Difetti dell’E-mobility: possiamo davvero parlare di futuro? (2°parte)
In una società frenetica, dinamica come la nostra pensare di dover attendere anche mezz’ora (tempo minimo garantito ad oggi dai migliori competitors) per ricaricare l’autonomia del nostro veicolo è quasi impensabile. Inoltre la distribuzione delle colonnine è davvero poco ramificata. Solo 1400 in tutta Italia. Impensabile credere che tra 20 anni saranno solo auto elettriche in tutto il mondo, e vorrei calcare l’attenzione sulla parola SOLO.
Problemi alla base:
Per chi volesse approfondire con altri dati, soluzioni e problematiche legate al caso E-mobility, qui trovate la prima parte della approfondimento. E-mobility
I motori elettrici hanno questa grande efficienza a livello di caratteristiche di funzionamento solo in determinate condizioni. Dall’America giungono continue notizie riguardo l’andamento delle Tesla, in zone mostruosamente calde e regioni inverosimilmente glaciali. I motori elettrici è risaputo, soffrono molto il caldo e il freddo.
Tant’è che la corrente massima circolabile nella nostra macchina trifase è limitata dalla massima temperatura di smagnetizzazione degli elementi magnetici (se provvista, si veda i motori SMPM o PM) e dalla temperatura di fusione degli avvolgimenti. La massima temperatura limita la corrente, il campo magnetico, il flusso magnetico di conseguenza e infine il valore di coppia estraibile dal motore.
La caratteristica è limitata dalla temperatura e quindi una buona gestione termica del motore può aumentare l’efficienza.
Le cause sono varie e riguardano:
- l’effetto di surriscaldamento dovuto alle correnti parassite, in quanto nell’induzione elettromagnetica, si induce nel materiale ferromagnetico una forza elettromotrice indotta. A sua volta, anche correnti parassite che per effetto Joule, attraverso la resistenza degli avvolgimenti, dissipano calore.
- Attriti meccanici di strusciamento tra albero ed elementi di banco.
- Isteresi magnetica del materiale: definisce comunque la permanenza di induzione magnetica presente e con essa l’incremento di temperatura del core della nostra macchina elettrica.
E ancora…
Il freddo non scherza. Anche se può variare da veicolo a veicolo, esperti e proprietari affermano che viaggiare a temperature al di sotto dello zero può ridurre l’autonomia della batteria di circa la metà, richiedendo il doppio dell’energia per potersi spostare da un punto A ad un punto B. Le auto che hanno accusato maggiori problemi in questo ambito sono state la Jaguar I-Pace, la Tesla Model 3, la Nissan Leaf e la Chevrolet Bolt.
L’ondata di gelo in America dello scorso mese ha ridotto del 30-50% l’efficienza. Insomma, c’è da lavorare ancora parecchio.
Altra problematica è la gestione dell’incendio, ricollegandoci alla polemica con cui ho impostato la prima parte dell’articolo. A prescindere dalle cause del 13 febbraio (prima parte approfondimento), domare un incendio provocato da un’auto elettrica è davvero molto difficile. A dirlo non sono io, giovane inesperto di pratiche di sicurezza stradale, ma i vigili del fuoco. Le sostanze rilasciate in fase di rottura delle batteria (post incidente) sono molto infiammabili e dannose. Possono presentarsi tre casi di thermal runaway per le batterie secondo Washington:
- Urti meccanici
- Problemi elettrici (cortocircuito, sovraccarico tensionale, eccessiva scarica…)
- Problemi termici (esposizione a temperature eccessivamente alte per la batteria).
Il thermal runaway provoca un eccessivo surriscaldamento improvviso che porta il sistema al di fuori delle condizioni di equilibrio. Successivamente si può giungere all’incendio.
Altro pericolo è legato all’elettrificazione dell’intero circuito elettrico che domina il veicolo.
Elettrificazione: è davvero così pericolosa?
In caso di un incidente molto consistente, l’intera vettura sarebbe elettrificata, infatti in questi casi i vigili del fuoco sanno su cosa agire, cosa tagliare e come farlo. Bisogna eliminare l’erogazione di corrente elettrica in uscita dall’accumulatore per poter agire in sicurezza.
Tuttavia delle volte questo non basta per isolare la componentistica interna della batteria e altri organi a diretto contatto; parliamo di circa 60 V, anche se in realtà il vero problema è la corrente elettrica. Potremmo avere a che fare anche con centinaia di Volt, ma dipende tutto dall’intensità della corrente. Tuttavia il problema è chiaro, in caso di incidente grave le batterie, tanto osannate, potrebbero essere la vera e propria causa del decesso. Ciò non vuole creare inutile allarmismo, è chiaro che l’incidente deve essere molto distruttivo per far avvenire queste condizioni e in alcuni casi non ha neanche senso parlare del problema della folgorazione, dopo incidenti del genere. Tuttavia, il problema in una trattazione del genere, non è da ignorare.
Pur essendoci in mercato auto come Tesla che garantiscono sistemi anticollisione e antiurto molto affidabili, in più abbiamo sistemi che scaricano tutta l’alimentazione sul neutro posto tra le portiere dell’auto. Insomma, gli accorgimenti tecnici per isolare l’elettrificazione non mancano, come i fusibili che interrompono il collegamento in serie tra le batterie. Tutto questo, tuttavia non è in grado di risolvere completamente il problema.
Considerazioni:
Neanche il termico ne è escluso, pur essendoci serbatoi antiurto deformabili e ad alta tenuta, sistemi di bloccaggio d’iniezione e neutralizzazione dell’effetto esplosivo del carburante, non basta delle volte.
Un esempio banale è quello del 2013. La Nhtsa aprì un’indagine su Tesla, dopo che un gancio metallico perso da un mezzo che precedeva la Model S, urtando l’anteriore aveva danneggiato un supporto, che a sua volta danneggiò il pacco batterie. Il tutto arricchito da un successivo incendio. Chiaramente la percentuale di questi incidenti disastrosi è ad oggi molto molto bassa. Adesso è da capire se è dovuto al fatto che il numero di auto elettriche presenti nel mondo è abbastanza ridotto, o perché i sistemi funzionano molto bene. Quello che possiamo dire con certezza è che si tratta di eventi isolati, ma non tali da poterli completamente trascurare.
Il problema di queste batterie non è tanto né il voltaggio (circa 60 V), né altro. Il vero problema è l’elevata densità di energia accumulata nei dispositivi e il controllo di tutta questa energia in caso di un grosso incidente. Alla fin fine un cortocircuito, per quanto gestibile, con quelle energie accumulate, rimane pur sempre un cortocircuito e quindi pericoloso. In qualche modo dovrà pur scaricarsi tutta quell’energia.
E infine le reazioni elettrochimiche esistenti al mondo sono limitate dalla conoscenza odierna, non si può generare elettricità da reazioni chimiche inesistenti. I dati ci dicono che negli ultimi venti anni, l’elettrico è cresciuto come non mai; tuttavia, rispetto all’inizio la rapida crescita (sviluppo) sta per l’appunto rallentando. Ma non è detto che ciò sia la fine del motore elettrico.
Conclusioni e pareri:
Il problema è che non bisogna mai pendere troppo né da una parte, né dall’altra. Pregi e difetti ci sono ovunque, bisogna solo capire cosa voler davvero sacrificare. Tra l’altro, alcuni di questi difetti, seppur in entità inferiore, sono presenti anche nelle motorizzazioni tradizionali termiche.
Non bisogna essere troppo ancorati alla nostalgia dell’endotermico, né tanto meno cavalcare l’onda entusiasmante, di moda e carica di emozioni positive dell’e-mobility. Bisogna ragionare molto con la testa e non solo con il cuore, infondo parliamo di emissioni inquinanti e ciò riguarda tutti.
Nessuno può sapere come si andrà ad evolvere il mercato, fatto sta che investire grosse cifre sull’elettrico, il più delle volte sono manovre impercettibili di marketing, che cavalcano l’onda del nuovo e dell’innovativo. Chi investe nell’elettrico ci crede, ovviamente; tuttavia, lo sviluppo e il mercato lo fanno soprattutto sui modelli di auto tradizionale e ibrido in alcuni casi.
Ad ora (e le nuove auto presentate e i saloni confermano), il futuro-presente è l’ibrido e non solo. Certo, Tesla è ormai affermata, ma la loro soluzione non può certamente dirsi economica.
Soluzioni innovative attuali?
• Sarebbe opportuno anche considerare soluzioni molto efficienti come il Bi-Fuel Diesel-metano, il miglioramento dello stoccaggio del GpL liquefatto, i consumi limitati e l’alta efficienza dell’ibrido tradizionale e plug-in. Per approfondire le tipologie di ibrido date un’occhiata qui: https://vehiclecue.it/goodbye-diesel-benvenuto-mild-hybrid-e-lalba-di-una-nuova-era/11023/
• Last but not least, da considerare i biocombustibili rinnovabili di terza generazione come le alghe trattate. Questa soluzione completamente o quasi ignorata dall’opinione pubblica, sta garantendo in laboratorio valori di efficienza sempre più impressionanti e le sperimentazioni sui primi modelli di motore a combustione dicono che c’è molto potenziale in questa ricerca. Ovviamente la combustione, rilascerà un quantitativo, seppur limitato, di CO2. Tuttavia, l’alga nella sua fase di crescita avrà assorbito un quantitativo; quindi la combustione viene ad essere una sorta di restituzione all’ambiente di CO2. Questo discorso non possiamo farlo con i combustibili fossili, in quanto la quantità di CO2 assorbita per la crescita risale a 60 milioni d’anni fa. Quindi tutta quella che produciamo ce la becchiamo direttamente oggi!
• Anche il motore a idrogeno è sotto ricerca ultimamente.
Il concetto è ricordare che prima di lasciarci affascinare dal nuovo, dal bello e da ciò che è di moda, occorre riflettere sempre su pregi e difetti di ogni soluzione presente sul mercato e non solo. Potremmo vedere un futuro completamente elettrificato, così come un futuro dominato dai biocombustibili e ancora, un futuro ibrido per via del miglioramento della parte termica. L’obiettivo è cercare di riflettere assieme su una tematica a noi, amanti dei motori e dei veicoli, molto cara.
Chi vivrà, vedrà.
Qui la prima parte dell’approfondimento.