Le normative sulle emissioni diventano sempre più severe. Nel corso degli ultimi 20 anni sono stati fatti passi da gigante nel campo delle emissioni di NOx e del particolato (non solo, ma al momento concentriamoci su queste due) in ambito automotive. In particolare, le restrizioni sono diventate molto stringenti soprattutto per i motori Diesel. Ad esempio, nel 2000 con le normative Euro 3 la soglia di emissioni era di 500 milligrammi per chilometro. Al giorno d’oggi, con le normative euro 6D, il target è sceso ad 80 milligrammi per chilometro.
Parliamo di un taglio di oltre un sesto, rispetto a 20 anni fa. Ad esempio, il passaggio da Euro 5 a Euro 6, ha consentito un taglio dei NOx del 56%. Cambieranno anche i requisiti legati al ciclo di prova per testare le vetture. I parametri saranno rilevati mediante prova RDE (acronimo di Real Drive Emissions): si tratta della rilevazione delle emissioni nelle effettive condizioni di marcia.
Nel gruppo Volkswagen, Audi è responsabile dello sviluppo dei nuovi V6 TDI. Il loro compito è stato adeguarsi alle nuove normative sulle emissioni che, come già spiegato, sono sempre più stringenti e lo saranno ancora maggiormente nel futuro. Su che parte del motore potevano lavorare gli ingegneri? Hanno optato per approfondire lo studio dei gas di scarico per rendere ancora più efficiente la depurazione. Di solito, i catalizzatori utilizzati per il post trattamento dei gas di scarico presentano dimensioni importanti. Tuttavia, Audi è riuscita a rendere il sistema più compatto, riducendo, dunque l’ingombro dei componenti.
I circuiti dei gas combusti sono posizionati ai lati delle bancate, esternamente alla V formata dai blocchi dei cilindri. Tali circuiti convergono nella parte posteriore del gruppo propulsore, avanti al parafiamma, dove si trova il turbocompressore. A valle del turbocompressore, il gruppo Volkswagen ha adottato un catalizzatore ad ossidazione che prende il nome di NSC (NOx Storage Catalyst). Ha il compito di “immagazzinare” i NOx, come suggerisce il nome stesso. Dopo di esso, è posizionato il filtro antiparticolato che integra l’azione del catalizzatore SCR. Il sistema complessivo prende il nome di SDPF (acronimo di SCR-Catalyzed Diesel Particulate Filter). Continuando il percorso, troviamo un altro catalizzatore SCR a riduzione selettiva. 7
In particolare l’NSC risulta efficace anche a basse temperature, tipiche di quando si avvia l’auto a freddo. Oltre ai NOx, l’NSC si occupa anche di idrocarburi incombusti e del monossido di carbonio, ottenendo anidride carbonica, vapore acqueo e azoto. Con l’adduzione dell’additivo AdBlue, ho un ulteriore abbattimento degli ossidi di azoto. Ma come funziona? Ne abbiamo già parlato approfonditamente in un precedente articolo, ma riepiloghiamo rapidamente il suo funzionamento: la soluzione d’urea e acqua demineralizzata viene iniettata nell’impianto di scarico in due punti diversi a temperature diverse con dosaggi diversi. Allo scarico, dunque, avremo il processo chimico di termolisi che trasforma l’AdBlue in ammoniaca. Il ruolo dell’ammoniaca? All’interno dei vari catalizzatori ha il ruolo di reagire con gli ossidi di azoto non ancora trasformati, ottenendo acqua e azoto elementare. Con queste soluzioni, è possibile convertire il 90% degli ossidi di azoto in un ampio intervallo di temperature.
Abbiamo spiegato brevemente come Audi ha abbattuto le emissioni di NOx e particolato. Andiamo ora ad analizzare più nello specifico il funzionamento del motore Audi V6 3.0 TDI. Come già anticipato, presenta la tecnologia sopracitata. Il V6 turbodiesel è disponibile in tre livelli di potenza. Ma oltre a quello, Audi propone anche motori TFSI, ovvero i turbo benzina ad iniezione diretta. Anche questi ultimi adottano soluzioni interessanti per l’abbattimento delle emissioni. Il motore, innanzitutto, segue il Ciclo Miller, una variante del noto Ciclo Otto. Abbiamo un rapporto di compressione più basso rispetto al rapporto di espansione. Qui troviamo una prima differenza: nel Ciclo Otto, le due fasi sono praticamente identiche. Dunque ho la compressione più breve dell’espansione.
Audi ci spiega i vantaggi di questa soluzione: si riscontra un miglioramento della quantità di energia estratta sotto forma di pressione dalla combustione, soprattutto ai regimi transitori e di medio carico. Ma perché i TFSI sono così puliti? Innanzitutto abbiamo l’iniezione diretta della benzina in camera di combustione. Come si usa fare negli ultimi anni, anche nei motori a benzina troviamo il filtro antiparticolato. La pulizia del motore viene garantita anche all’AVS (Audi Valvelift System) che regola la quantità di aria aspirata differenziando i tempi di apertura e la corsa delle valvole in funzione del carico e del numero di giri del motore. Questa soluzione aiuta a migliorare il riempimento delle camere di combustione.
Con la tecnologia COD (cylinder on demand), a basso carico, è possibile disattivare i singoli cilindri “spegnendo” le fasi di iniezione e accensione, chiudendo le valvole di scarico ed aspirazione. Appena le centraline percepiscono che il guidatore spinge di più sull’acceleratore, i cilindri tornano attivi.
A valle del catalizzatore, i gas di scarico passano attraverso un corpo ceramico a pori fini. Il filtro anti particolato, che in questo caso prende il nome di GPF (acronimo di Gasoline Particulate Filter), ha il medesimo funzionamento del sistema di depurazione adottato nei motori Diesel. I gas combusti passano attraverso una parete porosa grazie ad appositi condotti di aspirazione. La differenza tra i filtri antiparticolati adottati sui motori a benzina rispetto a quelli diesel, è che nei diesel il materiale adottato per tale filtro è il carburo di silicio. Nei TFSI, invece, si usa la cordierite. Si tratta di un minerale resistente alle alte temperature. La fase di rigenerazione è più semplice nei motori a benzina: infatti, gli ossidi di azoto sono prodotti solo in alcune condizioni di esercizio.
Grazie all’elettronica è possibile regolare con precisione chirurgica l’immissione di ossigeno, aumentando la temperatura maggiormente nel tratto di scarico. Ciò consente di avere una post-ossidazione del particolato residuo, in modo da neutralizzarlo. I sensori monitorano l’attività del GPF. In base alle condizioni del filtro, infatti, i sensori regolano la frequenza e la durata della rigenerazione.