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Corsi di guida sicura e su pista: perché sono importanti?

L’importanza dei corsi di guida sicura – Ci sono tante cose da non fare mentre si è alla guida. Non facciamo riferimento solo all’uso del telefonino che al giorno d’oggi è una delle cause più gravi di incidenti mortali, ma anche a manovre tecniche sbagliate fatte inconsapevolmente dai guidatori che più delle volte sono proprio quelle che innescano problemi.

Spesso succede di avere l’impressione di avere già le giuste conoscenze e il giusto livello di sicurezza alla guida. Quante volte sentiamo dire: “Non ho mai fatto un incidente”, “Ho mille occhi, guardo dappertutto” e cose simili?

E invece, proprio quando si è sicuri delle proprie capacità, magari sopravvalutandosi di ciò, ecco che accade quello che non pensavamo potesse mai accadere. Tra le cause di mortalità al mondo, quella di incidenti di auto è al quinto posto, dietro solamente ai decessi per fame, fumo, alcool e AIDS.

Corsi di guida sicura: la differenza tra guidare l’auto e pilotarla

Normalmente, si tende a pensare che una volta conseguita la patente, si ha automaticamente la reale capacità di controllo di un veicolo. Niente di tutto ciò è vero. I corsi di guida fatti all’autoscuola servono principalmente per imparare a muovere l’auto, e dunque avere le sufficienti conoscenze per percorrere un qualsiasi tragitto dal punto A al punto B. C’è una piccola differenza, che in realtà può essere abissale se consideriamo la possibilità di tragedie ed incidenti, tra saper arrivare a destinazione e avere il pieno controllo di un’autovettura in ogni situazione.

Pilotare un’autovettura, avendone il pieno controllo, significa, ad esempio, sapere esattamente dove portare lo sguardo in ogni situazione. Se stiamo percorrendo una curva, se stiamo in prossimità di un incrocio, o anche semplicemente se stiamo parcheggiando, è importante conoscere i punti in cui guardare. Grazie al Webinar tenuto da Domenico Schiattarella, ex pilota di Formula 1 (1994-1995) e attualmente attivo nel mondo delle corse (in passato ha corso anche in Fia GT, 24 Ore di Le Mans, Grand Am, ALMS), abbiamo avuto l’opportunità di capire principalmente le differenze tra un automobilista e un pilota di auto da corsa.

Un pilota in azione sulla Ferrari 458 Challenge Evo

Quando si è a bordo di un’auto, ogni singola azione può avere una ripercussione su noi stessi, sui passeggeri a bordo e sugli altri che ci circondano. Anche piccole cose, come assumere la corretta posizione in auto, e dunque regolare la corretta inclinazione dello schienale del sedile, impugnare il volante in un certo modo, può aiutare ad avere riflessi migliori nel caso di imprevisti. Possiamo evitare di investire, ad esempio, una persona sbucata da dietro un’auto che sta attraversando la strada e scene simili.

Non a caso, infatti, esistono dei corsi di guida sicura, tra cui uno tenuto proprio da Domenico Schiattarella, improntati a spiegare come apprendere la sicurezza di guida di un pilota professionista. Di solito, si tratta di corsi di guida che si suddividono in una parte di “aula”, in cui si apprende la teoria e un’altra costituita da veri e propri corsi di guida in pista al fianco di un istruttore. In casi estremi, alcune organizzazioni offrono anche corsi di guida su neve, per imparare a gestire sempre al meglio la propria vettura, anche nelle situazioni più difficili, per l’appunto la neve e il ghiaccio.

L’obiettivo di questi corsi, è quello di insegnare a passare dal guidare la propria vettura a pilotarla per aumentare la soglia di sicurezza quando si è dietro ad un volante che consente di capire come evitare e prevenire gli incidenti che capitano per strada che in molti casi generano conseguenze drammatiche.

I 3 pilastri della guida: il primo è lo sguardo

Ci sono almeno 3 pilatri su cui si basano le fondamenta di una guida “perfetta”. Come già anticipato, il primo pilastro rappresenta la vista. Molti automobilisti causano incidenti perché non sanno dove guardare. Non è sufficiente guardare davanti a sé: bisogna sapere in quale punto esatto, in quale area, e quando guardare quel determinato punto.

Ci sono dei “punti immaginari”, che indicano l’ampiezza di una curva, o l’insorgere di un problema. Può succedere, anzi capita spesso, che nonostante un’ottima vista, non si riesca a tenere la traiettoria di una curva, finendo fuori strada o invadendo la corsia opposta. Qui entrano in gioco i movimenti saccadici oculari. Si tratta di movimenti coniugati dei bulbi oculari molto rapidi che hanno la funzione di spostare i vari punti importanti dell’ambiente esterno che stiamo osservando all’interno della zona di massima sensibilità.

Il “ritardo” nella risposta del movimento oculare saccadico può essere motivo di incidente. In alcuni corsi tenuti da Ferrari, gli istruttori hanno installato delle videocamere per vedere nel dettaglio il movimento oculare di coloro che si apprestano a fare i corsi di guida sicura.

L’occhio tende a seguire l’angolo di sterzo. In prossimità di una curva, con angolo di sterzo pari a zero, perché siamo ancora in fase rettilinea, si tende a mantenere lo sguardo dritto. Non è naturale, quindi, guardare la traiettoria della curva quando siamo ancora negli ultimi metri di rettilineo. I piloti si allenano sin da piccoli ad avere questa caratteristica: puntare gli occhi sulla curva anche con sterzo ancora dritto. Frenare perfettamente prima di una curva senza sapere quando e dove guardare è impossibile.

Per questo motivo, è stato sviluppato un sofisticato sistema di Eye-Tracking che consente di analizzare i movimenti degli occhi durante una serie di esercitazioni. Con questa tecnologia è possibile migliorare i movimenti saccadici sia in termini di velocità che di precisione. È chiaro dunque che sapere esattamente guardare nel modo corretto, consente di frenare per tempo e con la giusta pressione sul pedale prima di una curva, affrontare qualsiasi curva alla giusta velocità, saper uscire dalla suddetta curva aprendo lo sterzo in maniera graduale e quindi senza guidare a scatti e soprattutto sapendo quando dare gas, senza avere problemi di sottosterzo o sovrasterzo.

A sua volta, questo comporta la possibilità di ridurre i tempi di reazione per le frenate di emergenza. Di solito, i tempi di reazione di un automobilista medio possono variare dai 7 decimi di secondo ad 1,5 secondi.

Il secondo pilastro: la frenata

Il secondo pilastro è la frenata. Comunemente si pensa che chiunque può frenare: alla fine basta premere un pedale. Tuttavia non è così semplice nelle fasi critiche. Molte persone non sanno utilizzare la potenza completa frenante.

Spesso, il primo istinto è quello di rilasciare il pedale del freno appena si sente l’ABS che lavora e che dunque fa vibrare il pedale. Si tratta di una reazione “normale”, dovuto al fatto che l’automobilista sente qualcosa di strano, in questo caso un pedale che vibra. È chiaro che lo spazio di frenata aumenta notevolmente, causando potenziali rischi. Questi metri di solito sono quelli che consentono di evitare l’impatto.

Corsi di guida sicura

Chiaramente, esistono tecniche specifiche anche per i vari tipi di frenata. Ad esempio frenare in discesa è diverso da frenare su una strada pianeggiante, ed è ancora diverso dal frenare in salita. A questo punto ti pongo due domande, che ci ha posto anche Domenico Schiattarella durante il suo webinar. In curva, secondo te, bisogna frenare con decisione se si presenta un ostacolo? Molti hanno risposto di no, in quanto c’è la convinzione che in curva non bisogna mai azzardarsi a frenare. Ma invece, sfatiamo un mito: in curva, nel caso di un pericolo imminente, puoi e DEVI frenare. È l’unico modo per rimanere in strada.

La paura più comune è quella di ritrovarsi in testacoda dopo aver frenato in curva. In questo caso, la giusta tecnica unita ai controlli elettronici delle moderne vetture, rende sicura anche una frenata di emergenza in curva. È chiaro che molti anni fa era diverso. Oggi, troviamo sistemi molto sofisticati che consentono di rallentare in curva in sicurezza. È altrettanto chiaro che non devi esagerare con l’angolo di sterzo sterzo, altrimenti è logico perdere il controllo. Tutto va regolato a dovere.

La capacità di frenare e sterzare per evitare un ostacolo, secondo alcuni test in pista, è una capacità sottovalutata. Sono stati testati 100 automobilisti che sono stati invitati ad autovalutare le proprie capacità di frenata con un voto da 1 a 10 Infatti. La media dei voti è stata di 8,2, quindi in teoria molti sanno evitare un ostacolo. Tuttavia, solo 4 persone du 100 hanno perfettamente evitato l’ostacolo in pista sfruttando tutta la potenza frenante. L’eccessiva sicurezza nelle proprie abilità, può causare incidenti molto gravi.

Il terzo pilastro: lo sterzo

Il terzo pilastro è lo sterzo. Come tenere le mani sul volante e utilizzare lo sterzo. Quando conseguiamo la patente ci insegnano a come portare l’auto da un punto A ad un punto B: è una cosa che la totalità dei guidatori sa fare. Allo sterzo, alla posizione delle mani sul volante, è connessa anche la posizione del sedile che è fondamentale per una serie di motivi tecnici. Iniziamo a distinguere il volante dallo sterzo. Con il termine volante non intendiamo solo quello che manteniamo con le mani, ma l’intero componente della vettura. Con il volante possiamo dirigere l’auto perfettamente dove vogliamo. Per questo motivo, le mani hanno un ruolo fondamentale. Eppure quante volte ogni giorno vediamo persone sedute in vettura in modo scorretto, tenendo le mani sul volante in posizioni non corrette?

La giusta posizione di giuda stimola il cervello ad aumentare la soglia di attenzione. Se ad esempio sei seduto troppo lontano dal volante, nel momento in cui devi effettuare la curva, ti devi aggrapare al volante e non hai nessun appoggio tra spalla e sedile. In una curva semiveloce, la forza laterale ti farà scivolare il corpo sul sedile. Di conseguenza ti devi aggrappare allo sterzo e sei in balia della forza centrifuga. Anche la prontezza nell’azionare i pedali ne risente: in un lungo viaggio, è facile che ti vengono i crampi alle gambe e in caso di emergenza non agirai in tempo.

L’importanza del corretto posizionamento delle mani sul volante

Queste attitudini influiscono sul controllo della vettura. Le mani fungono da sensori per il cervello che attraverso lo sterzo, recepiscono informazioni tramite il palmo della mano. Le informazioni riguardano ad esempio la tenuta di strada stessa. Una cattiva posizione, dunque, può provocare ad esempio l’invasione della carreggiata opposta, un irrigidimento del guidatore che quindi non scarta l’ostacolo, il testacoda, l’effetto pendolo e tante altre conseguenze.

Corsi di guida sicura: effetto pendolo, sottosterzo e altre perdite di aderenza

Ecco, l’effetto pendolo: con i corsi di guida sicura puoi sapere come evitare questo fenomeno. L’effetto pendolo è quel fenomeno che si genera attraverso un uso improprio del volante. Ovvero, quando in un cambio di direzione perentorio, destra-sinistra o viceversa, si inducono angoli di sterzo troppo accentuati. Questo determina un doppio trasferimento di carico da un asse della vettura all’altro. Nel secondo trasferimento, la vettura va in testacoda. Gli angoli di sterzo sono sbagliati molte volte proprio per un cattivo posizionamento delle mani sul volante. L’unico modo per controllarlo è evitarlo.

Altre insidie possono essere il fenomeno del sottosterzo e del sovrasterzo. Ma sai come controllare il sottosterzo? Definiamo un attimo quest’ultimo: è quel fenomeno che tende a far allargare la traiettoria impostata dalla vettura con il muso. Di solito si può generare in ingresso in curva, ma anche in uscita (soprattutto nelle vetture con trazione anteriore). Prendiamo il caso del sottosterzo in uscita di curva: sai come correggerlo? La prima reazione è quella di dare più angolo sterzo, ma ciò non fa altro che aumentare il sottosterzo. Invece, la prima cosa da fare è dare meno angolo sterzo, raddrizzandolo un po’ per far riprendere aderenza alle ruote.

È chiaro che le reazioni istintive dell’uomo sono completamente opposte da quelle del controllo perfetto di una vettura. La tecnica di guida dunque è molto più importante dell’istinto.