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Lotus 56: storia e tecnica della folle monoposto a turbina

Nei 72 anni di storia della Formula 1 si sono viste monoposto con soluzioni molto particolari, basti pensare alla Tyrrell con sei ruote o alla Brabham-Alfa Romeo con la ventola posteriore. Tra queste monoposto merita un approfondimento anche la Lotus 56 “Turbina”, che corse solo tre gran premi validi per il Campionato Mondiale del 1971. Questo già dovrebbe farci capire che sostanzialmente la monoposto a turbina è stata un vero e proprio flop, ma quali furono le cause?

Storia e tecnica della Lotus 56

Il debutto alla 500 Miglia di Indianapolis

Per parlare della Lotus 56B dobbiamo fare un salto indietro di tre anni. Il perché è presto detto: la monoposto a turbina venne originariamente pensata per correre in terra statunitense, in particolare alla 500 Miglia di Indianapolis del 1968. La Lotus prese parte alla prestigiosa corsa appunto con la 56, affidata a Graham Hill, Joe Leonard e Art Pollard. Questa monoposto catturò l’attenzione per via dell’unità propulsiva, data la presenza di una turbina (proprio come quelle utilizzate in campo aeronautico) al posto di un tradizionale motore a combustione interna.

La turbina, alimentata a cherosene, era fornita dalla Pratt & Whitney – una ST6B-70 – ed erogava una potenza di 500 CV a un regime di rotazione di 40.000 giri/minuto. Questa non era l’unica particolarità della Lotus 56: infatti i progettisti avevano abbinato la turbina a un sistema di trasmissione con giunto viscoso in modo da avere una trazione ripartita su tutte e quattro le ruote con un valore iniziale di 50/50. In un secondo momento la ripartizione venne leggermente modificata passando a 45/55.

La turbina della Lotus 56

La presenza di una turbina, disposta longitudinalmente, rendeva non necessaria la presenza di radiatori, presenti invece se l’unità motrice è a combustione interna. Ciò permise di realizzare una carrozzeria aerodinamicamente molto efficiente a forma di cuneo. In questa versione della 56 non erano presenti neanche appendici alari, non necessarie per via della natura dei tracciati ovali. Lo scarico della turbina si trovava dietro il pilota, e aveva dei profili alari che indirizzavano i flussi verso la parte posteriore della monoposto.

L’esito della 500 Miglia

Le premesse per la gara furono più che buone, dato che due monoposto occuparono le prime tre posizioni in griglia dopo le qualifiche, con pole position conquistata da Leonard. L’esito della gara non fu però altrettanto buono, con le vetture afflitte da diversi problemi che ne compromisero la competitività, tanto che non venne ottenuta alcuna posizione finale di rilievo.

Dopo 110 giri Graham Hill ebbe un brutto incidente: a causa dello stacco di una gomma andò a sbattere contro il muro, terminando così la sua gara. Le altre due Lotus 56 dovettero a loro volta ritirarsi per problemi meccanici: su entrambe si verificò la rottura dei tubi del carburante, a causa dell’accumulo dei gas surriscaldati nelle turbine durante la neutralizzazione della gara.

Lo sbarco in Formula 1

Quella del 1968 fu l’unica partecipazione della Lotus 56 alla 500 Miglia di Indianapolis. Infatti la USAC (United States Auto Club), organizzatrice dell’evento, sostanzialmente attraverso l’implementazione di nuove regole atte a vietare le monoposto turbina pose fine alla carriera della monoposto di Heithel. E così si decise di far partecipare la 56 al Campionato Mondiale di Formula 1 del 1971. La monoposto subì una serie di modifiche per adattarla alle piste del Mondiale, per cui divenne una sorta di versione B (e infatti venne chiamata Lotus 56B).

Vista posteriore della Lotus 56B
Cresits: autocar.co.uk

La modifica più visibile è legata all’aerodinamica, con l’installazione sulla 56B di profili alari all’anteriore e al posteriore dei quali la Lotus 56 non era fornita. Questo perché per quest’ultima avrebbero solo aggiunto resistenza aerodinamica, penalizzandola in circuiti ovali come quello di Indianapolis dove conta più avere una efficienza elevata. Gli alettoni avrebbero invece permesso di sfruttare al meglio i 600 CV della turbina ST6B-70.

In teoria la Lotus 56 avrebbe dovuto essere una monoposto molto competitiva. Non andò così in quanto, riassumendo sinteticamente, i difetti superavano di gran lunga i pregi, su tutti la grande potenza a disposizione. Un problema non da poco era costituito dal peso che ammontava a 612 kg a vuoto. Al giorno d’oggi sarebbe un peso contenuto, dato che le moderne monoposto hanno un peso minimo a vuoto di 798 kg, ma all’epoca era una vettura considerata pesante (per fare un esempio, una Ferrari 312 B pesava a vuoto 634 kg). Questo peso era dovuto anche alla scelta pressoché obbligata di installare dei serbatoi di capacità più elevata (320 litri) per poter imbarcare il carburante necessario a completare la gara (i rifornimenti erano vietati).

David Walker al volante della Lotus 56B in occasione del Gran Premio d’Olanda del 1971

Una criticità non da poco risultò essere la frenata, resa difficile da una parte dal peso e dall’altra dalla completa assenza di freno motore. A questi due fattori concorse una certa difficoltà nel gestire le temperature dell’impianto frenante costituito da quattro dischi entrobordo. La maggior criticità riguardava soprattutto l’asse posteriore, e ciò nonostante la presenza di due vistose prese d’aria che servivano proprio a portare aria fresca all’impianto. Alla difficoltà di esecuzione delle staccate in tempi giusti si aggiungeva la difficoltà di trovare il momento giusto per accelerare, dal momento che la potenza veniva erogata con una manciata di secondi di ritardo dal momento in cui si premeva il pedale dell’acceleratore.

I risultati anche in Formula 1 non arrivarono. Utilizzata solo in tre occasioni, la Lotus 56B conquistò al Gran Premio d’Italia del 1971. la Lotus 56B fu sostituita per il 1972 dalle 72C e 72D. Per la cronaca, quell’anno proprio la Lotus riuscì a vincere il Campionato Piloti con il brasiliano Emerson Fittipaldi.