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Cambio seamless: come funziona, tecniche, vantaggi-svantaggi

Il cambio seamless, dall’inglese “senza soluzione di continuità”, fu introdotto in Moto GP per la prima volta dalla Honda nel 2012 e la sua efficacia fu tale da portare tutti gli altri costruttori ad adottare questa tecnologia. Ai tempi la soluzione era talmente segreta che la stessa Honda aveva un suo addetto alla sicurezza, oggi invece il brevetto si trova online, definito tramite un documento di 23 pagine in cui viene spiegato per intero il complesso sistema.

Con il tempo ogni team ha realizzato una propria versione del cambio seamless, dotata ognuna delle proprie particolarità, in cui l’unico elemento comune risulta essere l’utilizzo esclusivamente racing dello stesso.  A suscitare nuovamente stupore è stato però un brevetto della Ducati, il quale recita che è possibile realizzare un cambio seamless, integrato in uno tradizionale, adatto sia alla produzione di serie che alle gare. Vediamo quindi il funzionamento di tali sistemi e come la ducati ha intenzione di portarlo sulle strade.

Il funzionamento cambio seamless

Il cambio seamless rientra nella tipologia di cambi manuali detti sequenziali, ovvero in cui si può inserire un rapporto alla volta in salita o in scalata, a differenza di quanto accade con il classico cambio ad H delle auto. Un ulteriore differenza rispetto alle trasmissioni convenzionali è il fatto che quest’ultime devono inserire una marcia alla volta attraverso uno spostamento delle ruote dentate, cosa che richiede un certo tempo per il cambio. Inoltre, tale processo avviene durante l’azionamento della frizione, ovvero staccando la trasmissione di potenza dal motore alle ruote, portando ad una serie di svantaggi che andremo ad analizzare nei prossimi paragrafi.

Per quanto riguarda il cambio seamless, questo permette di passare in maniera più fluida da una marcia all’altra, senza che avvenga un’interruzione di trasmissione di potenza alle ruote, minimizzando il tempo di cambiata al solo tempo che l’elettronica impiega per gestire la deviazione del regime motore, dove si parla comunque di frazioni di secondo.

Il concetto di base del funzionamento prevede l’innesto contemporaneo di due marce, in cui però solo una trasmette la coppia alle ruote posteriori. Infatti, nel momento in cui si seleziona la marcia, l’ingranaggio non si innesta subito ma va in una modalità di preselezione fino a che non trova la sincronizzazione perfetta, il tutto mentre la precedente marcia è ancora innestata. Quindi si ha un passaggio della coppia attraverso la nuova marcia e così facendo si disinnesta la precedente.

La tecnica: il cambio Honda

Credits: Brevetto Honda – US Patent Office

Analizzando il brevetto Honda possiamo notare come tale sistema sia costituito da due alberi: uno primario in cui albero e pignoni formano un’unica parte, ed uno secondario in cui i pignoni ruotano liberamente. In ognuno di questi pignoni sull’albero secondario sono presenti quattro anelli ad innesto, che, grazie ad una serie di molle interne, permettono di bloccare il pignone sull’albero per trasmettere la coppia. Gli innesti permettono la trasmissione di coppia in un solo senso di rotazione, quindi dei quattro innesti due si bloccano sulla la marcia superiore e due sulla marcia inferiore.

Se consideriamo il caso del passaggio ad una marcia superiore, gli innesti della marcia precedente rimangono bloccati in posizione fino a che l’albero non inizia a ruotare più velocemente, portando allo sblocco degli innesti stessi. Il procedimento inverso avviene invece nel caso di scalata.

Credits: Brevetto Honda – US Patent Office

La tecnica: il cambio Ducati

Una variante più recente ed innovativa di tale sistema è quella del cambio Ducati, in cui vengono utilizzati sempre due alberi, ma in tal caso quello primario è diviso in due parti: una piena, su cui sono montati gli ingranaggi delle marce dispari ed una cava, su cui sono presenti gli ingranaggi delle marce pari. Quest’ultima parte inoltre è coassiale alla prima e ruota esternamente ad essa, oltre a poter traslare assialmente. Il funzionamento è molto simile a quello di un DCT (Dual Clutch Transmission) di Honda, con le marce dispari all’estremità più lontana dalla frizione e le marce pari montate su un manicotto che si adatta all’estremità vicino alla frizione. In tal caso però il cambio Ducati è completamente meccanico ed utilizza una frizione al posto delle due del DCT.

Credits: Brevetto Honda – US Patent Office

La frizione agisce su un mozzo di ingresso che a sua volta agisce su due cuscinetti a rulli bloccabili, uno su ciascun albero. Schiacciando la frizione vengono bloccati i rulli di un cuscinetto, mentre l’altro continua a scorrere, permettendo all’altra porzione di albero primario di ruotare liberamente.

Credits: Brevetto Honda – US Patent Office

Per fare maggiore chiarezza possiamo prendere in esame il caso della figura successiva in cui si ha il passaggio dalla 5° alla 6° marcia. In tal caso le due marcie sono contemporaneamente ingranate ed il cuscinetto in presa è quello dell’albero dei rapporti dispari (a destra). In questa condizione la velocità dell’albero ‘disparo’ è uguale a quella di ingresso mentre quella dell’albero di uscita è funzione dell’albero disparo attraverso il rapporto di trasmissione della marcia. Allo stesso tempo anche l’albero ‘pari’, essendo in presa con l’albero secondario, ruota ad una velocità che ora è funzione del rapporto di trasmissione sia della 5° che della 6° marcia. Quando la pressione esercitata dal mozzo traslerà sui rulli del cuscinetto pari, ingranando esclusivamente la 6° marcia, allora l’albero in uscita avrà una velocità che stavolta è funzione dell’albero pari (in questo caso le frecce in figura avranno verso opposto). 

Credits: Bennetts

Vantaggi e svantaggi del cambio seamless

Con i classici cambi delle moto, anche quelli dotati di quick shifter, il problema fondamentale non è tanto il tempo di cambiata, ma il fatto che, a causa della momentanea mancanza di coppia alla ruota posteriore, si abbiano dei micro trasferimenti di carico che portano a destabilizzare l’assetto della moto. A questo si va a sommare anche una maggiore usura dello pneumatico posteriore ed una maggiore tendenza all’impennata, entrambi effetti dovuti allo shift shock, ovvero ai picchi di coppia successivi alla cambiata.

Con un cambio seamless, grazie alla maggiore continuità di trasmissione della coppia, durante la cambiata la moto non si destabilizza, garantendo addirittura la possibilità di cambiare marcia in curva senza avere conseguenze negative sulla traiettoria, evitando quindi un ingresso sotto regime o in sovraccarico. Tra gli altri benefici c’è quindi la riduzione di usura dello pneumatico posteriore ed una minore tendenza ad impennare, oltre che una migliore accelerazione a seguito della riduzione del tempo di cambiata. Se invece parliamo di quanto tempo si guadagna in termini di solo tempo di cambiata, un sistema del genere permette di ridurre il tempo di 12 millisecondi, che se consideriamo in media 30 cambi marcia a giro, sono 360 millesimi, ovvero 9 secondi su 25 giri di gara.

Il problema principale di tale sistema è che, se in un classico cambio a sei marce si hanno circa 80 parti, un cambio seamless, ad esempio come quello del brevetto Honda, sembra avere circa 300 pezzi. Di questi molti presentano dimensioni ridotte e tolleranze ristrette, oltre ad essere soggetti a carichi molto elevati. Il tutto porta a costi di produzione elevati e al bisogno di una manutenzione giornaliera in pista da parte di un tecnico dedicato. Tutte problematiche che si sposano male con la produzione per ambito stradale.

Dalla Moto GP alla strada

Il brevetto Ducati, di cui è stato precedentemente spiegato il funzionamento, è stato depositato ormai nel 2020 con la chiara intenzione di portare su strada tale tipologia di cambio. Inizialmente si pensava che tale sistema sarebbe stato utilizzato sulla nuova Panigale V4, ma così non è stato. Il che fa supporre che ci sia ancora del lavoro da ultimare da parte dei tecnici di Borgo Panigale affinché sia perfezionato il tutto e si passi quindi alla sua produzione. Ciò che è sicuro è che non manca molto per vedere la prima moto stradale dotata di tale sistema.

A cura di Michele Tomaselli