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    Automotive, Top of the Flop: Quando “non tutte le ciambelle riescono col buco”, Pt.2

    Siamo giunti nella seconda e ultima parte del nostro approfondimento legato ai migliori Flop nello scenario Automotive. Nella prima parte  dell’approfondimento abbiamo parlato di: Portelloni scorrevoli elettrici, sistema ProCon Ten, propulsore automobilistico a 2T, l’uso del tanto discusso GPL in fase liquida e last but not least, il sistema Brake-by-Wire. Continuiamo l’approfondimento ricordando che questi flop sono ricavati da statistiche di mercato e valutazioni/recensioni dell’argomento.

    Compressore Brown-Boveri:

    comprex
    dotcar.it

    Il Compressore Comprex brevettato da Brown-Boveri negli anni ’80 proponeva una nuova tipologia di compressore in grado di unire i vantaggi delle due principali soluzioni: Volumetrico e centrifugo.

    Esso consiste in una girante cilindrica, le cui lamelle, assieme alla cassa del compressore, realizzano tanti piccoli condotti di diametro via via differente. La girante è azionata dall’albero motore mediante un sistema di trasmissione a catena o cinghia. La particolarità è che a differenza di un classico turbogruppo abbiamo i due fluidi (caldi di scarico e freddi di ingresso) a contatto tra loro.
    Questi piccoli condotti hanno da un lato l’ingresso dell’aria (comburente) e dall’altra parte quella dei gas di scarico. La diretta interazione tra i due fluidi era la chiave: le onde di pressione (alta pressione) dei gas di scarico erano in grado di comprimere l’aria in ingresso. Infine, la rotazione della girante permette ai due fluidi di fuoriuscire attraverso delle luci di scarico e di aspirazione.

    Il sistema così facendo non aveva i ritardi dovuti all’inerzia di rotazione della girante (come un turbocompressore centrifugo) e non assorbiva potenza (lavoro utile) dal motore (come un compressore volumetrico).

    Perfetto, no? Peccato che il rendimento termico del compressore era molto più basso di quello aspettato. La progettazione termica e dei materiali non era semplice e immediata; della stessa lamella ci sono due lati che lavorano con un gradiente termico elevato, molto pericoloso a livello di stress termico ed efficienza. Infine, i costi non giustificavano la tecnologia: fu abbandonata.

    Griglia catalizzante:

    PremAir
    automotive.basf.com

    Nella fiorente primavera del 1999, Volvo introdusse un particolare optional per la sua S80: PremAir.

    Parliamo di un’innovazione molto interessante: Una grigia posta sul muso anteriore, in grado di purificare l’aria che investe la sezione anteriore del veicolo stesso. La purificazione consiste nel riuscire a convertire, mediante un catalizzatore, circa il 75% di ozono in ossigeno. I vantaggi sono legati al maggior rendimento energetico del propulsore, in quanto si ha a che fare con una carica fresca più pura e ricca di ossigeno; per non parlare delle emissioni.

    Volvo credeva che fosse l’inizio di una nuova era per le emissioni: non fu così. L’optional (abbastanza costoso) fu snobbato da tutta la clientela Volvo. E come se non bastasse, la Engelhard, che dotava la Volvo della tecnologia PremAir, si vide contestare il brevetto da un’azienda italiana.

    Wankel, eterno ritorno?

    Wankel
    vehicle.closeupengineering.it

    Il propulsore rotativo Wankel è uno dei motori più discussi degli ultimi 50 anni. Esso propone una soluzione alternativa al classico motore a pistoni. In un altro approfondimento abbiamo parlato a lungo di questo tema: Wankel.

    Inizialmente fu montato su NSU Ro80 e Wankel Spider.Tuttavia gli elevati costi di produzione, i continui trattamenti per fatica superficiale e usura di cui necessitavano i materiali, gli elevati consumi e l’elevato tasso di idrocarburi incombusti in camera, portarono al definitivo abbandono del Wankel.

    Anni dopo ci ha riprovato Mazda, migliorando la tecnologia e montandola sulla sua RX7/RX8 fino al 2011.
    Adesso si parla di un possibile ritorno, sempre in Mazda, entro il 2019/2020: questa volta in soluzione Hybrid, vale a dire, abbinato ad un motore elettrico. Che sia la volta buona?

    Potete approfondire l’argomento in un altro mio articolo: Wankel, glorioso ritorno?

    Auto a Idrogeno: fiaba o realtà?

    hydrogen cars
    hydrogenhorizon.org

    L’idea di utilizzare idrogeno come carburante della miscela di combustione è nota a tutti. I vantaggi legati alle emissioni, minori residui di combustione ed efficienza hanno portato BMW (con la sua Serie7 Hydrogen), Mazda e Quora ad interessarsene.

    Bassa efficienza effettivamente registrata, costi di produzione e manutenzione eccessivamente alti, per non parlare degli elevati problemi legati allo stoccaggio del carburante hanno portato l’idea ad essere abbandonata.

    L’idrogeno viene principalmente utilizzato come combustibile per le fuel cell.

    5 porte x 6 sedili?

    Fiat multipla
    pinterest.com

    Nel 1998 Fiat escogita una nuova disposizione per i passeggeri: abbiamo visto negli anni numerose formule come il 5+2 ottenuto in svariati modi.

    Fiat Multipla pensa al 3+3; esattamente una 6 posti come le vecchie utilitarie/familiari americane. L’idea era ed è pratica e piena di vantaggi, sei posti e compattezza longitudinale.

    Tuttavia, l’aspetto estetico ha totalmente distrutto l’idea geniale dei progettisti Fiat.
    La disposizione 3+3 è stata ripresa dalla Honda FR-V senza particolare successo.

    Delorean
    vehicle.closeupengineering.it

    Potremmo elencare una serie di vetture che hanno floppato nel mercato mondiale, tuttavia non è questo l’argomento di interesse. Vorrei ricordare soltanto uno dei più grossi Flop automobilistici: la DMC Delorean.

    E’ così difficile associare la parola Flop ad una delle icone mondiali degli anni 80/90 (e non solo). Scopritela assieme a noi con questo mio approfondimento legato alla Delorean e al suo possibile ritorno.

    Sospensione assale

    Sospensione ad Assale Torcente: A metà strada tra l’Interconnessione Dipendente & Indipendente

    La tecnologia in questione non è di certo una delle più recenti: Tant’è che l’assale a ponte torcente può considerarsi uno dei veri e propri cavalli di battaglia della tecnica costruttiva di Wolkswagen e Fiat degli anni ’70/’80. Precisamente nacque sui modelli Fiat Uno, dotata dello storico propulsore Fire e Volkswagen Golf; per poi diffondersi sulla maggior parte delle vetture di piccola-media cilindrata a trazione anteriore. Parliamo di autovetture di un certo livello, come: la Renault 5 GT Turbo, la Peugeot 205 GTI, la Peugeot 106 Rally. Una volta capito il “Quando” di questa tecnologia, passiamo a valutarne le ragioni.

    Nel mondo dei veicoli e non solo, si cerca sempre una soluzione ibrida: vale a dire a metà strada tra due tipologie differenti, al fine di unire più aspetti positivi possibili. L’assale torcente è di per sé una soluzione con ruote ad interconnessione dipendente. Tuttavia, la deformazione torsionale di un materiale ad alto carico deformativo definiscono un certo grado di libertà e indipendenza tra le due ruote al posteriore.

    Com’è fatto?

    Assale a ponte torcente
    giornalemotori.com

    Essenzialmente la struttura è quella di una sospensione ad assale rigido: Due bracci al posteriore longitudinali alla vettura, collegati al telaio della stessa. Un bel portamozzo rigido per vincolare i due bracci alla trave (chiamata talvolta traversa) torcente, cioè dotata di un certo grado di libertà, a livello di rotazione attorno al suo stesso asse.

    Il collegamento della struttura assale con la carrozzeria/abitacolo è garantita dai soliti elementi elasto-smorzanti: sospensioni con ammortizzatori, molle elicoidali (a spirale) cilindretto e stantuffo oleodinamico/pneumatico ad azionamento idraulico/meccanico/elettronico.

    In comune col ponte rigido ha la caratteristica di mantenere, in qualsiasi condizione di funzionamento, le ruote sempre perpendicolari al terreno.
    Come si comporta in curva? Decisamente bene! La resistenza che la struttura (e di conseguenza la vettura) garantisce alle forze trasversali, che tendono a portare all’esterno il veicolo durante una curva, sono abbastanza elevate.

    Come funzionano?

    Quando il manto stradale definisce due differenti tipi di sollecitazione, a livello delle due ruote, i due bracci rispondono in maniera differente.(come ovvio che sia).

    Ciò porta in sollecitazione la trave di collegamento, la quale garantisce una torsione, e quindi una risposta alla sollecitazione, indipendente tra le due ruote.

    ponte di torsione
    giornalemotori.com

    Un’altra soluzione?

    Fiat Coupè ponte torcente
    Fiat Coupè, giornalemotori.com, Fig.3

    Altra soluzione interessante a livello dinamico-meccanico è quella offerta da Fiat con il modello Coupè. In questo caso, a differenza di prima, la “traversa” è vincolata ai bracci a livello del centro delle ruote e non ad una certa distanza “d” dalle stesse. (fig.3)
    Dal punto di vista dinamico questo cosa varia?
    Le sollecitazioni provenienti dalla ruota si trasmettono ai bracci perpendicolarmente all’asfalto e a sua volta agli estremi della barra di collegamento. In questo modo il momento di flessione garantito dalla traversa (barra) funge da elemento elasto/smorzante per la struttura stessa; come se fosse una molla.

    Sia che parliamo di sollecitazioni simili (a destra e sinistra dell’assale), sia che parliamo di sollecitazioni differenti e indipendenti. La struttura (grazie ad un vincolo diretto sul centro delle ruote) presente maggiore flessibilità rispetto alle soluzioni: assale a ponte rigido e ponte torcente.

     Vantaggi:

    La differenza, nonché punto di forza della tecnologia, rispetto al ponte rigido sta proprio nel fatto che strutturalmente sono identiche. Ma praticamente il ponte torcente garantisce:

    • miglior comfort alla guida;
    • controllo maggiore in curva;
    • maggiore stabilità: sui fondi sconnessi e viscidi (a coefficiente d’attrito basso), per via del minor stato di stress a cui è sottoposto l’intero telaio.
    ponte torcente
    matteodilallo.tech

    E ancora: Una risposta neutra a sollecitazione equivalente agli estremi della barra e materiali duttili in via di continuo sviluppo.

    La flessione della barra e quindi dei bracci al posteriore, per effetto della forza centrifuga apparente durante una curva, provoca la cosiddetta “sterzatura aggiuntiva” sull’asse posteriore.

    E’ come se schiacciando un estremo (per esempio il destro se la curva è verso destra) dell’assale posteriore la vettura si incurvasse e sterzasse nel verso la direzione considerata.

    Pertanto è necessario progettare con molta accuratezza la sezione della trave (in funzione delle sollecitazioni previste), la distanza dal centro-ruota e il materiale. In funzione della distanza centro-ruota si definisce la variazione di campanatura e convergenza del veicolo.

    Difetti?

    Essendo una soluzione ibrida conserva pregi e difetti di entrambe le tipologie di interconnessione: Dipendente e indipendente.
    Dalla configurazione a ponte rigido conserva il difetto di far lavorare l’avantreno con un valore di sottosterzo abbastanza importante.
    Sottosterzo come difetto nella risposta dei veicoli durante una curva, tendendo ad allargare verso l’esterno. Seppur con una buona risposta del materiale in torsione, l’avantreno risulta molto sollecitato e stressato.

    Con una buona fase di progettazione, questa soluzione risulta essere migliore del sistema MacPherson (se al posteriore); ma non ancora in grado di raggiungere l’architettura a Multilink o a bracci trasversali.

    Curiosità:

    Peugeot 205
    it.pinterest.com

    Nel mondo Rally era molto utilizzata questa soluzione in quanto permetteva di avere un posteriore molto più flessibile. Si aumentava la capacità del veicolo di “scodare” e driftare con estremo controllo del sottosterzo della vettura.

    Buon compleanno Fiat 500: la storia del mito italiano

    Alla soglia dei 60 anni, la Fiat 500 continua a stupire. È conosciuta in ogni angolo del mondo ed è il simbolo del Made in Italy. L’anziana citycar rappresenta anche la sintesi di un intero paese. Un paese che nel secondo dopoguerra riuscì a rilanciarsi con pochissime risorse. La Fiat 500 è simbolo anche di quel famoso miracolo economico degli anni ’50 e ’60, quando gli italiani guardavano al futuro con ottimismo, anche dopo la tragedia della Seconda Guerra Mondiale.

    Dopo il parziale successo della Balilla e della Topolino, Fiat cercava il modello perfetto, di piccole dimensioni ed adatto al portafoglio e alle esigenze degli italiani. Fu Dante Giacosa, capo dell’ufficio tecnico Fiat, a presentare il progetto 110.

    Dalla Topolino alla Fiat 500

    Fiat 500, !957
    PH: it.wikipedia.org

    Un progetto che era proprio l’erede della Topolino e con un’impostazione del telaio simile alla 600 che stava per nascere. La 110 era equipaggiata secondo il progetto originale con un quattro tempi bicilindrico da 0,5 litri con raffreddamento ad aria e trazione posteriore. Anche la parte della carrozzeria fu rivista del tutto da Giacosa perché voleva soddisfare al 100% le richieste di Vittorio Valletta. Nacquero così due versioni che divennero poi la Fiat Nuova 500 e l’Autobianchi Bianchina.

    I due modelli furono approvati il 18 ottobre 1955 in una riunione a Stupinigi. Lo stesso Giacosa raccontò poi di diverse perplessità di alcuni dirigenti che fortunatamente non bloccarono il progetto. A colpire Vittorio Valletta furono le linee tondeggianti e semplici dei due progetti, ma anche il consumo di soli 4,5 litri di carburante ogni 100 km, lo spazio capace di ospitare almeno 2 persone e un peso poco superiore ai 400 kg.

    Fiat 500: il debutto e i primi problemi

    Fiat 500, interni
    PH: aisastoryauto.it

    La Fiat Nuova 500 debuttò nel Luglio del 1957. Aveva un motore 479 cc 13 CV dai consumi ridotti, un peso di 470 kg e una lunghezza di soli 2,97 metri. L’aspetto era davvero semplice e minimal, ma non il prezzo. 465.00 Lire erano davvero troppe per un’auto
    in cui la strumentazione di bordo era davvero poca con i comfort ridotti all’osso. Dopo soli tre mesi, allora, Fiat decise di aggiustare il listino con due differenti versioni: una normale ed una economica. La Fiat 500 Normale costava 490.000 Lire e aveva delle finiture più accurate e i vetri discendenti. La versione Economica vedeva soltanto l’aggiunta di 2 posti posteriori con un prezzo di 440.00 Lire.

    Dalla versione sportiva alla 500R

    Fiat 500 F
    Fiat 500F – PH: it.wikipedia.org

    Un’altra intuizione di Fiat fu quella di produrre una versione sportiva della 500. Ciò avvenne nel 1958 con la nascita della Fiat 500 Sport. Motore da 21 CV e 105 km/h di velocità di punta caratterizzavano una vettura con una fascia rossa per contraddistinguere la nuova versione. Era disponibile sia con tetto fisso che con tettuccio apribile.

    Il successo della piccola Fiat porta la casa torinese a lanciare nuovi modelli nel corso degli anni. Nel 1960 nasce la Fiat 500 D con motore da 17,5 CV, velocità di punta di 95 km/h e un consumo di 4,8 litri ogni 100 km. Gli ingegneri avevano apportato anche piccole modifiche ai fanali a causa di modifiche al Codice della Strada. Nel 1965 arriva la 500F con un motore dai consumi un po’ più elevati ma con accorgimenti tecnici che ebbero un grande successo. Infatti, fu ingrandito il parabrezza e non furono più adottate le portiere controvento.

    Il successo della 500F fu da trampolino di lancio per la Fiat 500L (Lusso). Aveva la meccanica identica alla 500F ma con piccoli accorgimenti estetici come i profili cromati o il nuovo logo per contraddistinguerla. Gli interni erano completamente nuovi con strumentazione rettangolare (al posto di quella circolare) e rivestimenti in materiale sintetico. Infine nel 1972 nacque la Fiat 500 R, estremo tentativo di tenere in vita un modello storico, ma avviato al declino. Aveva un motore da 18 CV  e 594 cc, derivato dalla Fiat 126. Dopo ben 2.677.313 auto vendute, nel 1975 arrivò il momento della pensione.

    La rinascita del 2007

    Fiat 500 2007
    PH: quattroruote.it

    La leggenda della Fiat 500 è rinata nel 2007, sempre il 4 luglio, in occasione delle presentazione della 500 dopo 50 anni dalla nascita della citycar. Degna solo di nota la Fiat Cinquecento prodotta dal 1991 al 1998. Prodotta in due serie ma non è mai entrata nel cuore degli italiani. Completamente diverso, invece, il destino della Fiat 500 presentata nel 2007. Dopo 10 anni, infatti, rappresenta ancora la vettura della casa torinese più venduta al mondo con 205.486 vetture vendute nel 2016. Una versione che non era nei piani di Fiat ma voluta soprattutto dal pubblico. Un marchio che in 60 anni di storia non ha perso il proprio appeal e che continua a far innamorare italiani e non.

     

    Motore Fire: La “leggenda Italiana”

    Il motore Fire ha segnato un’epoca nell’automobilismo italiano e non solo. Il suo nome è ricavato dall’acronimo di Fully Integrated Robotized Engine e sin dalla sua nascita si è contraddistinto per la natura rivoluzionaria e tecnologica.

    Lancia Y10
    Autosupermarket.com

    , proprio così. Come abbiamo già detto in un nostro precedente articolo, negli anni ’80 il motore Fire era considerato un riferimento per la progettazione meccanica dei propulsori da autotrazione. Volendo essere più precisi, andiamo a ripercorrere le tappe fondamentali: Dalla nascita allo sviluppo di questa leggenda tricolore.

    Nascita e sviluppo:

    Il motore Fire, inizialmente, nacque dalla collaborazione di Fiat e PSA (società mista dei marchi francesi Peugeot, Citroën e DS). Il progetto fallì a causa della mancata disponibilità economica, in fase di sviluppo, del gruppo francese. Il progetto proseguì grazie a Fiat, ed ecco il motivo principale per cui oggigiorno il motore Fire resta associato esclusivamente al marchio torinese.
    Il 30 marzo del 1985 venne ufficialmente presentato dall’allora presidente Fiat, Gianni Agnelli, nella giornata di inaugurazione della terza ala dello stabilimento di Termoli.

    Il Fire, come detto prima, segnò l’inizio di una nuova era per la Fiat; infatti, quest’ultimo andò a sostituire i vecchi motori denominati “serie 100” costruiti dal “maestro” della scuola motoristica italiana: L’ingegner Dante Giacosa.

    Dante Giacosa
    rivistamotor.it

    I motori “serie 100″ possono definirsi le ultime opere dell’ingegner Giacosa e del suo team. Essenzialmente seguivano un ideale fisso e ben preciso: 4 cilindri in linea verticale, distribuzione a catena su di un albero a camme montato nel basamento superiore, sistema di distribuzione ad aste e bilancieri e disposizione trasversale anteriore (talvolta longitudinale posteriore) della trazione.

    Motore Fire 1000:

    La prima generazione di questi propulsori era il Fire 1000. Scopriamolo:

    •  4 cilindri in linea;
    • alesaggio: 70 mm;
    • corsa: 64,9 mm;
    • rapporto corsa/alesaggio: 0,927;
    • potenza massima 45 CV a 5.000 giri/min;
    • coppia massima 80,4 Nm a 2.750 giri/min;
    • valvole (di aspirazione e scarico) verticali e parallele;
    • testa cilindri in lega leggera;
    • albero motore in ghisa.
    • 1 carburatore monocorpo Weber 32 TFL/250;
    • albero a camme in testa, azionato da cinghia dentata;
    • 5 supporti di banco.

    Ecco a voi qualche immagine:

    Fire 1000
    Retrovisore.it

     

    Fiat Fire 1000
    retrovisore.it
    Motore Fire 1000
    Retrovisore.it

    In alto a sinistra il basamento superiore del motore, a destra il volano. Al centro in basso i collettori di scarico.

    Qual è quindi il punto di forza di questo propulsore? 

    Senz’ombra di dubbio il peso, la semplicità, l’affidabilità, i consumi ridotti e i costi di manutenzione bassi.

    Il motore venne progettato riducendo drasticamente il numero di componenti e particolari. Non a caso il propulsore, estremamente compatto, pesava all’incirca 69 kg: un risultato eccezionale.

    Guardiamo i progetti:

    Basamento
    Autosupermarket.it
    Condotta scarico collettore
    Autosupermarket.it
    Pistone Fiat Fire
    Autosupermarket.it

    La semplicità e i costi contenuti erano garantiti proprio dalla presenza di poche componenti costitutive e dalla loro elevata resistenza termica e meccanica. Inoltre i progettisti fecero sì che un’eventuale rottura della cinghia di distribuzione non avrebbe recato danni né alle valvole, né al cilindro. Come?
    Progettarono l’apertura massima delle valvole di una corsa inferiore rispetto alla distanza tra PMS ( Punto Morto Superiore) del pistone e la camera di combustione.

    Motore fiat fire
    Autosupermarket.it

    I consumi ridotti vennero garantiti dalla combustione magra, cioè una miscela con un eccesso di aria rispetto al carburante. I primi modelli erano provvisti di carburatore Weber; l’iniezione arrivò in Italia nel 1989.

    La prima versione Fire 1000 era di cilindrata 999 cm³ e rispetto al predecessore 903 cm³ era circa 10 kg più leggero, meno rumoroso e con una coppia motrice notevolmente migliorata. Il rendimento termico del motore, a parità di cilindrata, fu uno dei più alti di quei anni.

    Altre importanti adozioni furono:

    • Albero a camme in testa;
    • Pompa dell’olio direttamente inserita sull’albero a gomiti;
    • accensione elettronica.
    Accensione Elettronica Magneti Marelli
    Retrovisore.it

    In foto, il sistema di accensione elettronica italiano Magneti Marelli.

    Lo spinterogeno calettato direttamente sull’albero a camme riuscì ad eliminare i rinvii d’accensione, migliorando appunto il peso e la semplicità progettuale del complesso meccanico. Stesso discorso per la pompa dell’olio: il tutto venne progettato in modo tale da ridurre tutte quelle componenti di ” mezzo”, cioè che fanno da tramite.
    All’insegna della filosofia minimalista: Less is More. Meno componenti, “teoricamente“, corrisponde a minor probabilità di guasti; ma queste sono solo supposizioni.
    La semplicità fu favorevole anche per la distribuzione: infatti, la tempistica legata all’assemblaggio del motore calò drasticamente da 4 a 2 ore.

    Il primo Fire 1000 venne montato sulla Autobianchi Y10  e successivamente su una Fiat Uno 45 intorno alla fine del ’85. Poco dopo venne prodotto il 769 cm³ e montato sulla storica e famosissima Panda 750.

    Fiat-Panda-750
    Autosupermarket.it

    Evoluzione del Fire 1000:

    • Subito dopo il 999 cm³ arrivarono il 1.108  cm³ e il 1.242 cm³ (attualmente in uso) su molti modelli Fiat, Lancia e anche la sulla Ford Ka 2°serie del 2008. Furono questi gli anni d’oro per il Fire, che vide montarsi su più di 15 modelli differenti.
    Fiat 1100 fire
    Forum.Elaborare.com
    • Nel 1992 cambiò il sistema di alimentazione passando dal carburatore all’iniezione single point (SPI). Il sistema era d’obbligo per i progettisti per via delle normative antinquinamento Euro 1.
      Fu una sconfitta per il rendimento termico in quanto, come abbiamo detto prima, il Fire fu partorito con l’ideale della “combustione magra” e il catalizzatore (nell’impianto di scarico) per funzionare al meglio richiedeva temperature maggiori in uscita dai cilindri.
      L’area di ciclo termodinamico del motore ad accensione comandata (ciclo Otto) diminuiva e di conseguenza diminuì anche il rendimento termico. Si registrarono anche aumenti nel consumo di carburante.
      Nel giro di qualche anno la Fiat riuscì a risolvere questi problemi lavorando sulla fasatura d’anticipo e utilizzando risorse tecnologiche più all’avanguardia. Tornò presto in cima alla classifica dei propulsori di genere downsizing a basso consumo.

    Il motore oggi più comunemente utilizzato è la derivazione 1.368 cm³ aspirato, in uso su Fiat, Alfa Romeo e Lancia. Dopo l’innovazione ingegneristica del MultiAir, venne montato anche sui modelli dal 2009 in poi.

    FIRE 1.4 l
    Allpar.com

    Lista aggiornata:

    Ecco una lista aggiornata di tutti i modelli che montano il motore Fire (originale o di derivazione). La lista prende in ordine cronologico tutti i modelli con nome, data di uscita, cilindrata (da sinistra verso destra).

    • Autobianchi Y10 (1985) 999-1.108;
    • Fiat Uno (1986) 999-1.108;
    • Fiat Panda (1986) 750-999-1.108;
    • Fiat Tipo (1988) 1.108;
    • Fiat Punto (1993) 1.108-1.242;
    • Fiat Cinquecento (1994) 1.108;
    • Fiat Bravo/Brava (1995) 1.242;
    • Lancia Y (1996) 1.108-1.242;
    • Fiat Palio (1997) 1.242;
    • Fiat Seicento (1998) 1.108;
    • Fiat Punto (1999) 1.242-1.368;
    • Fiat Stilo (2001) 1.242-1.368;
    • Fiat Panda (2003) 1.108-1.242-1.368;
    • Fiat Idea (2003) 1.242-1.368;
    • Lancia Ypsilon (2003) 1.242-1.368;
    • Lancia Musa (2004) 1.368;
    • Fiat Grande Punto (2005) 1.242-1.368;
    • Fiat Bravo (2007) 1.368;
    • Fiat 500 (2007) 1.242-1.368;
    • Lancia Delta (2008) 1.368;
    • Alfa Romeo MiTo (2008) 1.368;
    • Ford Ka (2008) 1.242;
    • Tata Indica Vista (2008) 1.368;
    • Tata Indigo Manza (2009) 1.368;
    • Alfa Romeo Giulietta (2010) 1.368;
    • Lancia New Ypsilon (2010) 1.242;
    • Fiat Punto (2012) 1.242-1.368;
    • Fiat Panda (2012) 1.242;
    • Fiat 500L (2012) 1.368;
    • Jeep Renegade (2014) 1.368;
    • Fiat Tipo (2015) 1.368.

     

     

     


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