Se anche voi amate correre in sella alle vostre mountain bike, allora avrete già una certa familiarità con i freni a disco, ma per i nostri lettori meno esperti riassumiamo brevemente le loro parti più importanti. Questa tipologia di freno è sostanzialmente composta da un disco metallico (o rotore) solidale alla ruota che scorre nella pinza, la quale è collegata al telaio. All’interno della pinza vi sono le pastiglie che vengono premute contro il disco per mezzo di un pistoncino idraulico. La pressione che le pastiglie esercitano sul disco permette di rallentare la bicicletta grazie alla presenza di attrito fra i due elementi appena citati.
Quando in bicicletta si pedala ad una data velocità si possiede una certa energia cinetica in virtù del movimento nostro e della bicicletta. Per rallentare si utilizza il sistema frenante, il quale non fa altro che trasformare l’energia cinetica associata al nostro movimento in energia termica che va a riscaldare i componenti coinvolti nella frenata.
Da un punto di vista meccanico le pastiglie devono esercitare una forza notevole sui dischi per permettere ad un ciclista di rallentare. Per renderci conto dell’intensità di questa forza si può costruire un modello matematico che ci permetta quantomeno di stimare, se non proprio prevedere, le sollecitazioni in gioco. Se consideriamo un ciclista che si muove ad una certa velocità costante, possiamo calcolare la forza che le pinze devono esercitare per arrestarne la corsa in un determinato lasso di tempo. Senza stare ad entrare nel dettaglio del modello teorico per evitare di annoiare i lettori meno interessati alla fisica del problema, vi proponiamo direttamente i risultati per una mountain bike da adulti dotata di pastiglie nuove di zecca.
Come ci mostra una singola linea, la pastiglia deve esercitare una forza che diventa tanto più grande quanto più veloce si muove il ciclista. Passando da una linea all’altra vediamo invece come al diminuire della durata della frenata la forza aumenti considerevolmente. Se non vi piacciono i grafici, pensate semplicemente che tanto più velocemente volete rallentare e tanto maggiore sarà la forza che le pastiglie dovranno esercitare, chiaramente la forza necessaria aumenta anche se vi muovete più velocemente. Prendendo ad esempio il caso peggiore in cui si presenti la necessità di compiere una rapida frenata (vedi linea blu) di emergenza a 50 km/h, la pastiglia deve esercitare la bellezza di 185 kgf. Circa il doppio della massa di un ciclista adulto, bicicletta compresa!
Come abbiamo visto, la forza che la pastiglia deve esercitare per arrestare la corsa del ciclista è notevole, ma allo stesso tempo la nostra esperienza ci dice che per rallentare basta anche solo una leggera pressione sulla leva del freno. Come è possibile?
Considerando che la forza che un adulto è in grado di esercitare stringendo la mano si aggira intorno ai 250 N (o 25 kgf circa), è chiaro che risulterebbe impossibile ricorrere unicamente alla sola forza muscolare per frenare. La soluzione è un semplice, ma efficace, sistema meccanico basato sulla legge di Pascal: il martinetto idraulico. La legge di Pascal afferma che la pressione esercitata in un punto qualsiasi di un fluido confinato si propaga inalterata a tutto il fluido. Sfruttando questo principio il martinetto idraulico è in grado di fornire un certo vantaggio meccanico, ovvero agisce come una leva moltiplicando la forza in entrata. Il classico esempio di martinetto idraulico è composto da due pistoni, quello più piccolo su cui agisce la forza in entrata (di area A1) e quello più grande (di area A2) sul quale viene generata la forza in uscita. Siccome la pressione si trasmette inalterata da un pistone all’altro si ha che
Perciò tanto più grande è il rapporto fra le aree dei pistoni e tanto più grande è il vantaggio meccanico. Per intenderci, se l’area del pistone più grande A2 è dieci volte l’area del pistone più piccolo A1, la forza F2 che si ottiene in uscita sarà dieci volte quella esercitata in entrata.
Questo sistema è quello che permette alla pastiglia di esercitare la forza richiesta per la frenata a partire da una leggera pressione esercitata dalla mano del ciclista sulla leva. Facendo sempre riferimento al modello teorico citato in precedenza e considerando un vantaggio meccanico A2/A1 di diversa intensità, possiamo prevedere la forza esercitata dalla pastiglia all’aumentare della forza impiegata dal ciclista sulla leva.
Perciò, come visto, è possibile amplificare la forza muscolare mediante questo semplice sistema meccanico. In realtà la forza che il ciclista deve esercitare è ancora minore rispetto a quella indicata nei grafici, perché la maniglia del freno rappresenta già di per sé un meccanismo che amplifica la forza di chiusura della mano.
Il martinetto idraulico, benché efficiente, non ha nulla di magico e di conseguenza deve rispondere al principio di conservazione dell’energia, ovvero l’energia non si crea e non si distrugge. In pratica questo significa che il vantaggio meccanico non viene a gratis, ma a spese della corsa c2 del pistone idraulico nelle pinze. Infatti, per l’equivalenza del lavoro compiuto dalle forze si ha che
Siccome, come detto in precedenza, A1 è più piccola di A2 si ha che la corsa del pistone che aziona le pastiglie è ridotta dello stesso fattore che moltiplica la forza in entrata. Tradotto questo significa che per muovere di una certa distanza le pastiglie affinché possano prendere contatto col disco sarà necessario garantire una corsa considerevole del pistoncino della maniglia. Inoltre, se il fluido frenante non è totalmente incomprimibile, come accade quando l’aria riesce a penetrare nel sistema frenante, parte del lavoro immesso nel sistema dalla mano del ciclista durante la frenata viene speso per comprimere le bolle d’aria e di conseguenza meno energia resta a disposizione per generare la forza della pastiglia necessaria per frenare la bicicletta.
Articolo a cura di Axel Baruscotti