Automotive

Soluzioni Aerodinamiche: analisi fisica del Flap di Gurney e dell’ala a più elementi

Continuando l’approfondimento sulle soluzioni automotive legate alla gestione del rapporto Lift/Drag, approfondito nel seguente articolo: Rapporto L/D: calcolo dell’efficienza aerodinamica ed End plates di Formula1. Nelle scorse puntate, ho analizzato l’importanza di un profilo alare ben progettato e messo in luce la corrispondenza biunivoca tra lift (deportanza) e Drag (resistenza aerodinamica). Abbiamo parlato di End plates come soluzione al comportamento vorticoso del fluido in corrispondenza dell’estremità trasversale dell’ala (causa gradiente di pressione).

In questo approfondimento parleremo di un elemento semplice ed efficiente come il Flap di Gurney e l’ala a più elementi. Chiunque abbia mai preso un aereo ha notato le ali attaccate alla fusoliera di un velivolo con propulsione a reazione: turbofan, turbogas.
Bene, in base alla funzione richiesta dal velivolo, avremo uno sviluppo dell’ala molto particolare.

Flap di Gurney:

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Altra soluzione per quanto riguarda il bilanciamento Lift e Drag lo si ha con una semplice, ma molto efficace, appendice aerodinamica dal nome: Flap di Gurney. Effettivamente esso è un flap, un’appendice come si può notare in figura, ideata da Dan Gurney.
Qualcuno un po’ più anziano (e anche no, non discriminiamo nessuno) probabilmente conoscerà questo nome. Fu un famoso pilota di Formula1 e Formula Indy negli anni ’60; ritiratosi dalla carriera di pilota, divenne team manager e progettista di veicoli fino ai primi del 2000.

Perché viene menzionata in questo approfondimento? Semplice, essa se opportunamente calibrata alla geometria a monte (su cui viene installata), a fronte di un piccolo aumento di resistenza (drag) è in grado di riuscire ad aumentare notevolmente l’effetto deportante dell’ala in questione.

Dimensionando:

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Parlandoci chiaro, esso consiste in una piccola linguetta quasi o del tutto perpendicolare alla superficie su cui è applicato. Viene installata in corrispondenza del bordo d’uscita dell’ala stessa, in quanto l’intera sua funzione viene svolta in quel preciso punto. La lunghezza è generalmente non più del 2% della lunghezza della corda alare media.

Il flap non fa altro che rallentare il flusso di aria, il quale impattando l’appendice sul bordo d’uscita subisce una ri-compressione aumentando la pressione statica sulla superficie superiore dell’ala. Il gradiente aumenta, cioè la pressione sul dorso è più maggiore (concedetemi l’espressione) della pressione statica a valle del ventre: aumenta l’effetto deportante.

E’ come se si aggiungesse una componente verticale di velocità del flusso in corrispondenza del flap, ottenendo un effetto simile allo sviluppo a più elementi di un’ala aumentando il camber. Lo vediamo subito.

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Inoltre, come ben sappiamo l’analisi aerodinamica si basa sulla simulazione CFD (computational fluid dynamics) e da essa si è notato come il flap in questione è in grado di generare, a valle di essi, due vortici controrotanti che riducono localmente la pressione, risucchiando la vena fluida a monte di esso e garantendole l’attaccamento alla superficie. Questo è in grado di evitare, appunto, il distacco della vena fluida anche con grandi angoli di attacco.

Ali a più elementi: perché?

In realtà, chi non si è perso neanche una puntata sull’aerodinamica dei veicoli, avrà già letto un bel po’ di volte questa tecnologia. Addirittura una delle soluzioni più note per la regolazione del coefficiente Lift/Drag, adottata in F1, si basa su questo principio: il DRS.

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Ebbene sì, nel momento in cui si attiva il DRS, come potrete approfondire nell’articolo sopra linkato, si sfrutta lo stesso principio alla base di un’ala a più elementi. Pur essendo un’ala fissa e l’altra non-vincolata ad essa, possiamo definire lo stesso incremento di Lift o riduzione di drag (DRS off e on, rispettivamente) mediante un’ala e il suo flap (chiamato slat). Quest’ultimo si colloca appena al di sopra del bordo d’uscita del profilo alare principale. Con l’immagine seguente dovrebbe essere tutto più chiaro.

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Con l’aggiunta di uno (in figura) fino a tre slat, aumenta la superficie alare su cui impatta l’aria. Aumentando la superficie, mediante curvatura del singolo profilo che approssima i più elementi, aumenta il camber e quindi, a parità di angolo di attacco, la componente verticale di downforce espressa sull’ala stessa.

Inoltre, la cavità definita dal gap tra gli elementi dell’ala crea localmente un effetto Venturi, che riduce la pressione e aumenta l’effetto deportante.

Progettazione:

Generalmente la lunghezza della corda media alare degli elementi successivi è del 30% della lunghezza dei precedenti. Essenzialmente i profili sono tra loro in scala in tutto e per tutto, tranne per lo spessore medio dello slat che deve essere accuratamente aumentato per tener conto degli elevati carichi aerodinamici che per primo risentirà. Ricordiamo che hanno una minor massa e lunghezza di corda, pertanto risentono di un carico circa 60% volte maggiore rispetto ad un’ala di normale dimensione (il tutto in proporzione).

Pensate che gap tra gli elementi sia casuale? Assolutamente no. Il tutto nella progettazione di tali profili sta nella conformazione del gap. Le grandi bibbie di aerodinamica fanno riferimento a gap con forma convergente.

caeses.com

Il motivo? Semplice, il tratto convergente accelera il flusso, richiamando per differenza di pressione, aria dalla zona ad alta pressione (che definisce anche un alta sollecitazione impressa sul corpo rigido stesso). L’effetto Venturi, quindi, non solo aumenta l’effetto deportante, è inoltre in grado di ri-energizzare il flusso nella zona inferiore dell’ala ritardando il distacco della vena fluida.
Questo consente efficienza aerodinamica e allontanamento dalle condizioni di stallo, anche a grandi valori di angoli di attacco.

Deportanze maggiori sono registrate nella sperimentazione pratica con l’utilizzo di 1 elemento complessivo e un angolo di attacco tra direzione del vento relativo e camber medio, di oltre 30°. Prima di questo limite è un po’ complessa la progettazione e non svilupperebbe chissà quali vantaggi aerodinamici. Per gli ultimi 2 slat aggiuntivi, l’angolo può arrivare persino ai 70°.
Queste sono essenzialmente le linee guida da seguire secondo la sperimentazione pratica. Il vero comportamento aerodinamico può essere studiato solo grazie alla simulazione CFD con software appropriati.

In ambito aerospaziale?

In gergo tecnico aerospaziale, il flap è l’elemento alare aggiuntivo a valle del profilo di riferimento, mentre lo slat più nel dettaglio è posto a monte. Nel campo automotive non facciamo questa precisa distinzione, in quanto la funzione è pressoché la stessa. Lo slat aerodinamico serve essenzialmente per ridurre la probabilità che avvenga un distacco di vena sin dal bordo d’attacco, per alti valori dell’angolo di incidenza.
Lo stallo a monte dell’ala è molto più dannoso rispetto a valle.

wikimedia.org

Con quest’immagine si deduce il comportamento/configurazione dell’ala di un velivolo in funzione della richiesta: Si commenta da sola. Essa riassume l’intero comportamento precedentemente affermato.

Con un camber maggiore, aumenta la massa d’aria incanalata al di sotto del profilo, andando a ridurre la forte accelerazione che avrebbe avuto il fluido aggirando il bordo d’attacco principale. Un’accelerazione improvvisa e incontrollata, spingerebbe verso un regime di moto turbolento, riducendo la fase laminare e danneggiando l’aerodinamica.

L’applicazione dell’ala a più elementi è legata essenzialmente all’ambito aeronautico; nel mondo automotive si ottengono gli stessi benefici con sistemi DRS, profili con maggior camber e aerodinamica attiva.

meccanica-plus.it

Per approfondire alcuni di questi aspetti specifici, trovate tutto sul sito oppure linkato sotto una parola o espressione specifica, nell’articolo stesso. Nel prossimo episodio tratterò l’influenza dell’effetto suolo, dell’estrattore (diffusore) di F1 e della sua massima espressione ingegneristica con la Chaparral 2J.