Onde d’urto oblique e applicazione propulsiva
Nello scorso articolo abbiamo introdotto le onde d’urto normali illustrando come variano i principali parametri termodinamici. Questa volta entreremo nello specifico delle onde d’urto oblique per capirne le differenze e vedere la loro applicazione in campo propulsivo.
Come si formano le onde d’urto oblique
In alcuni propulsori si possono notare delle spine coniche. Queste, interagendo con il flusso d’aria supersonico, hanno anche lo scopo di creare delle onde d’urto oblique, le quali sono molto meno dissipative delle onde d’urto normali.
Un esempio tipico ci viene fornito dall’ SR-71, le cui spine coniche son ben visibili.
dove:
- δ = angolo di deflessione del flusso, dovuto alla presenza della spina conica;
- ε = angolo di inclinazione dell’onda d’urto.
In realtà quella che nasce dall’interazione con una spina conica sarebbe un’onda d’urto conica. D’altra parte possiamo vedere la spina come un cuneo con estensione infinita nella terza dimensione, così da visualizzare meglio l’idea di un’onda d’urto obliqua.
La variazione delle grandezze può avvenire soltanto “attraversando” l’onda. Pertanto lungo l’onda stessa non si ha un gradiente di pressione. Questo fa sì che la componente tangente della velocità rimanga costante, ossia rimanga uguale sia a monte che a valle.
Si tratta del dettaglio che porta alla differenza sostanziale tra le due tipologie di onde. Infatti, per un’analisi qualitativa delle onde d’urto oblique, potremo servirci delle stesse tabelle e grafici visti per le onde normali, a patto che il parametro di ingresso non sia la velocità risultante (v1 per intenderci), ma la sua componente normale (v1n).
In questo modo è possibile giustificare il fatto che un’onda d’urto obliqua può comportare un regime a valle ancora supersonico. E’ vero che la componente normale segue le stesse leggi già viste per l’onda normale (flusso a valle sicuramente subsonico), ma questa deve comporsi con la componente v2t , la cui intensità è responsabile del regime a valle.
Utilizzo delle onde d’urto oblique
Come già detto, le onde d’urto oblique sono fondamentali nell’ambito della propulsione per un volo supersonico. Infatti una normale combustione avviene a Mach 0.3 – 0.4, pertanto è necessario prevedere un cospicuo rallentamento del flusso tramite la presa d’aria. Spesso è anche prevista una prima onda obliqua seguita successivamente da un’onda normale per parzializzare il rallentamento e ottenere dissipazioni minori.
Lo stesso concetto può anche essere esteso alla presa a spina conica, che nuovamente vediamo sottoforma di “cuneo”. Ipotizziamo di dover effettuare una deflessione di δ = 12°.
Lo stesso effetto si può ottenere con una singola deflessione, oppure con due deflessioni successive di 6° ciascuna.
La differenza tra i due approcci consiste nella pressione totale che si ottiene alla fine del processo. Nel primo caso, in virtù di una scala non lineare, si riscontra un costo energetico decisamente maggiore, quindi una pressione totale minore. Questo vuol dire che la doppia deflessione successiva è meno dissipativa.
Attenzione però ai soliti limiti ingegneristici: effettuare un numero idealmente infinito di deflessioni successive non è per nulla conveniente !
Stiamo parlando della cosiddetta spina isoentropica, che però porta con sé alcune complicazioni: da un lato abbiamo una cuspide, quindi un punto sottoposto ad un carico virtualmente infinito, e dall’altro una presa d’aria che funzionerebbe soltanto ad angoli di incidenza nulli, peggiorando notevolmente a differenti assetti.