello puramente geometrico-strutturale (materiali). Inoltre, con sistemi di supporto elettromeccanico si possono ottenere tecnologie di aerodinamica attiva che aumentano l’efficienza aerodinamica di quasi 8-9%.
La forma alare è presente un po’ ovunque, la ragione è dovuta al fatto che dal punto di vista aerodinamico rappresenta il corpo affusolato per eccellenza.
In figura una sezione longitudinale e trasversale di un profilo alare generico. Parliamo in modo generico, in quanto i possibili teorici profili alari sono infiniti: vi è un vero e proprio database di profili NACA (National Advisory Committee for Aeronautics). Questo grande catalogo, sin dal 1949, viene ancor’oggi preso in considerazione come riferimento nel mondo della progettazione strutturale-aerodinamica.
Le ali non sono tutte uguali, vi sono innumerevoli fattori e caratteristiche che ne differenziano la struttura. Ad esempio, se sezionando l’intera ala per via trasversale ci si rende conto di aver ottenuto sezioni alari costanti dalla punta alla radice dell’ala, parleremo di ala a profilo costante. Caso contrario, parleremo di ala a profilo variabile: essenzialmente vi è una sorta di assottigliamento della geometria allontanandosi dalla radice.
Altra differenza è al livello di curvatura tra ventre e dorso:
Definiamo bordo d’attacco l’insieme dei punti di entrata per il flusso che investe l’ala stessa. Bordo di uscita, analogamente, come insieme dei punti di uscita dall’ala.
Per le dinamiche illustrate precedentemente , il profilo aerodinamico per eccellenza è affusolato con bordo d’attacco curvo in entrata per migliorare la parzializzazione delle vene fluide e appuntito nell’estremità d’uscita; il tutto per energizzare il flusso nella parte inferiore e mantenere i due flussi d’aria uniti, senza distacchi o stallo. In questo modo l’efficienza aerodinamica aumenta.
Adesso proviamo a dare qualche definizione:
Tutto questo grande discorso è finalizzato all’integrità geometrica del corpo vettura da un punto di vista estetico e alla generazione di deportanza. La differente lunghezza tra dorso e ventre dell’ala crea una differenza di pressione tra le due vene fluide che investono l’intra e estradosso dell’ala. Questo gradiente di pressione risucchia, o meglio dire, crea una forza aerodinamica risultante verso il basso. In questo modo l’ala e l’intera coda del corpo vettura (nel caso di alettoni/spoiler) è schiacciata verso il basso: Ecco a voi l’effetto deportante.
Non a caso i profili alari nel mondo Automotive son detti rovesciati, in quanto, a differenza di quelli applicati in ambito aeronautico, hanno l’obiettivo di generare deportanza. La vera causa è l’attrito viscoso generato dal fluido nel percorrere una lastra o geometria qualsiasi. Essenzialmente la differenza di lunghezza comporta una differente dispersione di energia per via degli effetti d’attrito (fluido reale), un differente andamento dello strato limite (più e meno spesso) e di conseguenza una differenza di pressione. Sappiamo già cosa comporta quest’ultima. In ambito tecnico si usa il termine Lift (portanza) con il segno opposto nel calcolo della forza deportante. Questo non deve stupirci o farci confondere. Passiamo subito al calcolo della deportanza L:
Analizziamo i termini: Parlando di una forza aerodinamica la sua unità di misura sarà comunque Newton [N].
Per modificare il bilancio tra deportanza e resistenza aerodinamica del veicolo, dobbiamo agire su due parametri: Camber e angolo di attacco.
Per poter variare la deportanza di un profilo alare vi sono due principali possibilità: si può intervenire variando la convergenza del profilo (camber), oppure variando l’angolo di attacco (o angolo di incidenza).
– Nel primo caso, la regolazione può essere ottenuta aggiungendo dei flap, chiamati Slat, che prolungano il bordo di uscita o di ingresso. Essenzialmente questo tipo di regolazione avviene sui velivoli, con comandi elettromeccanici che sviluppano da una singola geometria alare compatta, più ali (flap): Ala a più elementi.
– Nel secondo caso, la deportanza è direttamente proporzionale all’angolo α di incidenza. A meno di distacchi di vena fluida, la proporzionalità è mantenuta con un coefficiente angolare di 2π.
Il camber, come si vede nel grafico sopra, non varia l’andamento del coefficiente di Lift (in funzione del coefficiente angolare, ne trasla solo la retta. Qualsiasi angolo, con o senza camber, darebbe lo stesso coefficiente Cl. Infatti in questo modo anche con incidenza nulla (0°) si avrebbe comunque sia un Cl= 2πα e quindi un valore trasmesso di deportanza L. Questo sempre nel campo di distacco inesistente.
Nel momento in cui appare il distacco, il Cl decresce molto più o meno rapidamente, in funzione dell’angolo. Mentre la resistenza aerodinamica (per via delle zone vorticose a basso contenuto energetico del fluido, vedi primo articolo in questione) aumenta notevolmente. Un’inclinazione troppo pronunciata porta soltanto un aumento della resistenza complessiva; tuttavia in funzione del corpo vettura bisogna studiare qual è l’angolo ottimale e in base ad esso regolare il funzionamento.