Alice Gilardi

Dischi freno

Dischi freno: dalla ghisa ai compositi

I dischi sono un componente fondamentale per gli omonimi impianti frenanti, detti appunto freni a disco. Questi sono composti da un disco che ruota solidale alle ruote. Al momento della frenata una pinza si stringe sui lati del disco che viene bloccato. I dischi, escludendo quelli in acciaio di applicazione motociclistica, possono essere realizzati utilizzando tre diversi materiali: la ghisa, il carboncarbon o il carbonceramico. Ogni materiale naturalmente ha caratteristiche diverse e viene scelto in base all’uso che si desidera fare dei dischi.

Dischi in ghisa: modesti ma economici

La ghisa è il materiale più utilizzato per la produzione dei dischi freno ed è stato anche il primo ad essere introdotto. Questi prodotti sono montati sulla totalità dei veicoli commerciali e su gran parte delle auto stradali. Sostanzialmente un disco viene prodotto per fusione, successiva solidificazione e verniciatura finale. L’intero processo non richiede più di un paio d’ore, elemento fondamentale per la grande produzione. I materiali prescelti sono ghise grigie lamellari che possono essere ad alto o basso tenore di carbonio.

I principali vantaggi dei dischi realizzati in ghisa sono senz’altro l’economicità e la rapidità di produzione. Inoltre il processo industriale di produzione non è particolarmente complesso. Se consideriamo un mercato legato alle normali auto stradali le prestazioni di questi componenti sono pienamente sufficienti, anche se non elevate. Particolare non trascurabile è la possibilità di utilizzare l’impianto frenante anche a freddo, senza doverlo prima portare in temperatura. Naturalmente non sono esenti da svantaggi in quanto le caratteristiche chimico-fisiche non sono delle migliori. Il disco ha tendenza a deformarsi e bassa resistenza alla corrosione. Di contro, la conducibilità termica è buona.

Composito carbon-carbon

Si tratta della prima alternativa ai dischi realizzati in ghisa ed è stato introdotto alla fine degli anni ’70. La prima applicazione è stata di tipo militare: serviva infatti per i freni dei carrelli dei jet in atterraggio. In seguito l’idea è stata estesa agli aeri di linea e solo dopo anni è approdata in ambito automobilistico con la Formula 1. Ad oggi si tratta ancora di un prodotto di nicchia utilizzato nel mondo delle corse (Formula 1, Moto GP e pochi altri).

Si tratta di un materiale composito formato da una matrice in carbonio rinforzata in fibra di carbonio. Si parte tessendo la fibra di carbonio formando un feltro a bassa densità. Per aumentare questo parametro viene immersa in una sospensione liquida di carbonio (pece). In seguito la cosiddetta “preforma” viene investita da un flusso di Metano a temperatura e pressione ben definite. Sulla superficie rimane così del carbonio amorfo che costituisce la matrice. Infine sono previsti trattamenti termici e antiossidanti.

Vantaggi e svantaggi

Il problema è che questo procedimento è molto lungo e produrre un disco di questo tipo richiede dieci mesi. Questo perché è importante evitare che il carbonio della matrice si depositi solo in superficie e non avvolga tutte le fibre. I vantaggi di questi dischi sono la sue estrema leggerezza e la bassa espansione termica. Le proprietà di questo materiale sono direzionali e il carbon-carbon può essere progettato in base alle necessità per quanto riguarda la conducibilità termica. La procedura di diverso orientamento delle fibre avviene già nel feltro tramite degli aghi e viene detta “needling“. Il coefficiente di attrito di questi dischi è molto alto, così come la resistenza alla corrosione. Tutto ciò garantisce costanza nei rendimenti ad alte prestazioni.

Purtroppo il processo di produzione è molto lungo ed elaborato e i dischi presentano notevoli problemi di usura. Il carbon-carbon infatti non è un materiale duro e va spesso sostituito. Presenta inoltre difficoltà nelle prestazioni a freddo e sul bagnato. Infatti il coefficiente di attrito scaldando i freni aumenta di cinque volte e di dieci se consideriamo la temperatura limite di frenata. Per tutti questi motivi sulle automobili stradali non è possibile adottare questa soluzione.

Composito carbon-ceramico

Viene introdotto alla fine degli anni 90 ed è un materiale composito con una matrice ceramica in carburo di silicio e un rinforzo in fibra di carbonio. Le sue applicazioni principali sono le auto stradali di lusso e/o sportive. Non viene utilizzato in ambito racing, ad esclusione di alcuni campionati monomarca. I suoi principali vantaggi sono la bassa densità e la bassa espansione termica. Il coefficiente di attrito è invece molto alto, così come la resistenza alla corrosione. Le sue prestazioni sono ottime anche a freddo, è stabile fino a 1300°C e resiste allo shock termico fino a 1700°C. Purtroppo anche in questo caso il costo è decisamente elevato e la conducibilità termica non è ottimale, seppur sufficiente.

Il processo produttivo

Mentre la matrice ceramica rappresenta la parte dura del materiale, la fibra di carbonio rende il disco molto elastico ed è distribuita in modo casuale. Essa consente alla struttura di non cedere per schianto poiché assorbe il più possibile l’energia liberata da eventuali cricche nella matrice ceramica. Il processo produttivo si compone di sette step. Viene per prima cosa realizzato un mix delle materie prime a freddo: fibra di carbonio e resina fenolica in polvere. Il tutto viene posto in uno stampo in Alluminio e pressato a caldo (150°C): intorno ai 110-120°C il materiale polimerizza. A questo punto si realizza la pirolisi: in presenza di azoto o argon viene riscaldato il disco che perde il 50% in resina come gas e il 20% in peso. Resta così il carbonio amorfo che poi formerà il carburo di silicio.

Nelle porosità appena formate infatti viene fatto penetrare del silicio fuso a 1420°C che reagisce con carbonio amorfo e si forma il carburo di silicio. La fibra di carbonio a 450°C diffonderebbe come gas: per questo è necessario applicare un trattamento antiossidante tramite un sale. Infine vengono effettuate lavorazioni meccaniche per eliminare le asperità, viene montata la campana per il montaggio e vengono effettuati i controlli.

Bosch e Tom Tom

Bosch e Tom Tom: la collaborazione vincente

Bosch e Tom Tom collaborano dal 2015 per raggiungere un obiettivo: rendere la localizzazione dei veicoli a guida autonoma più solida e più sicura. Tutto ciò con l’ausilio di una tecnologia particolare in questo settore: il radar. Grazie ad esso sarà possibile ottenere una nuova mappatura stradale compatibile con i formati elettronici già esistenti. Il tutto con una scadenza ben fissata. Entro il 2020 infatti si vedranno i primi veicoli dotati di questa tecnologia in Europa e negli Stati Uniti.

Il connubio di tecnologie

L’azienda olandese Tom Tom ha messo a disposizione le sue competenze nel campo dell’informazione su mappe e traffico. In particolare è stata utilizzata la mappa generale ad alta definizione a cui viene integrata quella con mappatura radar. Bosch è il leader di mercato nel campo dei sensori radar. I suoi dispositivi vantano una banda di frequenza di 77 GHz e 250 m di raggio di rilevamento. Questa caratteristica supera di gran lunga i 150 m di raggio massimo offerti dai sensori video.
Il punto di forza del progetto di Bosch e Tom Tom sembra essere l’affidabilità. In particolare la nuova tecnologia con segnali radar non è minimamente da mettere in confronto con la modalità finora utilizzata. Infatti l’acquisizione di dati video è molto meno precisa e necessita di condizioni ambientali ottimali. Il nuovo sistema sviluppato invece funziona in modo affidabile anche di notte o in condizioni di scarsa visibilità. Trasmette inoltre 5 kb di dati al km, una quantità doppia rispetto alle mappe con tecnologie video.

La sfida

Nonostante la grande esperienza nel campo dei sensori radar, non è semplice adattarli a questa tecnologia. Infatti sono già presenti in sistemi di assistenza come la frenata di emergenza automatica o la regolazione di velocità e distanza ma in questi casi servono per rilevare oggetti in movimento. Per poter contribuire alla mappatura stradale invece è necessario che i sensori siano in grado di rilevare oggetti statici. A questo scopo è già pronta la nuova generazione di sensori Bosch.

Come funziona

Miliardi si singoli punti contribuiscono alla mappatura stradale riflettendo i segnali radar ovunque colpiscano. In questo modo è possibile individuare e mappare oggetti come barriere di protezione o cartelli stradali. Viene infine ricostruito il percorso seguito mettendo insieme tutti i dati raccolti. In questo modo i veicoli a guida autonoma potranno conoscere la loro posizione all’interno della corsia con estrema precisione.

Le mappe che verranno prodotte saranno ovviamente ad altissima definizione e presenteranno profonde differenze rispetto a quelle attuali. La cosa che più le contraddistingue dai sistemi di navigazione attuale sarà la stratificazione su più livelli.

Il livello di localizzazione contiene la mappatura radar in aggiunta alla tradizionale video. Esso serve per stabilire l’esatta collocazione del veicolo all’interno della corsia. Le informazioni recepite dai sensori ambientali vengono sommate a quelle sulla localizzazione in modo da avere dati precisi sulla posizione reciproca degli oggetti.

Il livello di pianificazione è utile al calcolo delle traiettorie durante la guida autonoma. Contiene infatti tutte le informazioni sulla conformazione del terreno, sulla segnaletica e sul percorso. Può anche essere utilizzato per le decisioni di cambio corsia del veicolo.

L’ultimo livello è quello dinamico. In esso sono memorizzate tutte le informazioni mutevoli nel tempo ma indispensabili per la guida. Parliamo infatti di lavori in corso, traffico intenso e anche parcheggi liberi.

Naturalmente è di fondamentale importanza il costante aggiornamento della mappa, anche in tempo reale. Per questo motivo sono previste delle flotte di veicoli deputati al monitoraggio dell’ambiente e alla trasmissione dei dati acquisiti. Una volta assemblati i dati, essi devono essere trasmessi a tutti i possessori di mappe per poter essere utilizzati. Tom Tom avrà un ruolo fondamentale nell’integrazione tra le mappe stradali convenzionali e il nuovo sistema radar.

Lamborghini Huracan Performante: un’aerodinamica su misura

Presentata al salone di Ginevra 2017, è un’auto dalle caratteristiche tecniche sorprendenti. Infatti è stata progettata utilizzando materiali super leggeri e un sistema aerodinamico attivo. I risultati non tardano e la Lamborghini Huracan performante ottiene il record al Nurburgring con 6 minuti, 52 secondi e 1 centesimo! La sua velocità massima supera i 325 km/h e in soli 2,9 secondi accelera da 0 a 100 km/h. Vediamo più nel dettaglio i segreti dell’ingegneria della Lamborghini Huracan Performante.

Super leggera, super Performante

Il materiale protagonista per la carrozzeria di quest’auto è il Forged Composite. Si tratta di un materiale composito nato in casa Lamborghini che permette un risparmio complessivo di ben 40 kg! I materiali compositi sono particolari soluzioni formate dall’unione di più componenti. Uno di essi viene denominato ‘matrice’ ed è il materiale base. Esso viene poi completato con il ‘rinforzo’ in modo da prendere le caratteristiche migliori dalle due parti.

Molto spesso il rinforzo viene inserito sotto forma di fibre (il più famoso è l’acciaio rinforzato con fibra di carbonio), come in questo caso. Fibre corte di carbonio vengono unite ad una resina senza essere disposte in modo ordinato. Il risultato è un materiale con una resistenza ottimale anche se usato per realizzare geometrie complesse. Il Forged composite viene usato nella carrozzeria in unione con l’Alluminio ma anche in altri elementi dell’auto. Lo contengono lo spoiler posteriore e anteriore, il diffusore aerodinamico, il cofano del vano motore e il paraurti posteriore.

Il cuore pulsante Lamborghini

Si tratta del propulsore V10 più potente mai prodotto dalla casa costruttrice. Eroga infatti una potenza di 640 cavalli e una coppia massima di 600 Nm. La curva di coppia è stata inoltre ottimizzata in modo che il 70% di essa sia già disponibile a 1000 giri/min. Il tutto unito ad un cambio a sette rapporti con doppia frizione. Di ispirazione ‘racing’ è anche l’impianto di scarico. Il suono infatti deve ricordare il più possibile quello di un’auto da corsa e i tubi sono posizionati centralmente e in alto.

“ALA”, l’aerodinamica attiva super intelligente

Veniamo ora al pezzo forte della Lamborghini Huracan Performante: il sistema aerodinamico. Esso consente una variazione attiva del carico aerodinamico in modo da regolare deportanza e resistenza aerodinamica. La LPI (Lamborghini Piattaforma Inerziale) è collegata al sistema aerodinamico e controlla tutta l’elettronica del veicolo. In meno di 500 millisecondi può attivare o disattivare i flap, adeguando in ogni momento l’assetto alle condizioni di guida.

L’attuatore dell’ALA è posizionato nello splitter e mette in movimento i flap che si trovano sullo splitter stesso. Invece il cofano posteriore è stato progettato attorno ai condotti di areazione dello spoiler posteriore. Se ALA è in modalità OFF, i flap dello splitter restano chiusi. In questo modo il carico aerodinamico è molto elevato ed è la condizione ideale per le alte velocità in curva. Diversamente, con la modalità ON, gli stessi flap si aprono e riducono il carico aerodinamico. Il flusso d’aria viene deviato grazie alla sottoscocca e un canale interno e le condizioni sono perfette per le accelerazioni e le velocità massime. Il sistema di apertura e chiusura viene gestito da un motore elettrico.

Per quanto riguarda la parte posteriore, sono presenti quattro condotti, due dei quali sempre aperti in favore della ventilazione del vano motore e dello scarico. I restanti condotti sono collegati ai canali interni dello spoiler posteriore e il flusso d’aria al loro interno è controllato da due flap regolati elettronicamente. Se il sistema si trova in OFF, lo spoiler posteriore funziona come un normale spoiler fisso. Infatti in questa configurazione i flap sono chiusi e il carico aerodinamico verticale è elevatissimo. In caso di elevate accelerazione il sistema va in modalità ON e i flap si aprono. L’aria passa nei canali interni e la resistenza aerodinamica viene ridotta.

Ora che sicuramente vi abbiamo fatto innamorare vi sveliamo l’ultimo dettaglio: costa € 195 040,00 (tasse escluse)!

BMW i8

BMW i8: grandi prestazioni, piccolo impatto

La BMW i8 è la seconda vettura della serie i. Il progetto vuole unire la sportività alla sostenibilità ambientale passando dalla propulsione ibrida alla scelta dei materiali intelligenti.

La propulsione della BMW i8

Per la prima volta una vettura BMW monta un sistema ibrido di tipo plug-in. Quest’ultimo è abbinato ad un motore endotermico a benzina BMW TwinPower Turbo a tre cilindri. La tecnologia eDrive è implementata sul propulsore elettrico sincrono dalla potenza di 131 cavalli e coppia massima di 250 Nm. Il motore a benzina invece ha una cilindrata di 1500 cc e sviluppa una potenza di 231 cavalli.

La trasmissione è differenziata tra le ruote anteriori e posteriori. Un cambio automatico a sei rapporti si occupa delle ruote posteriori, mentre uno a due rapporti di quelle anteriori. La trazione è integrale con ripartizione di coppia dinamica. La gestione intelligente dell’energia permette di raggiungere in totale 362 cavalli e gestire tempi di tutto rispetto. Il cronometro per l’accelerazione da 0 a 100 km/h si assesta infatti sui 4,4 secondi. Grandi prestazioni abbinate a consumi da auto compatta: 1l/100km.

La modalità di guida può essere selezionata su cinque diverse opzioni in base alle proprie esigenze. La guida esclusivamente elettrica ha un’autonomia massima di 37 km e può arrivare a 120 km/h. La modalità comfort realizza un equilibrio tra il dinamismo del veicolo e la sua efficienza con un’autonomia di 600 km. La selezione sport comprende una funzione boost particolarmente performante. Infine con la modalità eco pro si può utilizzare la vettura sia con propulsione elettrica che ibrida.

Materiali a prova di ambiente

Grande attenzione è stata dedicata alla scelta di materiali a basso impatto. La corrente elettrica utilizzata per la produzione della fibra di carbonio e l’assemblaggio della vettura è stata interamente prodotta da fonti rinnovabili. I materiali riciclati sono stati lavorati tramite procedure sostenibili. La plancia portastrumenti, ad esempio, è rivestita con pelle conciata con estratti di ulivo.

Altre caratteristiche

I proiettori della BMW i8 sono full-LED così come le luci posteriori in tecnica LED. In anteprima mondiale però sono disponibili come optional i proiettori alla luce laser. La massa a vuoto della vettura è di 1485 kg e il suo baricentro molto basso, inferiore ai 460 mm.

La batteria del motore elettrico, a vettura ferma, si ricarica alla normale presa di corrente. La batteria è agli ioni di litio ad alta tensione. Durante il processo di ricarica è possibile avviare il pre-condizionamento degli interni e controllare l’andamento della batteria tramite smartphone.

Lubrificazione motore

La lubrificazione del motore

I componenti meccanici del motore tendono ad usurarsi a contatto gli uni sugli altri. Per questo motivo è necessario introdurre un mezzo tra le varia parti per limitare i danni. L’olio che scorre nell’impianto di lubrificazione ha diverse funzioni. In primo luogo deve limitare le perdite dovute all’attrito e facilitare il contatto tra i componenti.

Questo ha come conseguenza un minore rischio di grippaggio: l’incastro di più parti dovuto alla deformazione di esse provocata dalle alte temperature. Pezzi come pistoni, valvole o albero motore sono infatti già di per sé sottoposti a riscaldamento. A ciò si aggiunge il calore prodotto dall’attrito durante il movimento. Se il riscaldamento è di grossa entità e il calore non viene correttamente dissipato i materiali si possono deformare.

Ultimo ma non meno importante, un efficiente impianto di lubrificazione limita i danni prodotti dall’usura. Questo consente una manutenzione meno frequente e l’aumento della durata dei pezzi. L’olio impiegato come liquido di lubrificazione svolge anche una funzione di raffreddamento ausiliario per le parti non direttamente in contatto con l’impianto apposito. Si parla principalmente dei pistoni.

Struttura dell’impianto di lubrificazione

Un serbatoio contiene l’olio lubrificante ed è immerso al suo interno un pescante. Tramite quest’ultimo, una pompa preleva il liquido e lo immette in circolo in una tubazione provvista di filtro. L’olio percorre le zone da lubrificare e infine torna al serbatoio grazie ai condotti di ritorno. Il serbatoio si trova nella parte più bassa del motore (coppa) e l’olio vi ritorna per precipitazione. Vengono lubrificati componenti tra cui l’albero motore, i pistoni, l’albero di distribuzione, le bielle, le punterie e il turbocompressore, ove presente.

La pompa dell’olio spinge l’olio in pressione nei canali dell’impianto. La pressione, molto alta a freddo, si attesta a caldo sui 2,5 bar poiché il liquido presenta minore viscosità. La pompa viene azionata direttamente dall’albero motore tramite ingranaggi e pesca l’olio dalla parte inferiore della coppa facendolo passare in un filtro per eventuali impurità.

Il filtro può essere esterno o ad immersione. Nel primo caso si tratta di un involucro cilindrico con fori radiali di entrata e un foro centrale per l’uscita. Sono presenti due guarnizioni di gomma ad assicurare la tenuta del filtro. All’interno del filtro è presente un elemento filtrante a forma di anello realizzato con materiale fibroso. Esso è chiuso in cima da un disco di centraggio e da una guarnizione che non consente all’olio il percorso inverso.

Filtro olio
sicurAuto.it

I filtri ad immersione invece sono esterni al circuito dell’olio e sono formati dal solo elemento filtrante avvolto su un rocchetto che conferisce rigidità al filtro e trasferisce l’olio filtrato proveniente dall’esterno verso l’interno.

Metodi di lubrificazione

  • Metodo a sbattimento… l’olio raggiunge le parti da lubrificare gettato da parti in movimento. L’olio vi arriva a pressione o perché pescato dalla coppa. Un esempio è visibile nella lubrificazione dei cilindri. L’olio giunge in questo caso dalle bielle o dalle manovelle dell’albero motore.
  • Metodo a lubrificazione forzata… è basato sulla pompa dell’olio che manda in circolo il liquido tramite molti tubicini nella testata, nel monoblocco, nell’albero motore o nelle bielle. Grazie ai canalini l’olio raggiunge le zone da lubrificare.

 

Honda Civic type R 2017

Honda Civic type R: un’auto da record!

La pista del Nurburgring Nordschleife ha una nuova regina. La Honda Civic type R 2017 ha infatti infranto il record per le auto di serie a trazione anteriore con 7 minuti e 43,8 secondi. Il primato è stato migliorato di più di 3 secondi rispetto al precedente. L’auto è stata recentemente presentata al salone di Ginevra 2017 e fa parte dell’ampio programma Honda Civic di nuova generazione. L’auto sarà prodotta a Swindon (Regno Unito) e sarà disponibile in Europa a partire dalla prossima estate.

Il record è stato ottenuto durante la fase finale di collaudo sul circuito tedesco. L’auto in questione presenta le stesse caratteristiche di quella di serie. Gli pneumatici utilizzati sono da pista ma omologati per l’uso su strada. L’unica variazione è stata l’aggiunta di una gabbia di rotolamento galleggiante. Quest’ultima non ha alterato i pesi della vettura in quanto sono stati temporaneamente smontati i sedili posteriori e il sistema di infotainment.

Honda 2017
cnet.com

Le caratteristiche tecniche

Honda Civic type R 2017 monta un motore da 2 litri TURBO VTEC. Esso eroga una potenza di 320 cavalli e una coppia di 400 Nm. Rispetto al modello precedente è stata migliorata la stabilità ad alte velocità. L’auto offre il miglior equilibrio tra rotolamento e trazione all’interno della categoria. Il cambio è manuale a sei marce e i rapporti sono stati abbassati in favore dell’accelerazione. Grandi miglioramenti anche per quanto riguarda il telaio ad alta rigidità. Esso infatti risulta più leggero di ben 16 kg. Grazie a questo, la rigidità torsionale migliora del 38% e anche la reattività dello sterzo ne risente positivamente. Le sospensioni posteriori sono multi-link e riducono il rollio della vettura aumentando la stabilità.

I segreti del record Honda Civic

L’ingegnere Honda Ryuichi Kijima ha svelato il segreto del successo della Honda Civic type R. Gli pneumatici sono più larghi, così come è stata aumentata la stabilità in curva grazie alle sospensioni multi-link. Infatti è stato possibile aumentare sensibilmente la velocità di ingresso nelle curve e togliere secondi su secondi alle prestazioni.

Dodge Challenger

Dodge Challenger SRT Demon: un mostro da strada

La Dodge Challenger SRT Demon è l’ultima pazzia della casa americana. Si tratta della prima auto di serie capace di impennare partendo da ferma! Il design imponente e la presa d’aria centrale rendono l’auto impossibile da non notare. Il veicolo si pone in continuità rispetto alla precedente produzione Dodge. Esso è stato studiato appositamente per gli appassionati di drag racing.

Una tecnica sorprendente

Il motore è un V8 da 6,2 l HEMI SRT Demon sovralimentato. I numeri sono impressionanti. Infatti la potenza arriva ad 840 cavalli per 1044 Nm di coppia. In poco più di 2,3 secondi raggiunge i 100 km/h.  Il motore è stato sviluppato partendo da quello della Dodge Challenger SRT Hellcat ma presenta 25 componenti nuovi o evoluti. Si tratta di pistoni, compressore volumetrico con grado di sovralimentazione maggiorato e sistema di iniezione del carburante. Il motore viene raffreddato dalla grossa presa d’aria sul cofano, che rende il design indimenticabile. Si può utilizzare anche carburante a 100 ottani grazie alle due diversa mappature del motore.

Il veicolo è dotato del sistema Torque Reserve Launch, che ne rende incredibili le prestazioni. Infatti il sistema aumenta la pressione del compressore prima della partenza. Unito al Drag Mode delle sospensioni e al Launch control consente di aumentare l’aderenza al fondo stradale. Questo è ciò che permette di impennare e bruciare ogni record in partenza! Il Torque Reserve Launch System è anche in grado di controllare il flusso di carburante ai cilindri e decidere i tempi della combustione. Al tutto contribuisce l’elettronica che ottimizza la coppia fornita in ogni isante. Nonostante infatti l’enorme potenza che viene fornita prima della partenza, né i freni né la meccanica si devono usurare.

Ogni dettaglio è stato studiato per accontentare gli appassionati delle drag racing. Gli pneumatici sono infatti Nitto 315/40 da 18 pollici: prima volta per un’auto di serie! Essi sono stati sviluppati appositamente per la Dodge usando nuovi materiali e tecniche di costruzione. I cerchi sono realizzati in Alluminio leggerissimo. Il sistema frenante è firmato Brembo.

L’auto dei record

Come da tradizione americana, più che il tempo su pista contano le prestazioni sulle accelerazioni in rettilineo. La Dogde Challenger SRT Demon ha già infranto il record di auto stradale sul quarto di miglio, bruciato in 9,65 secondi. Anche l’accelerazione si attesta su cifre mai viste per questa tipologia. L’auto di serie è già pronta per battersi nelle competizioni!

Guida autonoma

Car-sharing a guida autonoma: il futuro è dietro l’angolo

Cosa succede quando due colossi dell’industria automobilistica tedesca decidono di collaborare? Nasce un progetto ambizioso quanto realistico che potrebbe risolvere i problemi di mobilità nelle grandi città. Il gruppo Daimler-Mercedes e Bosch hanno infatti ideato un sistema ibrido tra taxi e car-sharing per le vie urbane. La novità? I veicoli saranno a guida autonoma.

Come funziona

Negli attuali servizi di car-sharing, l’utente può prenotare la vettura e poi recarsi sul luogo per prelevarla. Il progetto di Daimler e Bosch invece prevede che sia la vettura a raggiungere direttamente il cliente. Questo ovviamente diminuirebbe sensibilmente il tempo necessario per gli spostamenti e permetterebbe migliore organizzazione. Anche i più restii ad utilizzare questo servizio potrebbero apprezzarne la comodità.

I tempi previsti da Daimler e Bosch non sforano l’inizio del prossimo decennio. Una data estremamente vicina se consideriamo l’ambizione del progetto. Le aziende hanno infatti già chiesto e ottenuto i permessi per testare il sistema. Ciò avverrà nella città di Stoccarda, in Germania. In fase di sviluppo le auto avranno a bordo un collaudatore che controllerà le mosse della guida autonoma.

Già da qualche anno molte aziende, come Google e Tesla, stanno lavorando assiduamente per la sperimentazione e la diffusione di tecnologie a guida autonoma. Questa però è la prima volta in cui il progetto non riguarda solo costose vetture ma una rete di servizi alla portata di tutti. La guida autonoma infatti presenta ancora qualche ostacolo. Primo fra tutti la necessità di adeguare auto e infrastrutture dal punto di vista della sicurezza e ottenere una rete stradale adatta. Non trascurabili sono anche le questioni legislative, affrontate solo in parte da alcuni Paesi che dovranno necessariamente elaborare delle leggi ad hoc.

Guida autonoma Tesla
assoelettrica.it

Naturalmente la diffusione su ampia scala di auto a guida autonoma porterebbe enormi vantaggi. Consentirebbe infatti la mobilità autonoma anche a persone senza patente o con difficoltà motorie. Se il progetto si espandesse in tutte le città migliorerebbero inoltre il traffico cittadino e la sicurezza stradale.

Assetto

Gli angoli delle sospensioni e l’assetto

L’assetto di un veicolo comprende tutte le regolazioni che si fanno agli angoli delle sospensioni rispetto agli assi dell’auto. Esse vengono operate in relazione alla tipologia di guida che si vuole ottenere, più o meno sportiva, e alle condizioni stradali che si devono affrontare.

In realtà il ruolo chiave è giocato dagli pneumatici. Essi rappresentano infatti l’interfaccia con il terreno e non basta avere ottime sospensioni per ottenere grandi performance. Gli pneumatici devono garantire aderenza al fondo stradale e devono consumare uniformemente il battistrada.

Gli angoli importanti da calibrare durante la regolazione dell’assetto sono quattro. Due di essi riguardano strettamente le regolazioni delle ruote nella posizione non sterzata. I restanti invece regolano la posizione dell’asse di sterzo rispetto al fondo stradale. Con asse di sterzo intendiamo la linea attorno alla quale ruotano mozzo, portamozzo, cerchio e gomma durante la fase di sterzatura.

Convergenza

L’angolo di convergenza totale è formato tra i piani di rotolamento delle ruote di un assale. Il punto di vista è quello della vettura dall’alto. L’angolo proprio di ciascuna ruota viene definito di semiconvergenza. L’angolo totale viene detto

  • positivo, se i due piani di rotolamento si incontrano anteriormente all’assale considerato
  • negativo, se i due piani di rotolamento si incontrano posteriormente all’assale considerato

La convergenza positiva assicura migliore stabilità in frenata. Aumentando considerevolmente l’angolo di convergenza di ogni ruota si giunge ad una maggiore usura dello pneumatico. Alcune vetture consentono la regolazione anche sulle ruote posteriori.

Camber o campanatura

Anche questo angolo si misura tra i piani di rotolamento delle ruote ma cambia il punto di vista. La vettura viene infatti osservata di fronte. L’angolo della singola ruota si misura tra il piano di rotolamento e la linea di mezzeria dell’auto. Il camber è

  • positivo, se i due piani di rotolamento si incontrano al di sotto del piano stradale
  • negativo, se i due piani di rotolamento si incontrano al di sopra del piano stradale

Nella maggior parte delle vetture il camber è regolato positivamente. Questi angoli servono a migliorare le prestazioni del veicolo in curva per garantire la maggiore superficie di appoggio dello pneumatico. Rendendo questo angolo più negativo si ottengono i risultati migliori. Questo perché si forma un’impronta stradale uniforme. Nonostante ciò, durante l’utilizzo su strada rettilinea lo pneumatico si usura maggiormente nella parte interna.

Schema convergenza
gommeblog.it

Come individuare l’asse di sterzo

L’asse di sterzo è una linea immaginaria che passa per le due cerniere che permettono la rotazione del portamozzo. Una unisce il portamozzo col braccetto inferiore e l’altra con quello superiore. Osservando la vettura si può notare che questa linea non è perfettamente verticale.

Incidenza o caster

Si tratta dell’angolo tra la proiezione longitudinale dell’asse di sterzo e la verticale perfetta. Nella maggior parte dei veicoli è un angolo positivo poiché assicura maggiore stabilità durante la marcia. Questo significa che la vettura viene mantenuta dritta più facilmente in caso di terreno sconnesso.

King-Pin o Offsett

Osservando la vettura frontalmente si osserva ancora una volta che l’asse di sterzo è inclinato. Anch’esso nella maggior parte dei veicoli risulta positivo. Modificare gli angoli relativi all’asse di sterzo richiederebbe di modificare lo stesso schema delle sospensioni e spostare i fulcri relativi ai portamozzi.

Un ulteriore elemento che può essere considerato nella regolazione dell’assetto è l’altezza della scocca rispetto al terreno. Modificare questo parametro, così come montare molle e ammortizzatori più rigidi, significa spesso andare a scapito del comfort. Si ottiene maggiore stabilità e migliorano le prestazioni aerodinamiche. Bisogna in ogni caso assicurarsi che non vengano modificati in modo dannoso gli angoli di camber.

Schema camber
baronerosso.it
Motore a due tempi

Honda fa marcia indietro e torna al motore due tempi

Honda è stata la pioniera del motore a quattro tempi per i suoi veicoli. Infatti è stata tra le prime case costruttrici ad adottare motori a quattro tempi per tutti suoi motocicli. Nell’estate 2015 però decide di depositare un nuovo brevetto. Si tratta sorprendentemente di un nuovo motore a due tempi.

Il motore a due tempi

Il motore a due tempi è così definito perché il suo ciclo di funzionamento prevede solo due fasi. Esse sono compressione/combustione e scarico/immissione.

Le motivazioni per cui esso sia da preferire ad un propulsore a quattro tempi sono le seguenti. Si tratta di un motore più piccolo e leggero. Per questo motivo è composto da meno pezzi e si ha minore probabilità di guasto. Allo stesso modo è più semplice da riparare. A parità di cilindrata eroga una potenza maggiore con accelerazioni e risposte più scattanti.

Nonostante ciò si tratta di un motore molto più inquinante del quattro tempi. Produce infatti molto monossido di carbonio ed emette idrocarburi incombusti in grossa quantità. Inoltre non sono da trascurare gli ingenti consumi di carburante. Per queste ragioni quasi tutti i marchi hanno abbandonato questo schema, con alcune eccezioni. In esse si sceglie di privilegiare semplicità e prestazioni. I motori a due tempi sono infatti sviluppati da Yamaha o KTM.

Il brevetto di Honda

Schema due tempi
officina23.altervista.org

Il nuovo progetto ha ancora molto di misterioso. Non si sa infatti se sarà adatto ad un’applicazione motociclistica. Si tratta di un motore dotato di un cilindro a corsa lunga. Una valvola a lamelle è posta nel basamento per regolare l’ammissione. Una valvola a farfalla posta sopra quella a lamelle regola l’entrata del flusso dell’aria. Questo motore è inoltre privo di cambio.

La caratteristica principale di questo motore è il suo sistema di iniezione diretta. Alla base del cilindro, nella luce principale, è presente un iniettore orientato in senso obliquo che si occupa dell’immissione di carburante. Un comando ad asta e bilanciere si occupa invece di gestire la fase di scarico. Esso infatti regola una valvola a fungo presente nella testata del motore. Coassiale all’albero motore si trova la camma di comando.


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