I meccanismi di Usura (2/2): Corrosiva e Fatica superficiale

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Sempre in merito ai fenomeni d’usura, oggi approfondiremo le ultime due principali meccaniche di usura nei materiali. Innanzitutto ricordiamo l’importanza dell’usura in qualsiasi campo di interesse, non solo automotive o industriale, anche in medicina ha un suo perché parlarne. Il corpo umano è una sorta di meccanismo caratterizzato da molteplici cinematismi con accoppiamenti sferici-rotoidali modificate-cilindriche  (come dei veri e propri giunti statici). Ci sono tante superfici di contatto in moto relativo (articolazioni).

L’usura della cartilagine (film lubrificante nel nostro caso) che ricopre i capi articolari può esaurirsi fino a creare usura e asportazione di materiale anche tra le ossa. Queste condizioni patologiche possono essere influenzati da processi genetici o dall’età avanzata. Non rubiamo altro spazio agli amici e colleghi di biomedical CuE.

Valutiamo l’usura corrosiva e la fatica superficiale. Prima di partire, per chi se la fosse persa, ecco qui la prima puntata sull’usura. PRIMA PARTE.

Usura corrosiva:

usura corrosiva
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Questo tipo di corrosione interessa le superfici dei metalli in cui si può attivare il complesso fenomeno della corrosione. Tale fenomeno provoca la formazione di strati di film di ossido sulla superficie metallica per reazione chimica del metallo stesso e dell’ambiente. Non ultimo l’esempio dei materiali in acciaio CorTen, passivizzati forzatamente con reagenti e solventi chimici tossici.

Solitamente è l’ossigeno il principale promotore della corrosione. Questi film di strato di ossido fungono da protezione dalla loro stessa generazione, creando una barriera alla reazione di ossidazione del metallo. A causa dello strisciamento fra le superfici in moto tale protezione viene frantumata e il localizzarsi di piccole zone di metallo puro crea un sito di concentrazione della reazione corrosiva.

Tale meccanismo, specialmente se in ambiente corrosivo (ex. Ambiente marino) insieme all’azione meccanica diventa particolarmente veloce e distruttivo per il materiale. Gli strati superficiali di ossido vengono rimossi e immediatamente riformati dalle reazioni della corrosione. Per combattere questo tipo di usura si utilizzano solitamente lubrificanti per interporre uno strato fra le superfici ed evitare la rimozione del film di ossido protettivo.

Fatica superficiale:

usura fatica superficiale
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Grazie alla teoria di Hertz è noto che nel contatto fra due corpi pressati uno contro l’altro delimitati da superfici curve, la sollecitazione è massima ad una ben determinata profondità e non sull’interfaccia di contatto.

Tale profondità nelle usuali applicazioni tecniche si aggira tra 0.1 e 0.3 mm. Chiaramente tale profondità è funzione della geometria delle superfici pressate fra loro, dai materiali e dal carico che esercita la compressione. Ci sono casi in cui la superficie su cui viene pressato l’altro corpo è soggetta a un carico a fatica, con alternarsi di applicazione e rimozione del corpo comprimente. Ad esempio un rullo su una parete o contatto tra piede di biella e spinotto. Nella zona di massima sollecitazione vi è una alta probabilità di sviluppo di fessure (cricche) ed eventuale loro propagazione nel tempo fino a raggiungere la superficie. Tale fenomeno è chiamato fatica superficiale e porta ad un distacco di piccole parti di materiali.

Questo tipo di usura è in inglese chiamato pitting per la presenza di piccole fessure, pits, che si propagano nel materiale, visibili come buchi in superficie. Un classico esempio di questo fenomeno è riscontrabile nei cuscinetti a rotolamento e nelle ruote dentate. Questo tipo di usura può verificarsi anche in presenza di uno strato di meato lubrificante fra le due superfici, a differenza degli altri tipi di usura.

Articolo a cura di Simone Americi.