L’effetto Coanda è definito come la tendenza di un getto di fluido a seguire il contorno di una superficie vicina.
Il fluido quando si muove a contatto con la superficie risente dell’attrito per effetto della natura viscosa del fluido stesso, ciò provoca un rallentamento. Matematicizzato con un modello fisico che ne tiene conto in funzione della distanza del fluido dalla parete. Questo modello è chiamato strato limite e definisce una regione nella quale il fluido è rallentato ed è vorticoso, nel senso di essere caratterizzato da particelle che ruotano attorno al proprio stesso asse.
Questo per effetto degli sforzi di taglio tangenziali impressi alle particelle fluide a causa della viscosità. Questi sforzi mettono in rotazione le particelle fluide all’interno di questa superficie ideale, denominata strato limite.
Insomma, questa zona in prossimità della parete risulta essere molto caotica. Non nel senso fenomenologico del termine.
Le particelle di fluido esterne, per via delle interazioni molecolari che tendono a legarle a quelle interne, si dirigono verso di esse a causa della differenza di velocità. In tal modo il fluido aderisce alla superficie stessa. Quindi la natura viscosa, la tensione superficiale e i legami creano questa adesione. Un po’ come quando si cerca di versare del caffè da una tazzina all’altra; se il movimento non è rapido, il fluido tende ad aderire sulla superficie esterna della tazzina fino a staccarsi per effetto della gravità.
Il fenomeno di adesione cessa quando, per effetto dei fenomeni viscosi che si generano nello Strato limite, la pressione aumenta fino a raggiungere quella esterna, in modo da annullare il gradiente di pressione e rendere il fluido povero d’energia. In modo che se ne facilità il distacco di vena fluida, proprio quando la pressione nella direzione d’avanzamento del fluido aumenta.
Cioè il flusso possiede energia di pressione, la converte in energia cinetica e spende quest’ultima (funzione del gradiente di pressione stesso) per poter avanzare. La condizione limite si ha quando il gradiente in quella condizione di moto ha perso energia e non ha più contributo cinetico per avanzare. Ciò porta la curva dell’andamento di velocità 2D ad attorcigliarsi su sè stesso.
Quando i profili di velocità diventano convessi e si deformano fino ad avere un dietro front per la velocità del flusso in prossimità del punto di parete, fino a diffondersi a distanza dalla parete.
Praticamente il flusso tende a tornare indietro, creare una bolla di separazione che fa da rampa per il flusso che giunge in prossimità del punto di separazione. E’ avvenuta la separazione della vena fluida che si distacca permanentemente a meno di una post-rienergizzazione del fluido (come ad esempio splitter plate, riduzione dello strato limite, transizione a un regime più inerziale ed energico, come quello turbolento).
Questo fenomeno trova applicazioni nel campo aerospaziale ma anche nelle competizioni motoristiche e in particolare in Formula 1.
Con i cambi di regolamento del 2009 e del 2010, che hanno portato inizialmente ad una semplificazione dell’aerodinamica delle monoposto, i progettisti hanno iniziato a cercare nuove soluzioni per trovare del nuovo carico aerodinamico. Nel 2011 la Red Bull portò in pista la RB7, dotata dei controversi scarichi soffianti sul diffusore. Questo monopolizzò il campionato (vinse sia il titolo piloti con Sebastian Vettel che il titolo costruttori). Questa soluzione, che permise di generare molto carico aerodinamico al retrotreno, fu bandita dalla FIA.
La maggior quantità di moto dovuta ai flussi convogliati nella superficie interna del diffusore posteriore, aumentava la cinetica dei flussi e complessivamente si realizzava una depressione più consistente. C’è da dire che il 40% della deportanza complessiva è garantita solo dalla presenza del diffusore, in funzione anche del suo angolo di diffusione, non troppo elevato per evitare lo stallo, cioè la separazione dei vortici di Venturi.
L’idea è evitare lo stallo anche perché in questo modo le linee di flusso, sfogandosi nella zona esterna della vettura (questo più per vetture tradizionali) potranno riaderire a quelle sfogate superiormente e creare un’area di base (sezione della scia) limitata, riducendo il Drag aerodinamico.
L’aria calda ha complessivamente una densità inferiore e quindi una pressione inferiore, realizzando il campo di depressione voluto nel fondo vettura, tuttavia i campi di moto e di interazione molecolare in questa zona sono complessi e difficili da gestire e spiegare univocamente.
In galleria del vento i risultati sono positivi, quindi poche chiacchiere e si passa direttamente ai test in pista. Come ben sappiamo i risultati furono molto positivi per Red Bull, definendo quelle stagioni come la loro personalissima Golden Age.
Nel prossimo approfondimento parlerò della geniale soluzione adottata da Red Bull per aggirare l’ostacolo imposto dal regolamento. Infine guarderemo altre soluzioni sempre nel mondo della F1.
NON perdetelo.