Il fatto che nessuno abbia mai visto correre la Alfa Romeo Sport Prototipo (nota anche con il nome di Alfa Romeo Gruppo C), è una delle realtà più tristi per ciò che riguarda il mondo del motorsport. Per fortuna, esiste il Museo Storico Alfa Romeo di Arese che ridà vita a questo esemplare unico.
Il Gruppo C è stato una categoria automobilistica competitiva nel quale partecipavano gli sport prototipi coupé. Ha debuttato nel 1982, ma ha avuto una vita relativamente breve in quanto ha chiuso i battenti definitivamente nel 1993. Con il termine Gruppo C si indicavano quelle auto da corsa coupé biposto costruita all’unità, destinata alle corse in circuito, la cui cilindrata non ha un’incidenza.
Il regolamento prevedeva delle dimensioni di ingombro di lunghezza massima 480 cm, larghezza massima 200 cm, mentre l’altezza andava da un minimo di 100 cm a un massimo di 110 cm (al vertice del parabrezza) con un peso minimo senza combustibile pari a 800 kg. Il motore doveva essere costruito secondo le normative vigenti nella categoria Gruppo A o Gruppo B. Una volta ottenuta l’idoneità in una di queste due categorie, allora poteva essere montato anche su vetture di Gruppo C. Per quanto riguarda il combustibile c’erano limiti sia per quanto riguarda il consumo, sia per il totale immesso. La capacità massima del serbatoio era di 100 litri, con un consumo massimo di 60 litri ogni 100 chilometri e un numero massimo di rifornimenti che cambiava in base alla durata della gara (c’erano le 12 ore, le 24 ore, le 500 km e le 1000 km). Le portiere dovevano essere due di larghezza minima di 50 centimetri e altezza minima di 30 centimetri. L’effetto suolo doveva essere procurato solo da una superficie piana di 80 cm di lunghezza e di 100 cm di larghezza posizionata subito dopo l’asse anteriore. La larghezza delle ruote non doveva essere superiore ai 16 pollici, mentre non c’erano limiti al diametro. I regolamenti sopracitati fanno riferimento al 1982, ma nel corso degli anni cambiarono.
Quando, nel 1988, l’organo di governo del Gruppo C ha votato i più grandi nomi dell’industria automobilistica per le loro opinioni su una proposta di modifica delle regole che avrebbe bandito i motori a grande cilindrata e i turbocompressori Goliath, l’Alfa Romeo ne rimase incuriosita. Dopotutto, la Lancia era impegnata a dominare il gruppo A dopo che la sua auto del Gruppo C era stata accantonata nel 1986 e tutte le risorse della Ferrari erano, ovviamente, legate in Formula 1.
Spettava quindi all’Alfa sventolare la bandiera del gruppo Fiat dominante nel redditizio mondo delle gare di endurance. Inoltre, il marchio milanese aveva un asso nella manica sotto forma di un sofisticato V10 da 3,5 litri che Pino D’Agostino aveva inizialmente prodotto per il team di Formula 1 di Ligier ma che era stato successivamente installato nella Alfa 164 Procar. Era esattamente il tipo di motore che le nuove regole del Gruppo C avrebbero favorito. Tutto ciò di cui l’Alfa Romeo aveva bisogno era un telaio in cui plonarlo. A quel punto è entrata in gioco l’Abarth.
Abarth aveva già preso parte al progetto della Lancia LC2 del Gruppo C, un’auto il cui potenziale alla fine fu vanificato dall’inaffidabilità del suo motore Ferrari turbo. Fu quindi un telaio LC2 che fu redatto per testare il nuovo V10 di Alfa Romeo. Sulla pista di prova Balocco del marchio, il motore da 620 cv ha mostrato prestazioni promettenti ma, forse inevitabilmente, il suo fragile temperamento ha avuto la meglio ed è stato prontamente dichiarato inadatto allo scopo. In quello che probabilmente era il più grande livido sull’orgoglio degli ingegneri dell’Alfa Corse, fu invece scelto un motore V12 Ferrari rigenerato. Lavorando ancora sotto un rigoroso velo di segretezza, fu costruita una nuova monoscocca in fibra di carbonio e l’ex designer Osella Giuseppe Petrotta lavorò con lo specialista di aerodinamica Giorgio Comaschella per produrre una carrozzeria scarlatta convenzionale ma di una bellezza incredibile, rifinita con la griglia firmata Alfa Romeo. Nasce l’ SE048SP.
Una serie di condotti NACA dalla forma elaborata portavano il flusso a una serie complessa di tunnel e canali che racchiudevano le ruote posteriori. Le capacità di effetto suolo dell’auto erano evidenti. Non ci è voluto un esperto per vedere che l’Alfa Romeo SE048SP sembrava una macchina estremamente efficace, ma purtroppo non sapremo mai come sarebbe andata in pista poiché l’intero progetto è stato accantonato nel settembre del 1990. La causa è stata una preoccupante mancanza di interesse da parte dei vertici. In sintesi ci si chiedeva il perché spendere così tanto tempo e denaro in un prototipo alimentato dal motore di una vettura che può essere considerata la “sorella” proveniente dalla Casa di Maranello? Le risorse potrebbero essere impiegate molto meglio su un’auto da turismo più facilmente identificabile. Il patriarca dell’azienda Momo e l’entusiasta pilota amatoriale Gianpiero Moretti hanno espresso un serio interesse per la Alfa Romeo Sport Prototipo, ma purtroppo un accordo non è mai stato raggiunto. La SE048SP fu consegnata al museo Alfa Romeo e ai libri di storia. Che il mondo non abbia mai assistito a questa sensazione scarlatta all’avanguardia in azione è una tragedia. Ma al contrario, il suo destino e la segretezza malati servono solo ad accrescere la sua storia d’amore e il suo fascino ai giorni nostri.