Il primo veicolo a guida autonoma è più vecchio di quello che pensi
Il percorso verso l’autonomia totale dei veicoli è iniziato molto tempo fa, con tentativi e prototipi che risalgono a decenni passati.
Quando si pensa alle auto a guida autonoma, la mente va subito alle più recenti innovazioni tecnologiche. L’idea di un veicolo in grado di muoversi senza conducente sembra appartenere al presente, a un’epoca in cui sensori, intelligenza artificiale e telecamere avanzate dominano il settore automobilistico. Molti farebbero risalire l’inizio della rivoluzione delle smart car a un periodo molto vicino a noi, magari intorno al 2014. Tuttavia, questa percezione rischia di sminuire un lungo percorso di innovazione iniziato molto prima.
Infatti, già nei primi anni 2000, aziende come Google e Tesla iniziavano a sperimentare seriamente con tecnologie di guida autonoma. Si trattava di progetti ambiziosi, ma ancora in fase sperimentale, limitati a pochi prototipi capaci di operare in ambienti controllati. Nonostante ciò, la vera svolta nella ricerca si ebbe ben prima, quando si iniziarono a sviluppare sistemi di assistenza alla guida, come il cruise control o i primi sensori di movimento, ormai comuni nelle auto moderne.
Il percorso verso l’autonomia totale dei veicoli, in realtà, è iniziato molto tempo fa, con tentativi e prototipi che risalgono a decenni passati. Le basi teoriche e tecniche per la guida autonoma vennero gettate nel corso del Novecento, quando le prime idee di veicoli controllati da remoto o tramite automatismi iniziarono a emergere. A quei tempi, però, era difficile immaginare che tali esperimenti avrebbero portato, un giorno, a veicoli capaci di muoversi senza l’intervento umano.
Nel corso del Novecento, soprattutto tra gli anni ’50 e ’90, si sono moltiplicati i tentativi di creare veicoli autonomi. Aziende automobilistiche e università hanno dedicato risorse e competenze alla creazione di sistemi in grado di assistere o sostituire completamente il conducente, dando vita a una serie di innovazioni che hanno posto le basi per le auto intelligenti di oggi.
Gli esperimenti del secolo scorso
L’idea di una smart car non è nuova. Già negli anni ’20 del Novecento vennero presentati i primi veicoli radiocomandati, capaci di muoversi senza un conducente fisico al volante. Un esempio famoso è la Chandler del 1925, che si muoveva per le strade di New York guidata da segnali radio. Un progresso straordinario per l’epoca, anche se limitato nelle sue capacità.
Successivamente, negli anni ’50, altre innovazioni vennero presentate, come i primi sensori di sicurezza che controllavano acceleratore e freni autonomamente. Un momento fondamentale fu l’introduzione del Firebird III, un prototipo di General Motors capace di seguire autonomamente una strada grazie a tecnologie avanzate per l’epoca, precursore del moderno cruise control.
L’evoluzione tecnologica e i primi test su strada
Negli anni ’80 e ’90, con l’avanzare della tecnologia, gli esperimenti divennero più sofisticati. Nel 1986, la Mercedes-Benz presentò il VaMors, uno dei primi veicoli a guida autonoma con un sistema di telecamere e sensori che analizzava l’ambiente circostante. Questo prototipo segnò un importante passo avanti, anche se non fu mai commercializzato.
Verso la fine degli anni ’90, anche l’Italia entrò nella scena delle auto autonome. Grazie agli sforzi dell’Università di Parma e del professor Alberto Broggi, la smart car Argo riuscì a percorrere più di 2.000 chilometri sulle strade italiane, dimostrando che la guida autonoma era ormai una realtà raggiungibile.