Dopo il film che racconta la leggendaria sfida, in versione cinematografica, tra James Hunt e Niki Lauda, gli appassionati di motori potranno tornare agli anni Sessanta con un nuovo film dal nome “Le Mans 66 – La grande sfida“. Da oggi 14 novembre arriva nei cinema italiani. Si tratta di uno spunto molto importante dal punto di vista storico, anche per chi non segue il motorsport o i motori in generale.
Per chi segue il campionato WEC, sa che la sfida tra Ferrari e Ford, continua tutt’oggi nella categoria GTE con la Ford GT e la Ferrari 488. All’epoca però, si parla del 1959, Carroll Shelby, dopo aver vinto la leggendaria 24 ore di Le Mans, fu colpito da una malattia cardiaca. Le condizioni di salute lo costrinsero ad abbandonare il mondo delle corse e decise di dedicarsi a fare il rivenditore di auto a Venice Beach. Tra lo staff c’era anche un certo Ken Miles, un vero e proprio asso del volante, ma poco gestibile. Quando le vetture di Shelby riuscirono a piazzarsi bene dietro alle Ferrari, la Ford decise di assumerlo. La casa automobilistica americana aveva intenzione di stracciare la Rossa di Maranello, e per fare ciò oltre a far progettare le auto a Shelby, misero al volante proprio quel Miles che nessuno raccomandava.
La sfida tra Ford e Ferrari può essere equiparata ad una vera e propria guerra nel mondo delle corse. Enzo Ferrari era la tipica persona che ogni dollaro entrato lo reinvestiva nella squadra per far andare le proprie auto sempre più veloce. La situazione finanziaria, però, non era delle migliori, e si aggiunsero nuovi problemi: nel 1957 con l’incidente durante la Mille Miglia fu accusato di omicidio colposo. Successivamente fu ritenuto innocente. Poco dopo seguirono i problemi di salute del figlio Dino che lo portarono alla morte a soli 24 anni. Contemporaneamente, dall’altra parte del mondo, la Ford non aveva in progetto di costruire auto da corsa. All’epoca andavano molto forte in America le gare di accelerazione, ma non le corse su circuito come quelle a cui eravamo abituati in Europa. L’obiettivo di Ford era di vendere auto per le famiglie, e non di farle correre. Un accordo stipulato internamente vietava a GM, Chrysler e Ford di costruire auto da corsa, ma esso non fu rispettato a dovere. Iniziò la Chevrolet con la Corvette a Daytona, mentre le vendite di Ford iniziarono a crollare improvvisamente.
Si capisce, dunque, che Ferrari e Ford erano letteralmente l’opposto. Enzo Ferrari fu convinto dal vincitore della 24 ore di Le Mans del 1949, Luigi Chinetti ad importare le Rosse negli Stati Uniti. Essendo una novità, il tutto ebbe un gran successo nell’Oltreoceano. Basti pensare che l’enorme successo fu ottenuto senza spendere neanche un centesimo in pubblicità: ne parlavano tutti i giornali e anche le star di Hollywood ne rimasero colpite.
A far infuriare Henry Ford fu una citazione di Enzo Ferrari: “Se Ford vuole finire sui giornali gratis, basta che si compri una Ferrari“. Questa frase fu figlia del fatto che Ford spendeva tantissimi soldi in marketing e pubblicità. Il vaso ormai era traboccato: Ford voleva comprare LA Ferrari e non un semplice modello. Nel 1963 arrivò la richiesta di accordo: la Ford avrebbe versato 16 milioni di dollari per acquisire la Ferrari. Il Drake, dal canto suo, chiese una sola cosa, cioè di avere il controllo della Squadra Corse. Sembrava tutto fin troppo facile, ma qualcosa andò storto. Era il 21 maggio del 1963. Il Drake notò qualcosa che non poté né accettare né tollerare e, con la sua proverbiale schiettezza, scrisse al lato del contratto: “No, non ci siamo!”. Il motivo del rifiuto fu proprio che Ford non voleva concedere a Enzo Ferrari il controllo della Squadra Corse.
Dunque, un niente di fatto. A quel punto Ford puntò la Ferrari: doveva distruggerla, umiliarla, strapparle gli adesivi nella gara più importante, la 24 ore di Le Mans. Era un mondo nuovo per Ford: un’auto interamente costruita da zero come avrebbe mai potuto battere una casa pluricampione come la Ferrari? Era la stessa situazione di quando Honda rientrò in Formula 1 con la McLaren, sognando però di battere Ferrari, Mercedes e RedBull.
La Ford, però, aveva importanti fondi alle sue spalle. Non a caso spese letteralmente un capitale per la ricerca e sviluppo. Nacque così, la leggendaria GT40. Il nome derivava dal fatto che la vettura fosse alta da terra esattamente 40 pollici. Era il fatto che l’auto fosse alta un metro a dare speranze nel battere la Ferrari. Il motore che muoveva la prima GT40 era un V8 4.7 litri. Il primo appuntamento a Le Mans fu, infatti, un disastro generale: le tre vetture che presero parte alla gara soffrivano di problemi di aerodinamica e di affidabilità. La GT40 superava tranquillamente i 300 km/h, ma raggiunti i 200 l’auto diventava letteralmente inguidabile. La Ferrari, invece, non solo vinse, ma conquistò i primi tre posti con le 275 P e la 330 P.
Sempre nell’edizione del 1964, però, fu un certo Carrol Shelby a bordo della Shelby Cobra a conquistare il cuore degli appassionati e soprattutto l’intuizione di Ford: perché non affidare a Shelby lo sviluppo della GT40? Per guidare la versione MK2 fu chiamato Ken Miles, ex comandante di carri armati durante la seconda guerra mondiale. Miles presentava delle abilità nel setup della vettura che facevano rabbrividire anche i più esperti. A quel punto la GT40 migliora notevolmente. Per il motore fu optato per un 7.0 litri da 435 cv. Alla seconda gara, a Sebring, l’auto si mostrò competitiva, ma la 24 ore di Le Mans fu un’altra storia. La Ferrari vinse per la sesta volta consecutiva a Le Mans nel 1965. Ma nel 1966 la storia era destinata a cambiare. La Ferrari portò la 330 P3 con motore 4.4 litri da 420 cv. A Daytona e Sebring, però, a causa di alcuni scioperi, la Ferrari portò solo due auto ufficiali, più una terza, mentre la Ford ne portò ben otto. Sei delle otto erano preparate interamente da Shelby. La GT40 montava nel 1966 un cambio automatico e con l’utilizzo di sofisticati simulatori riesciva a trovare sempre il miglior compromesso tra affidabilità e prestazioni.
Nel paddock il motto tra gli addetti ai lavori era che con i soldi non ci si poteva comprare l’esperienza. Ci sono due strategie principalmente nelle gare di durata: chi punta sulle prestazioni per recuperare i tempi delle soste ai box, e chi invece punta a gestire il tutto, senza tirare al limite. La Ford era la vettura più veloce, ma beveva tantissimo. Il consumo era di un litro di carburante ogni 2 chilometri. La Ferrari consumava palesemente di meno: aveva un motore più piccolo e andava più forte nel misto di curve. Tutto ciò si traduceva in minor soste per la Ferrari, e dunque del tempo recuperato in quelle fasi.
Il momento era arrivato. La 24 ore di Le Mans del 1966 era iniziata e le Ford passarono al comando, con Miles che in testa alle GT40. A fine giornata però, iniziò a cadere la pioggia e le Ferrari guadagnarono la testa. Tuttavia lo scroscio d’acqua terminò rapidamente e la Ford ritornò a dettare il passo in prima posizione. Due vetture della Ferrari durante la notte si guastarono, ma restò la terza vettura. Poche ore prima della bandiera a scacchi, però, anche la terza Ferrari era out. Ford a quel punto, essendo da sola in testa con tutte le vetture, decise di farle arrivare in parata sul traguardo. A vincere, però, non fu stato il pilota di testa e cioè Miles, perché essendo partito avanti, percorse meno chilometri delle altre Ford. Il regolamento, infatti, poneva come vincitore colui che percorreva più chilometri. Si parla di una differenza di appena 8 metri.