cambio manuale

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L’accelerazione di un mezzo avviene se, in ogni istante, la coppia prodotta dal motore supera quella resistente delle ruote, che dipende da fattori di carico, attrito e resistenza aerodinamica che sono variabili nel tempo. Per questo motivo non è conveniente collegare direttamente il motore ad un albero che muova le ruote: non è possibile trovare un rapporto di accoppiamento ottimale in ogni situazione.

Nasce quindi il cambio di velocità: un dispositivo che permette di scegliere tra più rapporti di trasmissione del moto alle ruote e quindi di variare, a parità di giri del motore, i giri al minuto compiuti dalle ruote. È possibile demoltiplicare il rapporto di trasmissione (ridurre i giri delle ruote) in situazioni di carico o partenza che richiedono basse velocità e permettono al motore di muovere le ruote con poco sforzo. Mentre in condizioni più stabili ad alta velocità occorre meno potenza per muovere il veicolo che si trova già in movimento ed è quindi possibile diminuire la demoltiplicazione e avvicinare i giri delle ruote a quelli del motore.

Il cambio è costituito da una scatola in alluminio contenente olio lubrificante e due alberi in acciaio: un albero primario che si infila nel mozzo del disco frizione per una estremità e un albero secondario che, uscendo dal cambio, si collega al resto della trasmissione. Sull’albero primario si trovano degli ingranaggi fissi che trasmettono il moto dalla frizione, mentre sull’albero secondario ci sono ingranaggi mobili che possono scorrere per calettarsi con quelli dell’albero primario. L’accoppiamento tra due ingranaggi si chiama marcia o rapporto.

Nei primi modelli di cambio, detti non sincronizzati, l’innesto era comandato da leve provviste di una forcella che si infilava lateralmente nell’ingranaggio, dove si trovava il selettore, un anello sagomato in modo da lasciarsi circondare dai denti della forcella. La leva azionata agiva in modo da spostare l’ingranaggio sull’albero secondario fino ad accoppiarlo con quello sull’albero primario. Gli ingranaggi presentavano denti dritti e il meccanismo di cambiata era azionato dalla leva del cambio, era anche possibile non calettare nessun ingranaggio e lasciare l’auto in folle.

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Il problema principale di questo sistema è che, se al momento della cambiata, il numero di giri dell’albero primario differisce da quello dell’albero secondario l’ingranaggio mobile fatica ad ingranare e il cambio gratta provocando alla lunga usura. Per questo motivo nasce il moderno cambio sincronizzato, adottato per la prima volta dalla Cadillac nel 1929. In questo modello gli ingranaggi dell’albero secondario sono montati su cuscinetti e calettati in modo permanente in quelli dell’albero primario, ma se non vengono utilizzati girano a vuoto come se il cambio fosse in folle e non trasmettono moto all’albero. Gli ingranaggi sono a denti elicoidali per ridurre la rumorosità e renderne più stabile la rotazione. Ogni rapporto viene ingranato tramite un sincronizzatore in bronzo o lega di acciaio: esso è formato da due anelli concentrici montati sull’albero secondario, il più esterno dei quali si chiama manicotto d’innesto e prevede un settore dentato laterale che ingrana in un altro settore dentato sul lato dell’ingranaggio corrispondente. L’anello esterno del sincronizzatore è calettato nell’anello interno, che a sua volta è calettato nell’albero secondario in modo da far scorrere il dispositivo assialmente.

Il sincronizzatore viene azionato da una forcella che comanda due marce, quindi viene usato un meccanismo unico per due ingranaggi. La forcella, al momento di inserire la marcia, aggancia l’anello esterno e avvicina il sincronizzatore all’ingranaggio per far compenetrare i settori dentati: il moto si trasmette per attrito dal sincronizzatore all’ingranaggio.

Un discorso a parte va fatto sulla retromarcia, solitamente realizzata ad una sola velocità e molto bassa per ragioni di sicurezza. Tra i due ingranaggi responsabili della demoltiplicazione ne viene inserito un terzo per invertire la direzione di movimento ed essi vengono congiunti solo al momento di inserire la marcia tramite un pignone avvicinato da apposita leva. La retromarcia normalmente non è un rapporto sincronizzato perché la si ingrana a veicolo fermo e non è necessario un sincronizzatore: per questo motivo se inserita in movimento fa grattare il cambio. Inoltre i denti degli ingranaggi sono dritti come nei vecchi cambi e per questo motivo quando si procede a marcia indietro si sente un rumore diverso e più forte.

Il cambio permette di sfruttare pienamente le caratteristiche del veicolo anche per quanto riguarda l’alimentazione: i rapporti di un veicolo diesel ad esempio tendono ad essere allungati perché i suddetti motori girano a regimi massimi più bassi di quelli a benzina. In linea teorica, più rapporti ci sono più è facile sfruttare le caratteristiche del motore, ma va anche specificato che un cambio a elevato numero di rapporti è molto costoso, ingombrante e pesante: bisogna trovare il giusto compromesso tra prestazioni, costo e fruibilità.

Infine esistono diverse tipologie di cambio: manuale, semiautomatico o automatico.