Con la formula della potenza abbiamo cercato di capire l’influenza dell’area totale dei pistoni. Abbiamo visto come all’aumentare del frazionamento dei cilindri, il rendimento di adiabaticità per varie ragioni cala: potrete capirci di più leggendo la prima parte dell’approfondimento ==> prima parte.
Nella prima parte di questo approfondimento abbiamo indagato e ricavato delle relazioni semplici e fondamentali per darci una risposta grazie alla matematica. Quanto incide il numero dei cilindri sulla potenza? Riprendiamo dal rendimento di combustione e concludiamo brevemente la trattazione. Non perdetevi la prima parte, anche se non è completamente vincolante per la trattazione finale: PRIMA PARTE.
Il rendimento di combustione per concludere è pari al calore effettivamente prodotto dalla combustione a meno di incompletezze sulla reazione, fratto calore teorico sprigionabile dal combustibile. Con motori benzina frazionati, avrò alesaggi B inferiori, no? questo corrisponde a minor probabilità di detonazioni in camera, perchè? Potrete leggerlo quì: Influenza cilindrata sul ciclo di funzionamento del motore.
Ciò consente di poterci spingere oltre con miscele meno ricche (cioè più magre, aumentando l’aria aspirata rispetto a prima). Poiché il motore a benzina lavora con dosature più ricche rispetto allo stechiometrico, perché buona parte del calore emesso dal combustibile è perso per via di incompletezze, per fare in modo che bruci tutto ciò che viene introdotto, ho bisogno di un po’ di benzina in più del normale.
Avere incombusti o prodotti incompleti di combustione aumenta il pericolo della detonazione perché si creano picchi di temperatura in camera. Per questo motivo, diminuendo l’alesaggio posso permettermi una dosatura leggermente più magra, senza il rischio di creare troppi incombusti e diminuendo la quantità di combustibile mf. Questa diminuzione fa aumentare il rendimento di combustione
Se il prodotto dei due rendimenti, complessivamente si bilancia, avrò una BMEP pressoché costante nei due casi (motore a z1 e z2 n.ro di cilindri). E l’espressione del rapporto di potenza, diventa:
Dall’ipotesi di cilindrata costante e rapporto B/S costante, trovo una relazione tra il rapporto di alesaggio e il numero di cilindri. Come notiamo alla fine del primo passaggio, avrò un rapporto di potenze ben definito.
Adesso valutiamo un z1= 8 cilindri e un z2=1, monocilindrico. Avrò che P1/P2=2, cioé la potenza di un V8 è il doppio della potenza P2 associata ad un monocilindrico a parità delle varie caratteristiche.
Non possiamo esagerare troppo col frazionamento dei cilindri, in quanto si avrebbero gravi problemi sulle ipotesi. Troppo frazionato vuol dire alesaggi piccolissimi, camere di combustione molto strette e un motore meno “respirato“, vale a dire rendimenti volumetrici molto bassi, per via di valvole piccole e minor volume della camera di combustione piccolissime e rapporti di compressione elevatissimi, con numerosi rischi a livello meccanico.
Ducati fino a qualche anno fa, col sistema desmodromico, proponeva una moto a due cilindri con cilindrata 1.4L rispetto al V4 delle sue concorrenti di cilindrata 1.0L. Il calcolo era proporzionato sulla base di questa stima fatta con l’approfondimento. Quando Ducati chiese alla commissione sportiva se fosse per loro possibile poter aumentare la cilindrata, la risposta fu negativa, in quanto c’è un certo limite proporzionale che lega cilindrata e numero di cilindri: non ci si può spingere molto oltre. L’accelerazione della Ducati era brusca, poco gestibile all’uscita curva e per altre ragioni ci si è spinti verso il V4 della Panigale.
Così come in Ferrari nel passaggio dal V12 3.5L al V10 3.0L, non si creò molto lavoro per gli ingegneri per riadattare completamente il powertrain, proprio perché facendo una semplice proporzione 3L/10cilindri ≅ 3.5L/12cilindri, non cambiava molto a livello di carico torsionale.
Come sappiamo bene, la commissione sportiva per rendere il tutto più divertente, ha imposto cilindrata e numero di cilindri, in modo da uniformare le categorie.