La Seconda Guerra Mondiale è indubbiamente una delle pagine più nere della storia dell’uomo (se non la più nera in assoluto). Milioni di vite umane spezzate ed altrettanti fra invalidi, sfollati e deportati, danni incalcolabili e un clima terrore mai provato prima d’ora. Negli anni immediatamente successivi al secondo conflitto mondiale, il mondo di fatto si divise in due fazioni: da una parte Stati Uniti ed altri membri della NATO, dall’altra blocco sovietico e membri del Patto di Varsavia.
Questa netta suddivisione portò, in breve tempo, ad un un periodo di tensione geopolitica e rivalità fra i due blocchi che di fatto perdurerà fino al crollo dell’Ex Unione Sovietica nel 1991. L’appellativo di “fredda” è usato per descrivere l’effettiva mancanza di conflitto militare diretto tra le due superpotenze, anche se la rivalità era intensa e aveva conseguenze globali di vasta portata.
Uno dei tratti salienti e caratteristici di questo periodo fu una forsennata corsa a tecnologie militari, armamenti, spionaggio, progresso tecnologico e scientifico (la sfida per la conquista dello spazio su tutti). E, ovviamente, era immancabile la propaganda, in una lotta globale per l’influenza, con ciascuna parte che cercava di diffondere la propria ideologia e ottenere alleati in diverse parti del mondo. In quest’atmosfera carica di inquietudine, in entrambi gli estremi del mondo non si bada a spese per investire nelle più svariate idee. Anche apparentemente irragionevole e ai limiti della follia, che possa far prevalere uno dei due schieramenti sull’altro.
E’ proprio questo il caso del TES-3 sovietico, una centrale nucleare… cingolata! Avete letto bene, stiamo proprio parlando di veri e propri carrarmati su cui, invece dei cannoni, si innestarono degli impianti nucleari per la generazione di energia. Scopriamo dunque di più su quella che sembra una storia degna del miglior Isaac Asimov.
A partire dalla metà degli anni ’50, scienziati ed ingegneri dell’Istituto di Fisica e Ingegneria Energetica (IPPE) della città sovietica di Obninsk iniziarono ad elaborare una serie di progetti unici che serviranno da base per lo sviluppo dell’ingegneria nucleare nazionale e mondiale. In quegli anni nell’ex URSS l’approvvigionamento energetico da fonti nucleari era agli esordi. Nella città sopra citata venne infatti realizzato, nel 1954, il primo reattore nucleare utilizzato per la produzione di energia elettrica. In latere agli studi convenzionali, apparvero idee incredibilmente audaci, tra cui, in particolare, il tank TES-3. Si tratta della prima centrale nucleare mobile, diventata simbolo dell’ingegneria nucleare su piccola scala, un’impresa storica degli scienziati sovietici.
Perché diciamocelo chiaramente, il solo pensiero di realizzare una centrale nucleare in miniatura e di montarla su un cingolato è allo stesso tempo folle e rivoluzionaria. La paternità dell’idea, per la cronaca, a quanto pare è da attribuirsi al ministro sovietico per la costruzione di macchine medie Yefim Pavlovich Slavsky, dopo una visita allo stabilimento metalmeccanico Kirov di Leningrado nel 1955. A partire dall’anno seguente (coincidente col Decreto del Consiglio dei ministri dell’URSS) iniziarono gli studi di fattibilità del TES-3, e nel 1957 ecco la prima redazione di un progetto preliminare dell’impianto. Alla base del progetto, un concetto semplice e contemporaneamente geniale. Ovvero quello di rendere l’impianto di produzione elettrica semovente (da cui TES, che altro non è che l’acronimo di Transportable Electric Station).
L’idea sembrava allettante: l’impianto nucleare su cingoli avrebbe potuto raggiungere qualsiasi insediamento (anche nei luoghi più sperduti dello sconfinato territorio sovietico) per fornire l’energia richiesta. Tutto questo per il tempo necessario, per poi spostarsi altri luoghi bisognosi di fonti energetiche. Perché costruire impianti in loco in condizioni di permafrost, quando c’era un’opzione più economica e conveniente a portata di mano?
Dall’ideazione alla messa in pratica, il passo fu breve. A fine anni ’50 iniziarono i primi esperimenti del TES-3, condotti su tre strutture fisiche create in laboratorio sotto la direzione degli scienziati sovietici. Il primo assemblaggio del reattore avvenne in modo molto approssimativo e a freddo, semplicemente montandolo sulle barre di combustibile disponibili precedentemente utilizzate per AM -1 (l’abbreviazione russa AM sta per “Atom mirny”, ovvero “atomo pacifico”), la prima base nucleare realizzata per scopi civili. Il secondo e il terzo assemblaggio avvennero invece a caldo (col vero impianto TES-3) raggiungendo quasi le temperature di progetto del processo di fissione nucleare dell’uranio. Per questo scopo, l’effetto della temperatura venne imitato diluendo l’acqua con acido formico.
Poco tempo dopo, il primo tank TES-3 uscì dagli stabilimenti metallurgici Kirov di Leningrado, ma la prima stazione di lavoro iniziò a produrre energia solo nel 1961. Il tank non si presenta particolarmente aggraziato, tutt’altro. Le forme sono essenziali, la scocca metallica infatti presenta una sezione dalla forma molto squadrata con un “tetto” trapezoidale. Il TES-3 non punta sulla bellezza, diciamolo senza troppi giri di parole. Tecnicamente, invece, la musica cambia notevolmente. Grazie agli oltre 16 chilogrammi di uranio imbarcabili a bordo, il tank (pesante oltre 300 tonnellate) era in grado di generare una potenza di circa 1500 kW. Un discreto valore, considerando che si parla di oltre 60 anni fa e di una tecnologia allora ancora lontana dai rendimenti odierni. Nonostante la mole, il TES-3 dimostrò affidabilità nel funzionamento, buona controllabilità, sicurezza e manutenibilità.
Nonostante le buone premesse, a fine anni ’60 il progetto si abbandonò in quanto considerato, alla fine dei conti, antieconomico. Sebbene abbia avuto breve vita, la memorabilità del TES-3 atomico resterà ben impressa nella storia!