Veicoli su rotaie

L’Italia entra in Hyperloop: parte lo studio di fattibilità in Veneto

A circa due anni e mezzo di distanza dalla presentazione ufficiale della società Hyperloop Italia in quel di Roma (futuristica non solo per la mission del progetto ma già a partire dal sito web) si torna a parlare prepotentemente della possibilità di avviare l’era dei treni supersonici nel Bel Paese, con lo sviluppo di ulteriori progetti di fattibilità aventi lo scopo di creare collegamenti strategici fra le varie città percorribili in pochi minuti.

Se ad inizio del 2020 la possibilità di poter viaggiare ad oltre 1200 km/h fra una città e l’altra d’Italia sembrava più un esercizio propagandistico che un obiettivo realisticamente realizzabile a breve termine, a Maggio 2022 tutto ciò appare come una possibilità molto più concreta e “vicina”; certo, le virgolette sulla vicinanza temporale alla realizzazione del progetto sono d’obbligo, chiaramente, in quanto si tratta di una tecnologia sostanzialmente nuova e che per questo richiede investimenti, ricerca e sviluppo, ma le premesse sembrano assolutamente buone in tal senso.

Prima di avventurarsi nella descrizione degli ultimi aggiornamenti del mondo Hyperloop, però, è bene farne un bel recap cronostorico in modo da avere il quadro della situazione chiaro e completo (per i più curiosi, qui si possono trovare tutti gli articoli della piattaforma relativi al progetto Hyperloop e Hyperloop Italia).

La genesi ed i primi passi del progetto Hyperloop

Credit: Hyperloop.

Il mondo Hyperloop nella sua accezione moderna vede la luce esattamente 10 anni fa, ossia nel 2012, quando il tanto famoso quanto geniale miliardario, imprenditore ed inventore Elon Musk (per gli amanti dell’universo dei fumetti e film Marvel questa descrizione potrebbe richiamare alla memoria non casualmente la descrizione di Tony Stark/ Iron Man), non sazio di idee ed innovazioni quali tra le altre la fondazione dell’azienda aerospaziale SpaceX e di quella automobilistica Tesla, ebbe lo spunto di proporre dei viaggi in treno che fossero in grado di abbattere sostanzialmente le canoniche tempistiche cui siamo finora abituati.

Minuti, e non più non ore, per collegare fra loro punti fisicamente distanti centinaia o addirittura migliaia di chilometri: questa, ridotta all’osso, è la filosofia del concetto Hyperloop. Concetto, per l’appunto. Perché l’Hyperloop è un qualcosa che va molto al di là dell’elemento treno supersonico, è una visione rivoluzionaria di trasporto terrestre che, se (come sembra) andasse in porto, risulterebbe una vera e propria nuova milestone all’accezione di mobilità.

Hyperloop nasce, come detto, da un’intuizione (nonché provocazione nei confronti degli attuali standard trasportistici ad alta velocità) di Musk, il quale però, da vero cultore del progresso scientifico, ha lanciato l’idea ponendola volontariamente come progetto open source: ciò significa che, a partire dal concetto di base, chiunque abbia le opportune competenze tecnico-scientifiche ed un adeguato portafoglio può sviluppare ulteriormente il progetto in totale autonomia.

Ecco perché è bene specificare (essendoci un po’ di confusione al riguardo fra i non addetti ai lavori) che con Hyperloop non si identifichi univocamente una società sviluppatrice del progetto, visto che ad oggi nel mondo se ne ritrova una certa molteplicità ed eterogeneità; fra le più importanti si possono annoverare:

  • SpaceX, la già citata azienda aerospaziale fondata e gestita da Musk, la quale dal 2015 al 2019 ha annualmente stimolato lo sviluppo della tecnologia del trasporto di terra supersonico con la gara Hyperloop Pod Competition, nella quale team di studenti e/o professionisti si sfidano con l’obiettivo di raggiungere la massima velocità possibile con un modellino in scala di capsula di viaggio (pod, appunto, l’equivalente del canonico vagone di un treno);
  • The Boring Company, anch’essa società facente parte del ventaglio di proprietà di Musk dal 2016 (anno di fondazione), che ha il suo core business nell’esecuzione di tunnel ed infrastrutture sotterranee da adibire al transito dei treni supersonici;
  • Hyperloop Transportation Technologies (abbreviato in HTT), società californiana di trasporti nata a fine 2013 avente base all’interno dell’ex base aerea di Tolosa-Francazal che dal 2021, in collaborazione con la società di ingegneria Capgemini Engineering, ha assoldato oltre 100 profili tecnici (principalmente ingegneri meccanici e specializzati in fisica, architettura dei sistemi e sviluppo di software) per cercare di dare una accelerata al processo di industrializzazione del treno supersonico;
  • Virgin Hyperloop One, società anch’essa americana nata nel 2014 e che fino al 2021 sembrava in pole position per lo sviluppo del treno ideato da Musk per il trasporto passeggeri, che ha recentemente visto un forte ridimensionamento di organico (si parla di oltre un centinaio di licenziamenti avvenuto ad inizio del 2022) ed un reindirizzamento verso il trasporto supersonico delle sole merci a causa di varie problematiche quali l’attuale situazione pandemica e la conseguente crisi dei microchip che hanno reso i costi di sviluppo di fatto insostenibili;
  • TransPod, startup franco-canadese che progetta veicoli e tecnologia di trasporto ad altissima velocità che nel 2019 col progetto TransPod – Wired ha avviato i progetti di fattibilità per i primi tes di treno supersonico in Italia;
  • Hyperloop Italia, la startup del nostro paese fondata a Gennaio 2020 dal suo attuale CEO, l’eclettico Bibop Gresta (nome d’arte dell’ex DJ Gabriele Gresta, già co-fondatore di della sopra citata HTT), che ha l’ambizioso obiettivo di rendere concreto l’approdo dei treni supersonici nel Bel Paese.

Come funziona Hyperloop dal punto di vista tecnico

Dopo aver sviscerato quello che c’è dietro la filosofia di Hyperloop, è arrivato il momento di capirne a grandi linee i tecnicismi che la contraddistinguono. È doveroso dire che, pur attribuendo i giusti meriti a Musk, questo progetto non sia rivoluzionario in assoluto in quanto risulta una evoluzione tecnologica di concetti che fondano le loro radici in studi del XIX secolo.

Hyperloop, in sostanza, è un mezzo di trasporto costituito da singole capsule di alluminio trasportanti merci o persone (all’incirca una trentina per pod) che vengono poste in viaggio ad altissima velocità (fino a 1223 km/h!) all’interno di tubidotti a bassissima pressione.

Il moto delle capsule è garantito sfruttando il concetto della levitazione magnetica, secondo cui fra capsula e rotaie sono posti dei magneti che, per effetto dei motori elettrici lineari a corrente alternata presenti nel sistema, invertono istante dopo istante le proprie polarità consentendo il contemporaneo “galleggiamento” del treno nel tubo e lo scorrimento della capsula all’interno dello stesso; questa tecnologia di moto ha preso piede grazie al progresso raggiunto negli ultimi anni nel tema della levitazione magnetica, in quanto l’idea originaria che avrebbe permesso il movimento delle capsule si basava sulla presenza di cuscinetti d’aria all’interno dei tubi.

Come detto in precedenza, l’idea di sfruttare lo spostamento materiale all’interno di tubi a bassa pressione prende le mosse già tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800, con un interessante (ma forse prematuro per l’epoca) proposta dell’ingegnere meccanico inglese George Medhurst del 1799; nei suoi schizzi ed appunti dell’epoca lo scienziato esplicita la sua idea di realizzare un motore pneumatico mediante la variazione della pressione dell’aria per mezzo di pompe e compressori, da lui chiamato “motore Eolico”, e sfruttarne il moto all’interno di una ferrovia tubolare di ferro. Purtroppo, principalmente per l’inadeguato progresso tecnologico dell’epoca, questa geniale invenzione non vide mai la luce, fino alla molto più recente proposta di Musk.

L’idea del moderno Hyperloop parte dalla prima dell’800, con la realizzazione della ferrovia tubolare inglese ad opera dell’ingegnere meccanico George Medhurst.

Anche l’ipotesi di sfruttare l’alternanza polare di magneti posti fra capsule e rotaie è retaggio dei treni a levitazione magnetica, i cosiddetti Maglev (da magnetic levitation, ossia levitazione magnetica). Ci sono, però, delle differenze sostanziali fra il progetto Hyperloop ed un treno tipo Maglev; questi ultimi infatti sono dei veri e propri convogli ferroviari costituiti da un insieme di vagoni, pertanto più pesanti ed inevitabilmente più soggetti alle resistenze dell’aria durante il moto, tenendo a tal proposito conto della peculiarità di Hyperloop di far scorrere in un tubo che si trova quasi sottovuoto capsule molto più corte e leggere.

La presenza del tubo esterno entro cui far scorrere le capsule, oltre a garantire una maggiore velocità di percorrenza (l’Hyperloop risulta veloce all’incirca il doppio di un treno Maglev) permette anche la protezione delle stesse da agenti atmosferici ed effetti termici sulla rotaia, con l’ulteriore possibilità di poter implementare sull’infrastruttura fonti energetiche rinnovabili quali i pannelli solari, rendendo il sistema quanto più sostenibile possibile.

Vi sono, comunque, alcuni punti ancora “dolenti” che riguardano il progetto Hyperlop, riconducibili principalmente all’assestamento della tecnologia, ai rischi sismici delle strutture tubolari e agli eventuali problemi di comfort connessi alla claustrofobia del sistema nel caso del trasporto viaggiatori (si utilizzerebbero infatti capsule di ridotte dimensioni e senza  sbocchi con l’esterno che a loro volta viaggiano dentro tubi isolati dall’esterno), nonché alla eventuale gestione delle eventuali emergenze.

Confronto tabellare fra treni ad altà velocità, treni Maglev e Hyperloop. Credits: R. Özbek, M. Y. Çodur, Erzurum Technical University.

Hyperloop Italia ma non solo: lo stato dell’arte di Hyperloop nel mondo

Le società che hanno fatto proprio e brevettato il personale modo di interpretare la tecnologia Hyperloop, fin dalla prima rotta ipotizzata da Musk nel 2012 (il collegamento californiano fra Los Angel e San Francisco, circa 560 km da coprire secondo il suo ideatore sudafricano in 35 minuti), hanno continuato a sviluppare in varie parti del mondo il progetto del treno supersonico con risultati tutto sommato incoraggianti e che fanno ben sperare per ulteriori step evolutivi nel prossimo futuro.

Oltre alla già citata competizione targata SpaceX per la ricerca di idonei prototipi di capsule, a partire dal 2019 la società Virgin Hyperloop One (una delle più attive nel testare la tecnologia su scala reale) ha sviluppato, in collaborazione con prestigiosi studi di design quali BIG-Bjarke Ingels Group e Kilo Design, il progetto della capsula Pegasus, con la quale nel 2020 è stato condotto il primo test di trasporto passeggeri al mondo con tecnologia Hyperloop nel circuito interno DevLoop sito nel deserto del Nevada. La capsula, di dimensioni ridotte rispetto a quelle standard ipotizzate per questo tipo di trasporto in quanto omologata per la presenza di una sola coppia di persone, ha brillantemente superato il test di percorrenza essendo in grado di raggiungere la strabiliante velocità di 1000 km/h.

Il prototipo della capsula Pegasus impegnata nei test a grandezza dal vero in Nevada per conto di Virgin Hyperloop One. Credits: Virginhyperloop

In Europa uno dei fiori all’occhiello dello sviluppo di Hyperloop è rappresentato dalla città di Tolosa, dove la società Hyperloop Transportation Technologies a partire dal 2019 ha intrapreso i test di trasporto passeggeri su un percorso appositamente ideato con una capsula realizzata in un particolare materiale composito che, per rimanere in tema fantascientifico, è stato denominato “vibranio” (come il metallo virtualmente indistruttibile di marvelliana memoria di cui è costituito lo scudo di Captain America); anche in questo caso, come per i dirimpettai in quel di Las Vegas, i risultati dei test al vero sono molto soddisfacenti e fanno ben sperare per il raggiungimento della maturità del progetto di qui a qualche anno. Oltre a queste, in giro per il mondo sono molte le ipotesi realizzative, fra le quali possono essere sinteticamente riportate le principali:

  • la tratta canadese fra Montreal e Toronto, ad opera della padrona di casa TransPod;
  • le tratte dell’Europa centro-orientale aventi come cardini le città di Budapest, Bratislava, San Pietroburgo e Mosca;
  • la tratta d’oltremanica che dovrebbe collegare Londra con Edimburgo;
  • la tratta mediorientale “dorata” fra Dubai ed Abu Dhabi.

Al vaglio ci sono anche altre ipotesi meno gettonate (e sicuramente meno prioritarie a livello temporale), quali ad esempio quelle che collegherebbero le principali città del Sudamerica e del continente africano.

Il quadro globale dei collegamenti Hyperloop a partire dal 2030. Credits: Zeleros.

Lo stato dell’arte di Hyperloop in Italia

In Italia la situazione, ad oggi, è nettamente in ritardo rispetto al resto del mondo “hyperloopizato”, ma in questi primi mesi del 2022 si stanno manifestando dei tiepidi e ben speranzosi segnali di ripresa ed accelerazione in tal senso.

Grazie all’estro di Bibop Gresta e alla sua ambiziosa startup Hyperloop Italia, bisogna dire che già negli scorsi anni il nostro paese è stato accostato al progetto Hyperloop Italia in una serie di progetti di fattibilità giudicati al limite del realistico quali il collegamento fra Roma e Milano in meno di mezz’ora e la connessione fra l’aeroporto di Milano Malpensa e la stazione ferroviaria cittadina di Cadorna in circa 10 minuti. Quest’ultima tratta, in particolare (di cui si è già recentemente parlato a proposito del restyling col progetto “Fili”, qui il link all’articolo), è stata oggetto di una campagna pubblicitaria molto d’impatto sui vari canali social della startup italiana, segno che all’epoca l’idea di sviluppare questo progetto non fosse solo una trovata pubblicitaria per attirare attenzioni mediatiche.

Dopo una pausa durata all’incirca un paio d’anni, e coincisa con l’inevitabile freno derivante dalla pandemia Covid, il nostro paese è prepotentemente tornato alla ribalta ad inizio di quest’anno grazie alla firma del protocollo d’intesa fra la regione Veneto, il MIMS (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti) e CAV (società concessionaria delle autostrade venete) durante l’evento Let Expo alla Fiera di Verona. Potremmo dunque vedere realizzato il progetto Hyperloop Italia.

Le principali caratteristiche del progetto veneto Hyper Transfer. Credits: Move.cavspa.it

Si tratta del progetto Hyper Transfer, ossia della possibilità di realizzare un collegamento supersonico di trasporto merci fra l’aeroporto internazionale Marco Polo di Venezia-Tessera, la zona di Mestre e la città di Padova che avverrebbe nel tempo record di 5 minuti. L’investimento messo sul piatto è ingente, in quanto si parla di circa mezzo miliardo di euro complessivi (di cui circa 4 milioni per progettazione e sperimentazione sul campo) per rispettare un’ambiziosa deadline di messa in esercizio nel 2026.

Un progetto estremamente ambizioso che ha dalla sua parte numerosi punti di forza riassumibili nella sostanziale riduzione del traffico su gomma e dei conseguenti consumi, nonché dei tempi di percorrenza, oltre che un aumento della sostenibiltà ambientale e del risparmio energetico.

I principali attori tecnici del progetto veneto Hyper Transfer. Credits: Move.cavspa.it.

Si tratta sicuramente di un progetto ad una scala più piccola rispetto alle macro-rotte descritte prima, ma senza dubbio assolutamente appetibile in tutti i vari settori di interesse. Basti pensare che fra le società interpellate dai vertici committenti per la realizzazione del sistema, vi siano le già citate Hyperloop TT e Virgin Hyperloop, nonché altre realtà emergenti (come l’iberica Zeleros, l’olandese Hardt Hyperloop, l’indiana DgwHyperloop e le nostre società Leonardo e Fincantieri). Mentre per quel che riguarda la componente architettonica del progetto, si sta già facendo il nome del famosissimo studio Zaha Hadid Architects, genitore di futuristiche realizzazioni quale la stazione di Napoli Afragola della linea AC/AV Roma-Napoli. Insomma, sembra proprio che l’Italia si stia preparando in grande stile per entrare nel Hyperloop del trasporto supersonico nel prossimo futuro, non ci resta che attendere speranzosi.

A cura di Shadi Abu Islaih