Giro 26 del Gran Premio d’Italia 2021: Lewis Hamilton esce dai box appena davanti a Max Verstappen, che aveva cambiato gomme il giro prima perdendo tanti secondi a causa di un problema durante la sosta. Alla prima variante i due contendenti al titolo si toccano nel richiamo verso sinistra, con la vettura dell’olandese che finisce su quella del sette volte campione del mondo. Entrambe le monoposto finiscono la loro corsa nella ghiaia, con conseguente ritiro per entrambi.
L’incidente è avvenuto a una velocità piuttosto bassa, tuttavia avrebbe potuto avere delle brutte conseguenze se non ci fosse stato l’Halo, che ha protetto la testa di Lewis Hamilton nel momento in cui la Red Bull di Max Verstappen è salita sulla W12, colpendo il pilota inglese con la ruota posteriore destra. Senza l’Halo, sarebbe sicuramente andata peggio. In questo articolo vediamo le peculiarità dell’Halo e qual è la sua importanza per la sicurezza per le monoposto di Formula 1.
Dal punto di vista etimologico la parola inglese “halo” deriva dal greco halōs (alone, aureola). Esso rappresenta un sistema di protezione per i piloti introdotto nel 2018 dalla FIA sulle più famose auto da corsa al mondo, ma non solo: oltre alle Formula 1, a partire dallo stesso anno sono state dotate del dispositivo di protezione Halo anche le monoposto di Formula 2 e Formula E. L’utilizzo del dispositivo negli anni si è poi esteso anche alla Formula 3 (dal 2019) e alla Formula 4 (dal 2021).
È composto di cinque elementi saldati fra loro: due quarti di anello che compongono il semianello superiore, due aste laterali e una centrale direttamente collegate alla carrozzeria dell’automobile.Il peso del solo dispositivo ammonta a 9 kg non considerando tutti gli altri elementi utilizzati per il fissaggio (con i quali si raggiungono all’incirca 12 kg). Il prezzo unitario dell’Halo è di 13.000 euro stando a quanto dichiarato da una delle tre aziende produttrici, la Vsystem di Fiorano, a pochi passi da casa Ferrari.
La prima versione dell’“aureola” prevedeva un corpo in acciaio con rivestimento composito con fibre di carbonio. Quella attuale, invece, prevede l’impiego di una lega di titanio che permette di avere maggiore resistenza meccanica con un peso minore. Si tratta, in particolare, di Ti6Al4V, o lega di titanio Grado 5 secondo la denominazione ASTM. Essa è la lega più usata tra quelle di titanio, arrivando a coprire circa il 50% dell’intera produzione di questo metallo. L’industria aerospaziale ne impiega più dell’80% seguita da quella protesica, automobilistica e tecnico-sportiva. Il Ti6Al4V appartiene alla classe delle leghe alfa-beta. Questo significa che è presente sia un elemento α-stabilizzante, l’alluminio, che stabilizza, cioè, la fase alfa (struttura cristallina esagonale compatta) sia un elemento β-stabilizzante, il vanadio, che stabilizza la fase beta (struttura cubica a corpo centrato).
Dopo i tragici incidenti che coinvolsero Henry Surtees (F2, 2009, colpito da una ruota staccatasi da un’altra vettura), Jules Bianchi (Gran Premio del Giappone, 2014) e Justin Wilson (IndyCar, 2015) si manifestò la necessità di una protezione per la testa dei piloti. Ecco allora che la Fia pensò a un dispositivo di protezione per la testa dei piloti. I progetti presentati furono tre: l’Halo di Mercedes, l’Aeroscreen di Red Bull Racing e lo Shield di Ferrari.
Tra le tre proposte, quella di casa Mercedes trovò quasi immediata approvazione, nonostante diverse critiche (anche dello stesso Lewis Hamilton) soprattutto legate all’aspetto estetico. Le altre due furono scartate per problemi di visibilità, soprattutto in condizioni di pioggia. Il sistema Shield fu provato per l’unica volta da Sebastian Vettel nelle prove libere del GP di Gran Bretagna, ma il test finì dopo un solo giro. Maggiore fortuna ebbe invece l’Aeroscreen, che dal 2019 è utilizzato nella Indycar.
Il dispositivo, seppur non comporti un rischio nullo (obiettivo utopistico nel motorsport e non solo), costituisce un elemento di sicurezza non poco rilevante proteggendo il pilota da detriti, pneumatici e urti in generale. Ogni singola “barra” in lega di titanio viene sottoposta a numerosi test (distruttivi e non) al fine di verificare le specifiche imposte dalla FIA (i carichi precisi sono descritti nella grafica relativa). La stessa federazione afferma che l’Halo può sostenere il peso di due elefanti africani (in media 5,400 kg) ed è in grado di deflettere una valigia grande e piena che viaggia a una velocità di 225 km/h. Questo è permesso, come abbiamo visto, dalle caratteristiche intrinseche del materiale scelto e dai trattamenti termici a cui esso è sottoposto. Altro vantaggio, seppur secondario, è un’esperienza di guida più confortevole. La spinta, infatti, che l’aria crea e che tende a spingere il casco verso l’alto viene notevolmente ridotta.
La struttura dell’Halo comporta anche alcuni svantaggi per le performance della vettura sia dal punto di vista prettamente aerodinamico sia da quello del peso con conseguente diminuzione dell’aderenza e aumento dei consumi. Essendo, tuttavia, i dispositivi identici per tutti i piloti non sono emerse problematiche per la competizione. L’unico margine di personalizzazione per le scuderie è la possibilità di introdurre, per un massimo di 20.0 mm, una carenatura in modo da indirizzare e controllare i flussi d’aria attorno alla macchina.
Altri problemi da menzionare sono l’impatto sul campo visivo del pilota (motivo per cui il design è stato raffinato nel corso del tempo) e la maggiore difficoltà nel valutare le condizioni di pioggia in movimento in quanto questa verrebbe deflessa.
In conclusione, menzioniamo alcuni episodi in cui l’Halo ha giocato un ruolo decisivo nello scongiurare potenziali tragedie. Nel primo anno di utilizzo, il 2018, è stato fondamentale in due distinte occasioni. La prima è stata in Formula 2, nella gara 2 del GP di Spagna, con i due piloti giapponesi Fukuzumi e Makino che si sono scontrati in curva 4 (la monoposto di Fukuzumi salì sopra quella di Makino. La seconda in Formula 1: al via del GP del Belgio la McLaren di Fernando Alonso è letteralmente volata sulla Sauber di Charles Leclerc, che non riportò nessuna ferita grazie anche all’Halo.
Un altro episodio degno di rilievo avvenne nel 2019, in Formula3, ad Alex Peroni. L’incidente avvenne alla curva Parabolica, con la monoposto di Peroni che si è sollevata da terra dopo aver preso un salsicciotto posto nella via di fuga nella curva stessa. Il pilota se la cavò anche in questo caso.
Articolo a cura di Francesco De Leo