Nel corso degli ultimi dieci anni stiamo vivendo una nuova era per la progettazione del powerunit: il Downsizing. Se prendete in mano una qualsiasi rivista d’automobili odierna e una di circa 15 anni fa, noterete come le cilindrate nei modelli di fascia non sportiva/hypercar, si è ridotta notevolmente. Quanto conviene in termini di resa?
Un motore più piccolo, superficialmente parlando, equivale a potenze inferiori e di conseguenza, all’aumentare del carico, aumenterà anche lo sforzo a livello meccanico da dover sopportare. Ciò vuol dire che i motori di oggi sono più fragili? Assolutamente no, il progresso scientifico a livello di processi tecnologici di lavorazioni di materiali come leghe duttili e ad elevate prestazioni meccaniche, ha consentito il potersi spingere oltre.
Definiamo un po’ il fenomeno e cerchiamo di individuare su grafici accurati questa differenza evolutiva.
Sicuramente un motore di cubatura bassa non potrà consumare come un vecchio 3.0L, ma ciò non per le dimensioni; il discorso è da riferirsi tutto sull’efficienza termica del motore stesso. Cerchiamo di capire il motivo trattando la formula semplificata della potenza:
La potenza, come si nota è proporzionale, alla BMEP (brake mean effective pressure) cioè la pressione media effettiva nel cilindro, potremmo dire, quel parametro non-adimensionale che quantifica potenza e sollecitazione meccanica ottenibile nel funzionamento ordinario di un propulsore. E’ un parametro molto utile per il confronto tra propulsori a prescindere dalla loro cilindrata, infatti tale valore tiene conto di quant’è il lavoro a ciclo, a meno di perdite d’attrito, raccolto all’albero dal freno motore (nei test di misura su branco prova, da qui il termine Brake).
Noto come in questo grafico possiamo confrontare vari motori tra loro: Nella regione in alto a destra, motori da competizione. In rosso segnalo la regione di funzionamento propria del motore tradizionale ad uso quotidiano (2.0L degli anni ’90). In in filosofia downsizing, sovralimentato a 1.0L di cubatura del 2015.
Se dimezzo la Vd (ovvero la cilindrata), quello che ottengo, a parità di coppia T esprimibile (curva nera marcata in alto nel grafico) è una BMEP raddoppiata. Essenzialmente la regione ad elevata efficienza è da ricercarsi in bassi regimi di rotazione e alti carichi. Un motore tradizionale confinato in basso a sinistra del grafico, mediante downsizing, vedrà un aumento del carico. Il suo range di funzionamento si posizionerà intorno alla curva di isorendimento massima (centro collina). In tal punto avrò il valore massimo del BTE (brake thermal efficiency), ovvero il rendimento globale del propulsore dal punto di vista termico, definito come il rapporto tra P (potenza raccolta all’albero senza conteggiare le perdite) e Q (calore teorico sprigionato dalla combustione, pari a portata di combustibile mf’ per il suo potere calorifico inferiore Ki):
Ad un valore elevato di rendimento globale, si associa un campo di funzionamento ideale per il motore caratterizzato anche da un basso consumo medio specifico di combustibile. Perchè? Il consumo è definito Brake specific fuel consumption, BSFC, ed è pari alla portata di combustibile utilizzata diviso la potenza ottenuta mediante essa.
Si nota che ad elevati rendimenti BTE, corrisponde un consumo inferiore. Ecco la ragione per cui a parità di tutti i fattori esterni un motore in Downsizing dovrebbe consumare, teoricamente meno di un motore Rightsizing.
In rosso vedo il miglioramento mediante riduzione di cilindrata. In verde, un motore canonico anni ’90 dal doppio della cilindrata.
Di controparte, c’è da dire che questi motori molto piccoli e molto spinti non avranno sicuramente il fascino dei 400.000-500.000 km percorsi in completa tranquillità come ad esempio gli storici propulsori HDCi del gruppo PSA, ritenuti quasi indistruttibili dall’opinione generale.
Ogni motore ha il suo campo di funzionamento, in nero tratteggiata nel grafico precedente notiamo l’andamento della potenza in 6° marcia. Ogni marcia consente di avvicinarsi più o meno alla regione a basso consumo specifico BSFC. E’ più conveniente per l’unità termica, lavorare in 4° marcia con 3000 giri/min o in 6° a 2000 giri/min? Vedendo un numero di giri maggiore e una marcia inferiore, si direbbe la prima opzione: Ma non è cosi. Con un rapporto maggiore e un numero di giri inferiore del motore, per poter mantenere la stessa velocità di crociera del veicolo, si starà in una regione a basso BSFC.
Quindi cercheremo di avere a rapportature basse del cambio di velocità un rapporto di trasmissione molto piccolo. Alle alte velocità di marcia, un rapporto di trasmissione più elevato. Cioè alle marce alte, una risposta del motore lenta alle variazioni di velocità, ma con un carico maggiore e un numero di giri medio alti. A ciò corrisponde un BSFC minore.
Noto che con il turbo Diesel, rispetto al Benzina aspirato ho un delta di coppia esprimibile in 6° marcia maggiore, a parità di numero di giri n*. Questo ΔT è sfruttabile in accelerazione. Tuttavia capiamo come un turbo è più efficiente, non a caso generalmente si adottano motori sottocubati con un turbogruppo e intercooler. L’aumento di pressione in ingresso aumenta la BMEP complessivamente nel cilindro e fa in modo di raggiungere l’obiettivo. Questo richiede una maggior robustezza del motore, pesantezza, non leggerezza come si pensa di solito. Anche l’opzione aspirato con basamento in alluminio sarebbe l’ideale per peso, costi e robustezza meccanica.
Ideale sarebbe l’utilizzo nella propulsione ibrida, con fasatura variabile. Realizzazione della fasatura 2T, vale a dire un motore a valvole simil 4T, che lavora a frequenza doppia, come un 2T. Con una BMEP o coppia T necessaria che è la metà. Mantenendo invece la stessa BMEP interna, posso diminuire la cilindrata Vd o teoricamente dimezzarla: Downsizing.