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Porsche 936, il connubio con Martini Racing per un nuovo inizio

A volte i miti si intrecciano tra di loro. E’ il caso della Porsche che, nel corso della sua gloriosa storia sportiva, sposa i colori della iconica livrea Martini Racing. Da questa unione, tra tecnologia e stile, nasce la Porsche 936, vettura monoposto progettata per le gare endurance e vestita delle sfumature appartenenti alla Casa Torinese.

Un particolare contesto di nascita

La Porsche 936 è chiamata a portare ancora in alto il nome della Casa tedesca. Il marchio, infatti, precedentemente aveva puntato sulla 917, vettura a ruote coperte che ha corso tra gli anni ’70 e ’80 nel Campionato Mondiale Sport Prototipi. In particolare, questa monoposto ha trionfato per ben 3 volte, ottenendo il Titolo Costruttori dal 1969 al 1971 e creando un mito delle corse. Il grande peso sportivo, così, viene affidato alla 936, auto “barchetta” del 1976 appartenente al Gruppo 6 che, grazie anche ai successi ottenuti dalla sua progenitrice, veste la livrea Maritini Racing. La storica azienda piemontese produttrice di alcolici, infatti, ha sempre visto nelle gare la possibilità di pubblicizzare ed esporre il proprio brand dai colori unici.

La Porsche 917. Credit: newsroom.porsche.com

Il progetto Porsche 936

Gli studi della Porsche 936 derivano molto dai modelli precedenti. Ad esempio, il telaio proviene dalla 908, vettura anch’essa “barchetta”, prodotta dalla Porsche tra il 1968 ed il 1971 in diverse versioni. Le sospensioni ed il cambio, invece, sono ripresi dalla 917/30. Passando alla carrozzeria, spicca la vistosa presa d’aria posta sopra la testa del pilota, elemento che, in questi anni, è adottato spesso anche in Formula Uno. Nel caso della 936, questa particolare configurazione è pensata per il raffreddamento di motore, intercooler e turbocompressori, componenti che necessitano di maggiore aria a causa delle elevate temperature riscontrate durante i primi test.

La Porsche 936 con la livrea Martini Racing e la presa d’aria superiore. Credit: porsche.com

Anche il propulsore della Porsche 936 si ispira ad altre creazioni della Casa tedesca. Esso, infatti, deriva dalla 911 Turbo, quindi un 6 cilindri boxer turbocompresso da 2142 cc di cilindrata che eroga 520 cv di potenza ed una coppia di 471 Nm. Il monoblocco è raffreddato ad aria, mentre le testate a liquido. Negli anni successivi al 1976, il motore della Porsche 936 riceve alcuni aggiornamenti, come quello introdotto alla 24 Ore di Le Mans 1977. In occasione della blasonata gara francese, infatti, la Casa di Stoccarda sostituisce il grande compressore con due elementi più ridotti. La conseguenza è una maggior potenza unita alla migliore risposta del motore, giunto ora a 540 cv.

La Porsche 936 in azione nel 1977. Credit: presskit.porsche.de

Gli ulteriori aggiornamenti sul motore boxer

I tecnici Porsche non si accontentano delle prestazioni del motore, perciò introducono ulteriori novità. Nel 1978, ad esempio, sulla Porsche 936 debutta la distribuzione a 4 valvole per cilindro che aumenta la potenza a 640 cv in condizione di qualifica. Dopo qualche anno, precisamente nel 1981, la FIA rimuove il limite massimo di cilindrata di 6 litri, consentendo alla Porsche 936 di incrementare ulteriormente il rendimento del suo propulsore. La potenza, in realtà, si abbassa a 620 cv ma la nuova unità termica Type 935/82, nel complesso, sarà molto più prestazionale. La cilindrata tocca i 2650 cc e sarà evoluta, poi, sui modelli successivi Porsche 956 e 962.

Il motore della Porsche 956, evoluzione di quello montato sulla 936. Credit: media.porsche.com

Un’ultima curiosità riguardante il motore del 1981. Esso, inizialmente, era stato progettato per correre nel CART, ovvero l’attuale Indy Car, Campionato in cui partecipano ancora oggi monoposto a ruote scoperte su tracciati americani. Porsche, infatti, era fortemente interessata a queste competizioni nel Nuovo Continente ma, dopo un diverbio su alcuni accorgimenti regolamentari introdotti dall’organizzazione del CART, la Casa tedesca rinuncia. I piani, perciò, si proiettano sull’Endurance, comprendendo anche il propulsore Type 935/82.

Porsche 936, i primi anni in pista

Come già anticipato, la nuova creazione di Stoccarda, erede della 917, debutta nel 1976 in occasione della 300 km del Nurburgring. La prima stagione della 936 è grandiosa, ottenendo il Campionato Mondiale Sport Prototipi insieme a quello Marche inerente alla categoria “silhouette Gruppo 5”. Nello stesso anno, la Porsche si aggiudica la 24 Ore di Le Mans, risultato che sarà poi ripetuto nel 1977 e nel 1981, mentre chiude al secondo posto l’edizione 1978. Inaspettatamente, nel 1979 la 936 non trova più spazio nelle competizioni a causa di una dirigenza aziendale che prevede l’utilizzo di vetture derivate dalla serie, come la 924 e 944.

La Porsche 936 in gara, 1977. Credit: presskit.porsche.de

Il ritorno in vita della 936 ed il successivo definitivo addio alle corse

La Porsche 936 “resuscita” grazie a Reinhold Joest, proprietario dell’omonimo e conosciuto team privato. Egli, infatti, nel 1980 decide di partecipare alla 24 Ore di Le Mans con una Porsche 936 o, per lo meno, ci prova, in quanto i vertici di Stoccarda non sono molto d’accordo. Joest, perciò, riesce ad ottenere un telaio della monoposto tedesca su cui costruirà un’evoluzione a spese sue, chiamata 908/80. La sigla 908, in realtà, era stata adottata per camuffare l’acquisto del telaio 936 da parte di Joest, evitando quindi discussioni con la dirigenza Porsche. La creatura del pilota – imprenditore tedesco, così, nel 1980 chiude seconda sul Circuit de La Sarthe, riaprendo le porte al ritorno della 936.

Reinhold Joest alla guida di una Porsche 936 Martini Racing. Credit: 24h-lemans.com

Sulla base degli ottimi risultati ottenuti da Joest, nel 1981 la Porsche decide di dare una seconda possibilità alla 936, addirittura utilizzando le auto esposte al Museo aziendale. Rivendendo alcuni aspetti, come il già citato motore Type 935/82, la Casa tedesca vince la 24 Ore di Le Mans con Jacky Icks e Derek Bell. L’82, invece, è l’ultimo anno in cui la 936 appare nelle gare, grazie ancora a Joest. Egli riconverte la vettura da “barchetta” a coupè, cambiamento dovuto alle nuove direttive regolamentari. Seguirono, poi, altre versioni introdotte da team privati ma, ormai, la Squadra Ufficiale Porsche aveva optato per le più performanti 956 e, successivamente, 962, eredi della 936.

Una vista laterale della Porsche 956, erede della 936. Credit: porsche.com

Immagine di copertina: la Porsche 936. Credit: presskit.porsche.de