Antonello Volza

Nato ad Alberobello (BA) , laureato in Ingegneria Meccanica presso il Politecnico di Bari nel luglio 2018. Grande appassionato di tecnologia e di meccanica dei veicoli. Attualmente frequenta un corso di laurea magistrale in Ingegneria del Veicolo con specializzazione Automotive Powertrain, presso il dipartimento Enzo Ferrari dell'università di Modena. Nel 2016 entra a far parte del team Close-up Engineering come responsabile del reparto Vehicle.

Achates Power ‘Opposed’ engine: 3 cilindri 2T, 6 pistoni per un’efficienza mostruosa

Come ben sappiamo, la seconda guerra mondiale, per quanto brutale possa esser stata, ha rappresentato un grande trampolino di lancio per l’ingegneria a 360°, all’insegna de “il fine giustifica i mezzi“. Tuttavia, per una sorta di principio di sopravvivenza, gli ingegneri dell’epoca realizzarono motori con grande potenziale, in quanto dotati di tecnologie innovative, ancor’oggi studiate. Esempi possono essere i motori a compressione variabile (dal Ciclo di funzionamento Atkinson), il motore ad iniezione d’acqua (BMW M4 Gts) e il motore a pistoni opposti di cui parleremo in questo approfondimento.

La maggior parte delle invenzioni dell’epoca non aveva i mezzi e gli strumenti adatti per realizzarle e renderle una realtà possibile ed efficiente.

Come funziona questo paradosso?

achates power ignition
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Achates Power Engine, in collaborazione con Mazda, ha realizzato un motore 2,7 L essenzialmente 2T, 3 cilindri con 2 pistoni opposti a cilindro, con funzionamento affidato al ciclo Diesel e turbocompresso. Insomma, tante cose scoordinate tra loro, eppure è così. Praticamente è come se si fossero accoppiati due basamenti inferiori (ripuliti della testa) di due blocchi motore da 3 cilindri, in orizzontale.

Nel collegamento vi sarà una leggera, ma sostanziale, modifica, in modo da renderlo un motore 2T. Via le valvole, le camme e le mollette di richiamo, adesso troveremo all’interno dei cilindri delle luci di travaso (cavità) proprio come nei 2tempi.

Esse sono localizzate nell’estremità del cilindro: una per l’aspirazione dell’aria che giunge dal lato compressore del turbogruppo, una per lo scarico degli esausti.

Funzionamento:

achates power ignition
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In fase di discesa (pistoni alle estremità), l’aria turbocompressa entra dalle luci del travaso di aspirazione (come se fosse un doppia valvola di aspirazione).
Successivamente i pistoni si avvicinano tra loro andando a chiudere le luci d’aspirazione (quindi bloccando l’aria da richiamare dal canale d’aspirazione a valle del turbogruppo).

Ciò va a comprimere l’aria facendole raggiungere la temperatura di autoaccensione. Una volta raggiunta la massima pressione, gli iniettori Diesel iniettano gasolio nel cilindro, la quale innesca la combustione per l’elevata temperatura dell’aria.

Una volta che i due pistoni si allontanano tra loro e le luci di aspirazione e scarico risultano scoperte, l’aria ad alta pressione entrante, spazza fuori i gas combusti dalla sua corrispettiva luce di scarico. In questo modo è ottenuto il lavaggio.

I due alberi motore sono collegati tra loro mediante rotismi ordinari a dentatura dritta, la cui trasmissione di potenza converge verso un unico asse, quello del volano e del consueto gruppo trasmissione.

Principali vantaggi:

piston opposed
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Sicuramente questa nuova architettura, molto simile ad un motore Boxer o V180 in verticale, ha numerosi vantaggi.

  • Il primo fra tutti è l’ottimo rapporto ingombro-cilindrata.
  • Inoltre questo propulsore rispetta già le stringenti normative anti-inquinamento del 2025, che tanto preoccupano gli ingegneri motoristi.
  • Infine, non per importanza, ha un resa termica di circa 50% in più dei motori tradizionali: assolutamente incredibile.

Nella categoria mondiale Automotive, non si era mai registrato un simile valore di rendimento. Ovviamente, aspetteremo i prossimi mesi per vedere in che modo, e soprattutto, da chi verrà adottata questa tecnologia.

Tecnologia che, dopo quasi un secolo, viene vedersi applicata anche al mondo Automotive, dopo aver contribuito alla propulsione di aerei da caccia militari, sottomarini e carri armati. C’è da ricordare, tuttavia, che il primo motore a pistoni opposti (OP) fu idealizzato e brevettato a Torino nel 1858 da Barsanti e Matteucci. Esso poteva utilizzare idrogeno (anche se all’epoca era complessa la gestione dell’iniezione dell’idrogeno) o l’acetilene miscelato all’aria.

Chaparral 2j

Chaparral 2J: l’aerodinamica intelligente tra finzione e realtà

Un’aerodinamica rozza ed efficiente, con un grosso propulsore sotto scocca: così veniva definita la Chaparral 2J, un concentrato di ingegneria allo stato puro. La Chaparral era una casa automobilistica americana fondata nel 1960 dagli ex piloti Jim Hall e Hap Sharp, rimase attiva sino ai primi anni ’80 (più precisamente nel 1982). Fu un vero e proprio riferimento per la tecnica automobilistica da competizione e l’aerodinamica.

I più appassionati ricorderanno questo modello che andremo ad analizzare da un punto di vista tecnico. Parliamo di una vettura unica in tutti i sensi.

Guardando in avanti:

chaparral 2h
ruoteclassiche.quattroruote.it

L’ottica dei progettisti Chaparral era quello di anticipare le concorrenti. Mentre a Le Mans vincevano le Ferrari P1,2,3 e le ford GT40 grazie anche ad un’evoluta aerodinamica basata su appendici, ali posteriori e prese NACA, la Chaparral e la Lotus di Colin Chapman studiavano nuove soluzioni innovative svincolate dalle ali.

Nel precedente articolo sull’effetto suolo ho trattato l’importanza di una buona progettazione del corpo vettura in tutte le sue parti, specialmente quella del sottoscocca. Non bastava solo diminuire il più possibile il valore di Drag della vettura, per guadagnare secondi preziosi in zone rettilinee; ma a livello di competizioni era necessario integrare tale valore a quello di Lift (deportanza, dal gergo tecnico convenzionale anglosassone). Per aumentare lo schiacciamento del veicolo al suolo, ci si rese conto del forte effetto benefico realizzato dal sottoscocca. Come potrete benissimo leggere nell’articolo precedentemente linkato, l’effetto Venturi realizzato nella gola (in questo caso, il restringimento del canalone sottostante il corpo vettura) genera una forte depressione che aumenta la Downforce diretta verso il basso. Questa spinta è ottenuta con una legge che aumenta col quadrato della velocità dell’aria relativa al mezzo, pertanto l’effetto benefico ha maggior consistenza proprio alle alte velocità.

Da quì la brillante idea degli ingegneri: realizzare un sistema non-naturale per la creazione dell’effetto suolo.

Sviluppo della tecnologia:

Chaparral-2J
meccanicadelveicolo.com

Gli ingegneri, essenzialmente, puntavano a modellare il corpo vettura della 2J, eliminando tutti gli elementi di disturbo (ala posteriore, anteriore, appendici varie,…) per il flusso d’aria. Snellendo la carrozzeria e chiudendola in un mega blocco sigillato, si credeva di ottenere un’ottima penetrabilità della vettura nell’aria. E per la deportanza? Semplice, il loro vero marchio di fabbrica, che rese famosa la 2J in tutto il mondo.

Montarono due ventoloni da 43 cm ciascuna sul retro vettura, comandate da un piccolo motore 2 tempi indipendente da 55 CV. Queste due ventolone, come una vera e propria aspirapolvere domestica, aspiravano aria dal fondo vettura e la soffiavano via dal retro. L’aspirazione dell’aria crea una zona a bassa pressione che aumenta, seppur in modo artificiale, la deportanza. Lo schiacciamento portava ad una riduzione dell’altezza dal suolo, per questo motivo vennero adottate minigonne in plastica. Unendo quest’ultime alla regolazione idraulica dell’assetto, si manteneva sempre la stessa h ottimale di altezza dal suolo di circa 1 pollice ( 2.54 cm).

La propulsione era affidata ad un imponente V8 Chevy in alluminio da 700 CV. La scelta dell’alluminio rispetto all’acciaio non era casuale. Si volle bilanciare il peso della vettura nel miglior modo possibile, essendoci un elemento aggiuntivo (motore+ventole) nel retrotreno.

La grandiosità di queste ventole?

Essenzialmente, a differenza di un sottoscocca ben progettato, la 2J era in grado di schiacciare al suolo la vettura anche da ferma. Appare chiaro, quindi, che a differenza di tutta l’aerodinamica affrontata finora, l’effetto deportante, in questo caso, è svincolato dalla velocità (quadrato della velocità) dell’aria.

Non a caso nella stagione 1970 della Can Am, riuscì a demolire la concorrenza sul giro nell’ordine di secondi. Tuttavia, l’elevata difficoltà da un punto di vista organico di conciliare il doppio motore, portò a numerosi guasti tecnici.

La stagione successiva bandì definitivamente la 2J per due motivi:

  • Proteste accese della Mclaren (che dominava letteralmente il campionato in quei anni);
  • motivi di sicurezza: in quanto molti piloti lamentavano il fatto che in alcuni circuiti, guidando in scia alla 2J, si veniva investiti da polvere e detriti che venivano letteralmente sparati fuori dalle ventole.
Brabham-BT46B
meccanicadelveicolo.com

Non fu l’unica. Anche Brabham si rese conto dell’innovazione e montò una tecnologia analoga sulla sua famosissima BT46B nel campionato formula1. Inutile dire che venne bandita non appena vinse il gran premio successivo (Svezia 1978).

L’aerodinamica del sottoscocca: L’effetto suolo e il Diffusore

Dopo aver analizzato l’effetto aerodinamico garantito dalla parte anteriore e posteriore del corpo vettura, è arrivata l’ora di affrontare uno degli effetti aerodinamici più trascurati di sempre. Per effetto suolo si intende l’interferenza di natura aerodinamica per l’aria che passa attraverso l’auto e l’asfalto. In funzione dell’ingombro geometrico del sottoscocca, si possono ottenere effetti più o meno benefici per l’aumento di Lift (intesa come deportanza, in convenzione anglosassone).

Andiamo a studiare meglio quelli che sono i principi fisici alla base di questo fenomeno, in riferimento a quelle che sono le principali leggi della fluidodinamica.

Drag or Lift?

Un sottoscocca convenzionale è caratterizzato da una geometria non perfettamente regolare, in quanto vi sono numerosi elementi, definiti di disturbo, come: sistema di scarico, sospensioni, serbatoio, gruppo trasmissione (specialmente in trazioni integrali 4×4) e così via. E’ facile giungere alla conclusione che nel sottoscocca si realizzi un aumento di Drag, tuttavia non è sempre così. In proporzione a quanta massa d’aria transita al secondo in prossimità della sezione frontale del sottoscocca, si ha un più o meno grande valore di Lift.

Generalmente il contributo aerodinamico è trascurato se parliamo di vetture con altezza da suolo elevata. Il sottoscocca non solo gestisce l’efficienza aerodinamica, regola e migliora l’handling stradale della vettura ad alte velocità.

L’obiettivo dei costruttori è quello di rendere il sottoscocca più piatto possibile, integrando in esso tutti gli elementi di disturbo. Ovviamente si raggiungerebbe un ottimo compromesso tra Lift e Drag.

Obiettivi:

L’obiettivo è quello di ottenere una forte deportanza in prossimità del fondo vettura che aumenta la downforce e lo schiacciamento a terra. La zona di prossimità è il diffusore o estrattore, chiamato così proprio per la sua funzione. Procediamo per gradi definendo un modello fisico matematico che riassuma in modo abbastanza qualitativo il caso reale. Tutti sappiamo cos’è un tubo di Venturi, vero? In caso contrario, date un’occhiata a questo mio articolo: Venturi.

Effetto venturi
autosupermarket.it

Molto brevemente, in prossimità della sezione di gola (restringimento) si ottiene una diminuzione di pressione, con conseguente accelerazione del flusso. Questa forte accelerazione nel caso applicativo (sottoscocca) deve essere mantenuta sotto controllo per evitare un brusco distacco di vena fluida in prossimità del diffusore: dannosissima da un punto di vista aerodinamico. Ecco il perché del diffusore; con la sua forma divergente si occupa di ripristinare il valore di pressione, andando a recuperare più energia di pressione possibile.

L’abbassamento locale di pressione crea una zona a forte depressione, la quale unita a quella ad alta pressione (o pressione indisturbata) sulla zona superiore del veicolo. realizzerebbero un forte effetto deportante. Appare logico che maggiore sarà la dimensione di tale sezione di gola, maggiore sarà la zona in depressione; non a caso, il venturi in questo caso è allungato. Ovviamente per quanto i progettisti potranno essere bravi, ci sarà sempre una quota d’aria a pressione maggiore di quella relativa al fondo piatto, spingendo aria al suo interno e abbassando localmente l’effetto deportante. Inoltre la presenza di vortici indotti dall’ala anteriore di una vettura di formula 1 e localizzati in determinati punti in modo da schermare la zona del fondo piatto (tra fondo e suolo) è utile per ridurre questi trafilamenti d’aria, che, in generale abbassano l’efficienza deportante.

Effetto suolo
cadamurodesign.it

Diffusore?

Anche nel diffusore si realizza un effetto deportante, in quanto a valle dello stesso la pressione risulta essere poco inferiore a quella che governa l’esterno (pressione ambiente). Per far si che si eviti il cosiddetto distacco di vena nel sottoscocca, bisogna progettare opportunamente il diffusore: il cui angolo limite è circa 10-11°. Tutto ciò per ripristinare il valore di pressione dell’aria, subito pronta per essere scaricata all’esterno (a valle della coda del corpo vettura).
La zona a valle della vettura è caratterizzata da vortici assiali consistenti e a bassa pressione i quali vanno a richiamare parte di quest’aria in uscita dal diffusore (e parte dei gas di scarico dall’apposito impianto). L’aria viene quasi estratta, da qui il nome estrattore. Inoltre riducendo le dimensioni della scia, si riduce anche la resistenza del veicolo (D, Drag) per questioni che non tratteremo in quest’articolo.

Il video qui sotto sembra banale, ma non lo è. Consiglio a tutti di dare un’occhiata per renderci conto dell’effetto suolo approcciando un test in scala (su modellini). Questa, in condizioni controllate, è una pratica molto comune nei test.

Una volta raggiunto l’effetto benefico deportante, è ora quindi di ripristinare il valore di energia di pressione, recuperando quella cinetica nel diffusore. Andremo a considerare in fase di progettazione una sorta di canalone lungo cui è possibile, localmente, applicare il principio di Bernoulli. Successivamente si passa alla simulazione CFD e infine in galleria del vento.

Progettazione:

Per stabilire l’altezza dal suolo ottimale, potremmo ricorrere a Bernoulli, che risulta essere, purtroppo, piuttosto restrittivo per le numerose ipotesi di cui ha bisogno per essere applicato. Pertanto, è impossibile stabilire in modo univoco quale sia questo valore h di altezza ottimale dal suolo. L’unica via è quella empirica.

I dati sperimentali dimostrano come, al di sotto di un certo valore limite ( circa 40 mm), le forze viscose d’attrito delle pareti del canalone ( suolo e sottoscocca) diventano predominanti, abbassando il valore locale della derivata dell’energia totale del fluido (da Bernoulli generalizzato) e di conseguenza, riducendo l’effetto deportante. La diminuzione di velocità necessita di una ri-energizzazione per far si che si eviti il distacco della vena fluida. Per questo motivo, generalmente, un diffusore è definito da paratie laterali. Perché?

CFD diffusor
frautotecnica.blogspot.com

Si migliora il contenimento del flusso d’aria, che evita di disperdersi con vortici continui che ostacolano il flusso in arrivo in prossimità del diffusore stesso.
Il tutto recomprimendo l’aria, ri-energizzandola e lanciandola lontana dal campo di pressione della coda, in modo da scaricarsi in aria.

Senza il diffusore si potrebbero creare gradienti di pressione a verso sfavorevoli (negativi) troppo bruschi e quindi separazione, mandando all’aria tutta la “teoria” precedentemente vista.

Più è limitata l’altezza h, più la zona di depressione si sposterà verso l’assale posteriore. Pertanto l’eccessivo schiacciamento posteriore della vettura, senza un bilanciamento ottimale delle masse, potrebbe portare in fase di rilascio del gas in curva ad una dinamica sottosterzante: cioè che tende ad allargare la traiettoria. Il tutto è accentuato in modo proporzionale alla velocità.

Angoli di ingresso e uscita:

Un angolo maggiore del diffusore garantisce ingombri minori, tuttavia crea un aumento troppo repentino e pericoloso della pressione. Allo stesso modo anche l’ingresso frontale deve essere proporzionato.
Un valore eccessivamente alto aumenterebbe l’effetto Venturi e la compressione nella gola, tuttavia si registrerebbe un aumento delle forze viscose e un flusso non più completamente laminare.

  • Nella zona di ingresso c’è un forte gradiente di pressione favorevole che permette alla progettazione di spingersi fino ai 20° per l’angolo di ingresso della gola.
  • Ciò non avviene nel posteriore, infatti col diffusore l’angolo può essere al limite di 5-10°. Il motivo? Essenzialmente perché c’è un fattore limitante che è il gradiente sfavorevole a verso tra monte e valle diffusore.

Non solo l’ingresso, ma anche i lati con le cosiddette minigonne, necessitano di un’accurata fase di progettazione, in quanto l’elevata depressione nel sottoscocca potrebbe richiamare altra aria dall’esterno. L’uso di quest’ultime limita il trafilamento/deflusso di aria verso il sottoscocca.

effetto suolo
racingcardynamics.com

Ed ecco l’elemento di giunzione dell’intera aerodinamica. Anteriore, spoiler, appendici, flap, endplates sono progettate per lavorare in simbiosi tra loro. Facendo defluire sulle pance della vettura l’aria, al di sopra degli pneumatici, nel sottoscocca integrandolo con ala posteriore e diffusore, si ottengono efficienze aerodinamiche incredibili: basti osservare l’intera struttura di una monoposto.

Con gli altri articoli che potrete trovare sul mio profilo autore, cliccando sul mio nome, sarà curioso d’ora in poi osservare una vettura e ritrovare in essa tutti questi piccoli e grandi accorgimenti aerodinamici. In molti casi, senza una buona base di tecnica automobilistica, è quasi impossibile accorgersene e accorgersi dell’alta funzionalità di tali accorgimenti.

 


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