Motorsport

F1: test su monoposto e gestione del weekend di gara. A lezione con Guillaume Dezoteux della scuderia Alpha Tauri

Il mondo della F1 è un mondo complesso. Piloti, meccanici, ingegneri, e tutte le figure professionali di un team coordinano i propri sforzi per ottenere risultati soddisfacenti sotto una pressione allucinante. È difficile spiegare le sensazioni che si provano quando bisogna sistemare gli ultimi dettagli e nel frattempo c’è la speranza comune che durante i vari collaudi tutto fili per il verso giusto. È una corsa contro il tempo, quando prima di un test o di una gara si rompe un componente ed è necessario reperirlo in fretta e furia, altrimenti non si può prendere parte alla competizione. Lo sanno bene i ragazzi della Formula Student che ogni anno competono in tutto il mondo con altri studenti di altri team con delle vere e proprie monoposto progettate e realizzate dagli studenti universitari.

È proprio grazie alla squadra studentesca UniNa Corse Combustion e ad Euroavia Napoli, ASSI Ingegneria, con il permesso di Red Bull Italia, che gli studenti dell’Università di Napoli, Federico II, hanno potuto assistere, via Microsoft Teams, ad una lezione tenuta da Guillaume Dezoteux, ingegnere che copre il ruolo di “Head of vehicle performance”, presso la Scuderia Alpha Tauri (ex Toro Rosso). Si è trattata di una vera e propria avventura, durata circa due ore, grazie alla quale gli studenti presenti si sono potuti immergere parzialmente nella fantastica realtà del Motorsport e più nello specifico quella della F1.

Per ovvi motivi di “segretezza aziendale”, non è stato spiegato cosa succede esattamente tra i muri della Scuderia di Faenza, ma è stato dato un ottimo input sui test che si effettuano su ogni monoposto che prende parte al campionato mondiale di Formula 1 e cosa c’è dietro la gestione di un classico weekend di gara.

La partenza di un Gran Premio di Formula 1

Preparazione ad un evento

L’emozione del momento è stata percepita anche dai ragazzi che si sono fatti da tramite per organizzare l’evento. Gianluca Pagano, Team Leader di UniNa Corse ha commentato così l’evento che si sarebbe tenuto di lì a poco: “Ci tengo ad esprimere tutta la mia eccitazione per avere la possibilità di prendere parola dinanzi a tutti voi che siete colleghi, professori ed esperti. UniNa Corse è la squadra corse della Federico II, che si occupa della progettazione e della produzione di una vettura da competizione che gareggia nel campionato di Formula SAE”.

Ma UniNa Corse è anche molto di più di questo: è la rappresentazione fisica di quella che è l’aspirazione di molti degli studenti che scelgono di intraprendere quello che è il ramo ingegneristico, ovvero quello di poter effettivamente creare una vettura da competizione. Sono convinto che, in quanto ingegneri, aspiriamo a poterci mettere in gioco, a creare, ad innovare e soprattutto a crescere. Per cui credo che la lezione di oggi, oltre ad essere interessante, sarà anche di ispirazione per tutti noi”. Un ringraziamento va anche a Edoardo Giaquinto, Direttore Commerciale di UniNa Corse, grazie al quale è stato possibile organizzare la lezione.

Il Vehicle Performance Group di una scuderia

In F1, il team Vehicle Performance Group (VPG) si suddivide in 5 aree. La prima è definita Race Engineering. È composta dagli ingegneri che viaggiano e sono presenti ad ogni sessione di test, prove libere, qualifiche e gara. La seconda area è dedicata alla Dinamica del veicolo (Vehicle Dynamics) e lavora su problematiche come ottimizzazione dell’utilizzo di sospensioni, impianto frenante, power unit e i vari componenti, oltre a simulazione e studi di sensitività per cercare di identificare quali sono gli aspetti della macchina da ottimizzare e quali sono quelli più performanti.

C’è un altro gruppo che si occupa solo dell’ottimizzazione degli pneumatici sulla vettura, o meglio studiano nel dettaglio le caratteristiche dello pneumatico e danno indicazioni per migliorare le prestazioni della monoposto con le varie mescole. Poi c’è il gruppo di strategia che lavora su due attività: quella del competitor analysis, cioè analisi della concorrenza e poi è quella dell’attività puramente di strategia. Con quest’ultima si sviluppano modelli per creare strategie volte a cercare di guadagnare posizioni in una gara che dura un’ora e mezza.

Infine c’è il gruppo di Simulation e Software che sviluppa e mette in piedi l’infrastruttura di analisi dati, simulazione e sviluppi software. Con il VPG, la missione è quella di sviluppare la vettura seguendo tre approcci: a breve, medio e lungo termine. Per breve termine si indica la gestione gara ad esempio, dunque un evento che si tiene a distanza di pochi giorni. Per medio termine si intende lo sviluppo dell’auto durante la stagione, analizzando i punti di forza e le debolezze. Per lungo termine si intende guardare avanti al cambiamento del regolamento negli anni a venire o un’evoluzione della macchina attuale per la prossima stagione.

I test che si fanno su una monoposto da F1: il CoG

La parte di testing riguarda le varie attività che sono fatte in inverno per caratterizzare la macchina. Uno dei test effettuati sulla vettura si chiama CoG (acronimo di Center of Gravity). È un test abbastanza semplice da comprendere. Si mette la macchina su una piattaforma inerziale, la si fa muovere nello spazio. La piattaforma ha sei gradi di libertà.

Un esempio di strumentazione utilizzata per il Center of Gravity

I movimenti sono misurati in modo preciso e si riesce a calcolare la massa del veicolo, l’altezza del baricentro e le inerzie a rollio, a beccheggio e all’imbardata. I test che possono essere fatti con il CoG sono: provare la macchina completa con gomme e pilota; provare la macchina completa con gomme, ma senza pilota; provare il solo telaio. Queste tre modalità di misurazione consentono di avere delle misure dirette a diverse configurazioni. Il test viene fatto in condizioni da gara, pronta per scendere in pista, con sospensioni e sterzo bloccati e si rimuovono i fluidi.

Questi ultimi vengono tolti per evitare di disturbare la misura con il movimento degli stessi a bordo. Il motivo per cui si fa ciò, è che i movimenti fatti dai fluidi durante il test sarebbero molto diversi rispetto a quelli fatti in pista. Questo test può essere fatto su una qualsiasi autovettura. In Formula 1, è difficile da organizzare perché la macchina completa “non esiste”. È sempre smontata e manca sempre qualche componente. Quindi di solito il CoG viene fatto in inverno, magari quando si torna da qualche evento promozionale, prima dell’inizio della stagione. Si prende la macchina che ha girato in pista, nessuno la tocca e la si mette sul banco. Da lì in poi la macchina completa non esisterà più, finché non scenderà in pista nei weekend di gara.

Test Kinematic and Compliant

Un altro test si chiama K&C (acronimo di kinematic and compliant). L’obiettivo è ottenere una misura molto precisa della cinematica delle sospensioni e delle cedevolezze della sospensione sottoposta a sforzi. Dunque si analizza come si muove il piano ruota e le varie sospensioni sotto carico. I test che si fanno sono: verticale puro, a rollio con carichi asimmetrici, con forze laterali e longitudinali al contatto fra la gomma e il piattello. Può essere anche fatto un test sulla sterzata. La configurazione della macchina è piuttosto libera: si può scegliere di bloccare o meno sia le sospensioni che lo sterzo. L’auto viene messa su una piattaforma che si muove e sono applicate certe forze sulla massa sospesa che poi va a deformare la sospensione e muove il piano ruota. È importante perché una monoposto da F1 è molto leggera e quindi le cedevolezze delle sospensioni sono abbastanza alte.

Test Kinematic and Compliant

Sotto carico verticale la sospensione flette perché tutto il blocco sospensioni si deforma. Questo va caratterizzato in modo molto preciso. Un’altra cosa fondamentale da misurare è come evolve il piano ruota in frenata. Un’auto da F1 ha picchi di decelerazione di 5g e sulle leve sottilissime in carbonio della sospensione gravano diversi ChiloNewton.

F1: Test 7 Post Rig

Un altro test effettuato prende il nome di 7 Post Rig. La macchina viene posizionata su 4 piattelli vibranti attivati da pistoni idraulici. Ci sono altri 3 attuatori idraulici, due sull’asse posteriore e 1 sull’asse anteriore, dove si cerca di applicare una forza aerodinamica costante o che evolve ad una bassa velocità.

Lì è possibile riprodurre l’input verticale mentre l’auto compie un giro di pista completo, includendo i cordoli. Questi ultimi disturbano di molto la dinamica del veicolo: si stabilisce qual è l’ottimo della sospensione, in termini di settaggi e rigidezze. Si possono fare anche test di affidabilità. Il test può essere fatto in modi diversi: si può fare un semplice test di pulldown, cioè “si tira” verso il basso la macchina e si va a confrontare i carichi verticali misurati sotto i piattelli con i carichi verticali stimati dalle celle di carico che sono a bordo. Si possono fare segnali sinusoidi a potenza costante dove si va ad “agitare” la macchina in una range di frequenze.

Infine c’è la funzione, come già detto, di replicare i giri di pista. La configurazione della macchina è: sospensioni in condizione gara, sterzo rigido per non un aver grado di libertà non controllato e ovviamente carico aerodinamico aggiunto. Questo test suggerisce quasi sempre che più si va con assetto morbido e meglio è. Tuttavia in pista, l’assetto utilizzato è quello più rigido possibile. In pista si lavora sempre ad un compromesso tra il lavoro della piattaforma aerodinamica che è il posizionamento nello spazio del fondo vettura e delle ali anteriori e posteriori. L’ala anteriore e il fondo sono molto sensibili alla distanza dall’asfalto.

Test 7 Post Rig

Gli aerodinamici definiscono l’ottimale girando con assetto basso e rigido per evitare troppe variazioni di carico aerodinamico, rollio, imbardata e beccheggio. I telaisti vorrebbero un’auto alta e morbida per passare sopra i cordoli in maniera più efficiente, avere poche perdite di aderenza dovute alle variazioni di carico verticale al centro ruota. Questo test permette di correlare bene gli strumenti di simulazione e dare delle macrotendenze, per conoscere qual è l’ottimo tra l’efficienza aerodinamica e la presenza di asperità che cambia in base al circuito.

F1: Brake Dyno test

Un altro test effettuato sulle monoposto prende il nome di Brake Dyno. La monoposto non è intera: il test viene fatto con un quarto di monoposto. Si provano le prese d’aria, il materiale frenante, si possono fare analisi termiche, sviluppare prese d’aria e fare test di affidabilità e correlazione. I test possono essere fatti o con cicli a temperatura costante, dunque applicazioni di frenate che portano ad un ciclo termico costante nel tempo o si possono fare dei giri di pista veri e propri, misurando tutte le variazioni di temperatura registrate durante il giro.

Questo banco è costituito da un montaggio di portamozzo con disco e presa d’aria. C’è una piccola galleria del vento che soffia avanti al portamozzo. Abbiamo un banco con un rotore elettrico che fa girare il mozzo. Le prese d’aria sono utilizzate per raffreddare l’impianto frenante ma anche per riscaldare o raffreddare il cerchio e di conseguenza gestire termicamente gli pneumatici.

Brake Dyno Test della Brembo

F1: test al simulatore

Un altro test adottato in F1 è quello del simulatore. Sono macchine costosissime ed è forse l’ambiente in cui c’è maggior attenzione nel non divulgare il modo in cui sono stati realizzati. I team di F1 sono diventati a tutti gli effetti dei leader nella realizzazione di simulatori di guida. Il motivo è molto semplice: dopo il 2007, con lo scopo di controllare i costi, la F1 aveva deciso di smettere di avere squadre test che avrebbero dovuto effettuare test in pista per tutte le gare del campionato. La squadra test girava per giorni interi provando gomme, sospensioni e tutto quello che costituisce la monoposto.

Tutto ciò era costosissimo: alcuni team avevano il circuito in casa, oppure più squadre test e i costi erano molto alti. Per questo motivo sono spariti i test e i team con un budget sufficientemente alto hanno iniziato a sviluppare il simulatore di guida. All’inizio sembravano videogiochi moderni, con una capacità simulativa molto limitata. Sono stati sviluppati simulatori che si avvicinano molto alla realtà. Viene usato per diversi scopi: per l’allenamento dei piloti, sia su piste nuove che su piste già provate; si provano diversi assetti che sono preparati per le gare a venire; si sviluppano nuovi concetti, come le sospensioni. Magari non c’è il tempo di disegnare il componente o magari c’è un elevato rischio di progettarlo, produrlo, metterlo in pista e magari non portare benefici.

Si testano anche tanti studi di aerosensitivity. È passata l’epoca in cui in galleria del vento si cercava solo di aggiungere carico. Ai giorni d’oggi, è più complesso il discorso aerodinamico perché si cerca di ottimizzare i flussi e la struttura dei flussi attorno alla macchina. Questi studi sono effettuati in galleria del vento ma sono presenti dei limiti tecnici, come ad esempio non è possibile simulare perfettamente l’aerodinamica in percorrenza curva.

Max Verstappen al simulatore di F1

F1: gestione pre-evento

Per quanto riguarda, invece, la gestione delle vetture in pista, ci sono diverse figure professionali. Il pilota parla con il proprio ingegnere di pista, una delle poche figure che è a contatto diretto con lo stesso. Poi ci sono i box con i vari meccanici e il muretto con tutti i computer. Poi ci sono gli ingegneri, quelle figure che non vediamo in TV, ma che lavorano in background: fanno gran parte del lavoro, nei vari uffici della scuderia.

La fase di preparazione di gara si suddivide in pre-event, venerdì, sabato e domenica. Nel pre-evento c’è tanto lavoro di preparazione: ci sono tante considerazioni da fare per tirare giù un assetto competitivo. Innanzitutto si valuta il carico aerodinamico che influenza l’assetto di partenza in base al circuito. Monaco, Ungheria ad esempio richiedono più carico. Altre piste richiedono un carico medio, come ad esempio il GP di Spagna, e altre necessitano di un carico più basso come il circuito del Belgio o quello di Monza. Il valore di carico aerodinamico si stabilisce valutando il rapporto di tempo in rettilineo su tempo in curva che cambia in base alla pista. Nella fase di pre-evento si guardano i vari compromessi che ci sono in termini di “aeromappa”, quindi controllo della piattaforma aerodinamica e performance della sospensione sui vari dossi intorno alla pista.

Aero Map di una vettura di Formula 3

Questo consente di definire un assetto per le rigidezze verticali. Poi è possibile definire la rigidezza a rollio. Si guarda dunque il bilanciamento meccanico che varia in base al tipo di curva, di pista. Successivamente si pone l’attenzione sulla severità del tracciato per l’impianto frenante. Le piste sono molto diverse in termini di severità. Ci sono tracciati in cui i freni sono addirittura troppo freddi e altri in cui il pericolo di surriscaldamento è dietro l’angolo. I materiali devono coprire tutte le possibilità.

Poi c’è la variabile gomma. La Pirelli sceglie 3 mescole tra le 5 che sono state sviluppate per la stagione, chiamate hard, medium e soft. La scelta delle tre mescole proviene da una finestra di 5 mescole che vanno da C1 a C5, con la C1 più dura, e la C5 più morbida. Le squadre scelgono quanti set di ogni mescola portare in pista, e ogni pilota ha 13 set di gomme per asciutto. Pirelli impone 1 hard, 1 media, 1 soft e il team sceglie gli altri 10 set. Ovviamente la scelta delle varie mescole influenza il weekend di gara, il numero di soste e la lunghezza dello stint.

L’ingegnere di pista è quello che decide l’assetto di partenza a seguito di vari report e analisi che riceve, lavoro delle sospensioni, temperature di impianto frenante, gomme e simili. La sua responsabilità è che l’auto sia preparata per i vari Gran Premi. Un altro aspetto fondamentale nella preparazione di una gara è legata alla Power Unit, che dal 2014 in F1 è ibrida. Quest’ultima è stata già trattata in un precedente articolo, pertanto non ci soffermeremo eccessivamente a riguardo. Dalla struttura della PU possono nascere migliaia di strategie diverse, tra cui due di esse sono indispensabili: la qualy-mode e la race-mode.

Nella qualy-mode si utilizza la piena potenza sia del motore a combustione che quello elettrico, utilizzando l’energia elettrica immagazzinata precedentemente fino al completo esaurimento, che di solito avviene verso la fine del giro. In race-mode, invece, si tende ad essere più conservativi dando la priorità ad un ritmo costante, alternando momenti di ricarica delle batterie a momenti di “full throttle”. Anche la benzina rappresenta un limite: in qualifica il problema non si pone, mentre in gara il pilota deve risparmiare carburante in fondo al rettilineo alzando il piede dal gas. La fase di pre-evento, dunque si chiude, con il lavoro di gestione di energia della Power Unit.

Una parte di aiuto per la gestione in gara arriva anche dal muretto BOX

F1: gestione del weekend di gara

Passiamo al weekend di gara. Il venerdì è composto da due sessioni di prove libere. La mattina si aggiusta l’assetto, già quasi ottimale per la pista in questione. Non è perfetto perché c’è una certa differenza tra le condizioni di simulazione e la realtà: le temperature potrebbero essere un po’ diverse, l’aderenza potrebbe non essere come stimata e così via. Si fanno prove aerodinamiche, si validano le scelte di raffreddamento di motore, freni e si inizia a guardare alle problematiche che riguardano l’ottimizzazione delle performance delle gomme.

Con la seconda sessione di prove libere si effettuano run brevi, avvicinandosi ad una simulazione del passo da qualifica, non dando però il 100%. Non si gira, dunque, con tutta la potenza. Durante questa fase si alterna il giro a tutto gas con quello di ricarica. Lo si fa sulla gomma più morbida a disposizione. Poi si passa al long run, con simulazione di uno stint di gara. Si utilizza dunque la modalità power unit sostenibile. Si misurano il consumo benzina e il degrado di gomme, freni e simili. Si valuta un po’ il passo gara rispetto ai competitor. Al sabato abbiamo le prove libere 3 e le qualifiche. Questa giornata è dedicata alla preparazione della qualifica, a meno che non ci sia del lavoro arretrato del venerdì per condizioni meteorologiche avverse o un incidente particolarmente violento, a causa del quale sia stato necessario ricostruire la macchina.

Per la qualifica bisogna girare con l’auto più leggera possibile, con massima potenza, e gestire il traffico a causa dei disturbi aerodinamici. Il timing è fondamentale e l’obiettivo di solito è entrare in top 10 (per i top team, l’obiettivo è la pole position). Tra il sabato e la domenica si fa torna al competitor analysis in quanto si hanno le reali performance degli avversari. Non si fa al venerdì perché le scuderie tendono a nascondersi ed a risparmiare il motore. Per la competitor analysis si usano dati GPS distribuiti dalla Federazione. È possibile analizzare traiettorie e velocità di tutte le auto. Anche i tempi nei tre settori, aiutano le scuderie ad analizzare le prestazioni degli avversari.

Tutti i team hanno, inoltre, i vari onboard. Con la radio si ascoltano tutti gli altri piloti. Ci sono persone che ascoltano oltre ai propri piloti, anche gli altri. Le scuderie hanno dei fotografi che scattano foto a tutte le macchine e tramite l’analisi delle immagini, è possibile capire che componenti sono stati utilizzati e quali sono le differenze con la propria auto. Infine, la domenica è il giorno in cui si tirano le somme: chi ha lavorato meglio vince. Si valutano varie strategie e i vari rischi safety car. Si stabiliscono strategie per la gestione della power unit e si continua con il competitors analysis tramite le comunicazioni radio tra pilota e ingegnere di pista.

Con la telemetria, invece, si analizza che tutto vada per il verso giusto. Se si dovesse verificare un minimo problema, di solito, lo si nota dalle telemetrie. Altre volte, invece, succede che dai dati non viene rilevata alcuna anomalia, ma ci sono dei problemi riscontrati dal pilota di F1. È il commento di quest’ultimo o le immagini delle telecamere ad aiutare a capire cosa sta succedendo.