Auto camuffate: nascondere i segreti del progetto con il camouflage

Auto camuffate: nascondere i segreti del progetto con il camouflage

Il camouflage di una BMW

Per strada vi sarà sicuramente capitato di vedere almeno una volta un’auto colorata in maniera un po’ “stramba”, pensando magari, non sapendo cosa ci fosse dietro, che si trattasse di qualche verniciatura particolare, tipo le colorazioni mimetiche che si vedono su alcune auto particolarmente costose. Non si tratta di niente di tutto ciò: è semplicemente una tecnica ben studiata per testare auto, o componenti meccanici particolari, nascondendo le novità agli occhi pubblici. Spesso queste auto presentano anche delle targhe diverse da quelle usate di solito sugli autoveicoli, utilizzandone alcune molto più piccole, le cosiddette targhe di prova.  Il mondo dell’automotive ha da sempre catturato particolare interesse su di sé. Su diversi siti e giornali di auto, infatti, vengono pubblicate le foto spia scattate da appositi fotografi assunti con lo specifico ruolo di catturare prototipi con le quali si tenta di anticipare e prevedere le novità di un nuovo modello mentre quest’ultimo viene collaudato su strade pubbliche. Tutto ciò, però, va in netto contrasto con i principi di segretezza legati alle case automobilistiche. Questa doppia necessità, dunque, porta all’utilizzo del camouflage. Dietro lo sviluppo delle carrozzerie che fungono da camuffature c’è il lavoro di numerosi ingegneri che collaborano con chi ha progettato il modello vero e proprio di automobile.

Camouflage: il caso Ford nel 2015

I primissimi test, sono effettuati utilizzando carrozzerie di altre auto prese in “prestito” e sono i cosiddetti muletti. Certe volte vengono utilizzate le nuove carrozzerie per i test, ma queste ultime sono accuratamente ricoperte con apposite plastiche dure e schiume. Tuttavia, quando è necessario effettuare test aerodinamici nell’utilizzo quotidiano nelle condizioni più reali possibili, può essere utile utilizzare direttamente la tecnica del camouflage per ingannare non solo gli occhi, ma anche gli obbiettivi fotografici degli “spotter” e i software.

Nel 2015 si verificò una vicenda particolare che vide protagonista la Ford con i test della Mustang che avrebbe sostituito la versione che in quel momento era in commercio. L’ex responsabile Ford Performance dovette fornire spiegazioni in quanto un fotografo riuscì a beccare la versione definitiva della Mustang durante dei test in pista. Le foto finirono in rete ancora prima della presentazione ufficiale, e successe il putiferio nell’azienda. A causa di una soffiata relativa ai test su circuito, un fotografo si era nascosto dal giorno prima all’interno di un cespuglio. Proprio per motivi come questo appena citato, negli anni lo sviluppo del camouflage si è intensificato, al punto che quest’ultimo viene applicato ancora prima di far uscire l’auto dalla fabbrica, durante la fase di realizzazione del prototipo.

Sul sito di Quattroruote è riportata un’altra vicenda, che non ha fatto clamore mediatico, ma che è stata raccontata dalla redazione stessa. Un loro fotografo, molti anni fa, si era appostato su un albero, e si era nascosto talmente bene che i vigilanti di guardia non si erano accorti della sua presenza, ma lui vedeva tutto. Un’auto semicamuffata fu mandata in pista nelle ore notturne e il fotografo non perse occasione per scattare la foto, ma qualcosa andò “storto”. Qualche istante dopo aver premuto il tasto per scattare la foto, l’auto rispose con un flash. Dopo un po’ di tempo, però, il giornalista capì la soluzione adottata dai tecnici dell’epoca: in pratica il tetto venne rivestito di una cellula che azionava un flash. La cellula si sarebbe attivata tempestivamente poco dopo aver rilevato un flash (quest’ultimo dovuto alla macchina fotografica). La risposta del flash dovuto alla macchina con un altro flash dovuto al sensore, di fatto, annullava l’effetto della prima, rendendo la foto inutile.