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Come è nata la Dakar: lo smarrimento nel deserto di Thierry Sabine

La Dakar è una competizione che si svolge ogni anno a Gennaio ed è una delle corse più estenuanti della storia del motorsport, insieme a quelle di resistenza. Le tappe, che si suddividono in diversi giorni per un totale di 8500 chilometri, sono ambientate tutte nel deserto. Spesso, le inquadrature televisive sono suggestive, in quanto vengono mostrati questi veicoli, a due e quattro ruote, attraversare le dune di sabbia, con uno sfondo letteralmente privo di ogni punto di riferimento che non sia la sabbia.

Le origini della Dakar sono piuttosto curiose e visto che siamo sempre affamati di conoscenza per ciò che riguarda motori e motorsport, mi sembra giusto dare spazio anche a queste “pillole” di storia.

Dobbiamo tornare indietro nel tempo, approdando al 1977. Un certo Thierry Sabine voleva tentare una di quelle imprese eroiche che sarebbe rimasta nella storia a bordo della Yamaha XT 500. Decise, dunque, di partecipare al Rally Raid partendo da Abidjan per arrivare a Nizza percorrendo le infernali vie del deserto. Qualcosa, però, andò storto, e Sabine perse la pista e si allontanò dal gruppo. Si accorse troppo tardi che qualcosa non andava, e insieme alla pista, iniziò a perdere anche la lucidità. In fretta e furia stava cercando di ritrovare la pista, quando impattò violentemente contro il suolo, rompendo sia la bussola, sia l’orologio. Questi ultimi erano i soli strumenti che venivano utilizzati come guida per non perdersi tra le dune del deserto. Senza essi, Sabine era letteralmente un “ostaggio” della sabbia. L’unica cosa che teneva in mano era una cartina, ma se non si conosce la posizione, è letteralmente inutile. Tuttavia, non si arrese: salì in moto e imboccò una strada assolutamente a caso, sperando nella buona sorte. Sperava, quantomeno, di poter raggiungere un villaggio, o qualcosa di simile, ma ogni duna ne era seguita da un’altra e questo per un numero di chilometri che sembrava infinito. Continuava a non arrendersi: decise, perciò, di tenere la manopola del gas ruotata finché non calò la notte. Il giorno dopo decise di proseguire a piedi, ma c’era nuovamente un “piccolo” problema: Thierry aveva poca acqua e nessuna scorta di cibo. Dunque, si tolse le scarpe e iniziò a vagare tra le dune cercando di risparmiare quanta più acqua possibile. La sete però si faceva sempre più sentire.

Fece appena in tempo a riempire mezza bocca d’acqua prima che la borraccia fosse completamente vuota, e si passò più volte l’acqua tra una guancia e l’altra per cercare di idratare meglio l’interno della bocca. Si apprestava a trascorrere delle altre ore a vagare, quando improvvisamente, decise di scalare un’ultima duna. Perché? Perché voleva sedersi sulla cima e godersi il panorama.

Dakar: l’idea di Thierry Sabine

Ad un certo punto, mentre era seduto in cima alla duna, iniziarono a vagare strane idee nella sua testa. L’Inferno iniziò a trasformarsi in Paradiso, quando iniziò a guardare quella serie di dune in modo diverso: immaginava delle moto che si inseguivano, con il rombo dei motori che dava vita al silenzioso, ed inquietante, deserto. Tutto ciò, però, sarebbe stato possibile qualora fosse riuscito a sopravvivere.

Ogni giorno che passava, però, diventava sempre più dura. Iniziò a fare dei segnali per farsi vedere dagli elicotteri o velivoli qualora fossero passati. Dopo aver finito, decise di sedersi e, nel vedere cosa aveva in tasca, scoprì di avere, in quella destra, un talismano. Quest’ultimo, lo considerava come un portafortuna in quanto era il regalo di un suo caro amico. Iniziò a strofinarlo tra le mani, e, di punto in bianco, dopo alcune ore venne ritrovato da una squadra di soccorso. Fu riportato in Francia in elicottero in un forte stato di disidratazione. Nel cervello, però, gli frullava ancora l’idea di quel folle rally-raid e fu così che il 26 dicembre 1978, 182 equipaggi si iscrissero alla prima edizione di quella che oggi chiamiamo Dakar. Le categorie ammesse erano auto, moto e camion. Inizialmente, però, il nome era Parigi – Dakar. Lo stesso deserto, però, fu effettivamente la sua tomba un po’ di anni dopo, proprio mentre seguiva l’edizione 1986 della sua tanto amata Dakar.

L’elicottero di Thierry Sabine

Il 14 gennaio 1986, Thierry era a bordo del suo elicottero, ma venne sorpreso da una tempesta di sabbia che fece schiantare il velivolo provocando il decesso di sei persone in totale, incluso Thierry Sabine. Per la sepoltura è stato scelto proprio un posto nel deserto, nelle vicinanze di un albero che porta il suo nome. Il simbolo di quanto appena descritto è quello di aver unito il deserto con le ceneri del “re del deserto” stesso per unirsi in un tutt’uno con quello che Thierry amava di più.

L’albero che fa “compagnia” a Thierry Sabine