Tra qualche anno, il parchimetro compirà i 90 anni dalla sua invenzione. Si tratta di uno strumento non proprio amato dagli automobilisti, anche se si è dimostrato molto utile nel corso dei decenni. Carl Magee, l’uomo a cui si attribuisce la creazione del primo parchimetro a gettoni, non aveva idea nel 1935 che il suo piccolo aggeggio avrebbe suscitato tanta agitazione nel 20° secolo. Non avrebbe mai immaginato che il parchimetro potesse causare così tanti grattacapi ai conducenti, o sarebbe apparso nelle canzoni (The Beatles – Lovely Rita) o ridotto in mille pezzi nei film (Nick mano fredda e molti altri).
Negli anni ’20, il boom economico fece sì che sempre più persone potevano permettersi un’automobile. Mentre questo fu un bene per i costruttori, l’industria automobilistica in rapida crescita causava problemi sempre più gravi alle grandi città, la maggior parte delle quali impreparate a gestire l’ondata di veicoli che di lì a pochi anni sarebbe diventata immensa.
L’Oklahoma, la città di adozione di Magee, era una di quelle città. Come ogni città, anche Oklahoma dovette affrontare problemi di congestione ed economici, entrambi causati, ironia della sorte, non dai veicoli stessi, ma dal fatto che la maggior parte di essi era parcheggiata durante il giorno.
Il fatto che le persone che lavoravano in una data zona della città lasciassero le auto parcheggiate tutto il giorno causava, per esempio, problemi ai commercianti locali. Perdevano soldi perché altri clienti, non avendo dove parcheggiare, transitavano avanti ai negozi senza fermarsi e quindi senza acquistare niente. I commercianti, quindi, chiesero aiuto a Magee, che all’epoca era il fondatore del quotidiano Oklahoma News. Sfruttando il quotidiano fondato da egli stesso, contribuì a sponsorizzare un concorso presso l’Università dell’Oklahoma, in cui agli studenti fu chiesto di sviluppare un dispositivo di cronometraggio che assegnasse una quantità di tempo prestabilita per il parcheggio.
Il risultato di questo concorso fu il Black Maria, un dispositivo basato su una macchina creata dallo stesso Magee nel 1932, costruita dall’ex laureato dell’OSU (acronimo di Oklahoma State University) Gerald A. Hale. Basata sul Black Maria, Magee brevettò la propria versione nel 1935 e, insieme a Hale, pose le basi per la Magee-Hale Park-O-Meter Company.
Nel luglio 1935, Magee venne nominato membro del comitato del traffico della Camera di commercio di Oklahoma City e la città gli chiese di sviluppare un modo per risolvere i problemi di parcheggio nel centro dell’Oklahoma. Avendo già sviluppato una soluzione del genere, il 16 luglio 1935 Magee installò il primo ciclo di produzione del dispositivo su un lato della strada nel centro di Oklahoma City.
Totalmente meccanici, i primi parchimetri erano azionati da una molla come quelle presenti negli orologi, che richiedeva un avvolgimento periodico. Facevano pagare un centesimo all’ora e venivano posizionati a intervalli di 6 metri lungo il marciapiede, negli spazi appositamente verniciati sul marciapiede.
Sin dai primi momenti, i parchimetri suscitarono polemiche. Mentre alcuni erano indignati per quella che credevano essere una tassa sulle loro auto, la maggior parte non aveva altra scelta che parcheggiare sul lato della strada che aveva i parchimetri. Il motivo era semplice: sul lato della strada su cui c’era il parchimetro potevi trovare dei posti vuoti, mentre dall’altra parte della strada, le auto erano parcheggiate tutto il giorno. Per la città i parchimetri rappresentavano un’ulteriore fonte di guadagno. Iniziò, quindi la diffusione di questi nuovi dispositivi meccanici per contare le ore di parcheggio della vettura.
Ben presto, la “febbre da parchimetro” prese piede, in gran parte a causa della città dell’Oklahoma. Orgogliosa dell’invenzione e del denaro extra generava, la città diffuse la notizia negli Stati Uniti. Altre società, come Dual Parking Meter Company, Mark-Time e Duncan-Miller, iniziarono a produrre e installare i propri dispositivi.
In poco tempo fu creata una legislazione che rafforzava il ruolo dei parchimetri. Ciò significava che chi non avesse pagato o si fosse trattenuto oltre il tempo limite riportato sul “grattino” sarebbe stato multato. Con questa soluzione, nel 1944 le città americane generavano circa 10 milioni di dollari all’anno.
Secondo alcune fonti, il primo ticker per il parcheggio emesso negli Stati Uniti fu contestato in tribunale come illegale. L’illegittimità del biglietto si basava sul fatto che, nonostante la presenza dei parchimetri, le auto erano parcheggiate su spazio pubblico e in quanto tale, appunto era pubblico. La scappatoia trovata dalla città dell’Oklahoma fu questa: un automobilista non paga per parcheggiare l’auto in un dato punto, ma per la realizzazione del parcheggio. Significa che i soldi sono stati usati per pagare lo stipendio dell’uomo che dà il ticket in primo luogo.
Indipendentemente dai dibattiti che continuavano a generarsi all’epoca, i parchimetri continuarono ad evolversi ed espandersi. All’inizio degli anni ’40, negli Stati Uniti erano in funzione più di 140.000 parchimetri. Ben presto, la maggior parte dovette essere blindata, per ridurre il rischio di vandalismo. Il passo successivo nell’evoluzione del parchimetro fu l’aggiunta di un vigile a tutti gli effetti per controllare i parchimetri. Per avere i parchimetri anche in Italia abbiamo dovuto aspettare fino alla metà degli anni Settanta.